il Giornale, 25 gennaio 2019
Le fidanzate segrete dei papi
Massimo M. Veronese
La data è «Santa Marinella 1889», il sonetto, che in realtà era una lettera d’amore camuffata l’aveva intitolato un po’ come Leopardi per Silvia ma più generico «Ad una giovinetta. Pio XII allora si chiamava solo Eugenio Maria Giuseppe Pacelli, aveva 13 anni, ed era un ragazzino lungo e pallido, terzogenito dell’avvocato della Sacra Rota Filippo. Lei, Lucia, era di Onano, un paesino del Lazio, era amica della sorella Elisa, e gli pareva «verginella, grata, dolce, pietosa, docile, pura». Comprensibile dunque vista la prosa, che lei gli abbia detto no. Lucia è stata l’unico amore di Papa Pacelli, lo stordimento dell’adolescenza, il calore della vacanza al mare: le scriveva, nella passione mistica, «giovinetta ama Dio che t’ha creata/sopra ogni cosa e con ardente amore/t’hanno amata...» Messa così un po’ scoraggia.
Si sa che in tempi più crudeli ma meno severi di questo, i pontefici hanno avuto famiglia, prole e padri sacerdoti, senza arrivare a scomodare Alessandro VI, Papa Borgia, l’unico ad avere, oltre a una processione di figli più o meno illegittimi, anche moglie e amante. Ma fanno tenerezza i duri e puri del Novecento che al contrario di Giovanni XII, che trasformò il palazzo del Laterano in bordello, o di Pio II, il papa playboy, al massimo si sono votati, più nei pensieri che nelle opere, a San Valentino.
Benedetto XVI per esempio, quand’era un giovane capellone di bella presenza, trovò tra le tante fanciulle che volevano strapparlo alla castità, un amore che aveva, scrivono «reso difficile la scelta del celibato», causandogli notevole tormento interiore. Fortuna che non fece come un altro Benedetto, il IX, raccontato come «un diavolo venuto dall’Inferno travestito da prete» che vendette il titolo di Papa per sposarsi una fanciulla che lo ricompensò con un meritato due di picche.
Il sogno di Bergoglio ragazzino era sposarsi e comprare una piccola casetta bianca dove vivere con il suo grande amore che faceva parte, racconta lui stesso «del gruppo di amici con i quali andavamo a ballare. La ragazza si chiamava Amalia: «,Eravamo poco più che bambini e lui mi consegnò una letterina d’amore – raccontò – se non mi sposo con te, disse, mi faccio prete...». E cosi sia.
A Karol Wojtyla invece i biografi, attribuirono come fidanzata una bella ebrea dai capelli neri, di nome Ginka Beer, figlia dei vicini di casa di Wadowice e più anziana di due anni. Lei non negò. Così come Irka Dabrowska, figlia diciottenne di uno dei direttori della cava Zakrzówek di Solvay dove lavorava. Alta, snella e con i capelli rossi si fece chiudere da un amico dentro un armadio per sapere di nascosto cosa Karol pensasse di lei. «Ti piace Irka?» gli chiese infido l’amico. «Si, incantevole, però dovrebbe tagliarsi le gambe perchè è troppo alta e mettere su carne perchè è troppo magra». Lei, giustamente, lo mandò al diavolo.