ItaliaOggi, 24 gennaio 2019
Dormire poco rende meno produttivi, in Uk costa circa 50 mld di sterline
Si chiama social jetlag ed è un fenomeno collegato alla privazione del sonno. È soggettivo: dipende dal cronotipo e, in definitiva, dai geni. Ci sono i «gufi», che tendono a stare alzati fino a tardi e a dormire almeno fino alle 10 di mattina, e poi le «allodole», che solitamente si alzano presto e sono più attive nella prima parte della giornata. Quando si cambiano gli orari del sonno da un giorno all’altro rispetto alla personale predisposizione sonno-attività nasce il social jetlag, secondo quanto ha spiegato al Guardian, Till Roenneberg, docente di cronobiologia alla Ludwig-Maximilian university di Monaco.Funziona come il jetlag, la difficoltà che incontra il nostro organismo spostandosi da un fuso orario all’altro, ma le differenze nel social jetlag sono tra i nostri personali ritmi circadiani e ciò che ci impone la vita lavorativa quotidiana. Si stima che due terzi delle persone sperimentino almeno un’ora di social jetlag a settimana e un terzo arriva a due o più ore, cioè l’equivalente di un volo Londra-Tel Aviv, andata e ritorno, ogni sette giorni, secondo quanto ha riportato The Guardian.
La privazione cronica del riposo è collegata a molte delle stesse malattie del jetlag: diabete di tipo 2, malattie cardiache, obesità e depressione. Dormire poco, inoltre, rende meno efficienti sul lavoro: secondo uno studio della Rand Corporation il sonno inadeguato nel Regno Unito costa qualche cosa come 50 miliardi di sterline, pari all’1,9% del pil, perché è legato alla diminuzione della produttività, all’insorgere di malattie, ma più semplicemente si riflette sulla vita quotidiana influenzando la vigilanza, la coordinazione, il ragionamento logico e la stabilità emotiva. È molto più importante la regolarità del sonno che la quantità totale di ore dormite.
Il social jetlag finisce per scombussolare l’orologio circadiano. «Quasi tutti gli ormoni seguono i ritmi circadiani, l’intero sistema rischia di non funzionare come dovrebbe», ha detto Sierra Forbush, ricercatrice all’università dell’Arizona. Da un suo studio condotto su 984 adulti, è emerso come per ogni ora di social jetlag che una persona sperimenta ogni settimana, si ha un aumento dell’11% delle probabilità di riscontrare malattie cardiovascolari. Oltre a registrare un umore peggiore e maggiori livelli di sonnolenza e stanchezza.
Come conciliare tutto questo? Da una parte, hanno spiegato gli esperti, davanti a un debito di sonno è bene restituirlo e riposarsi. Poi si dovrebbe consentire una maggiore flessibilità nell’orari di lavoro, permettendo ai «gufi» di iniziare il lavoro più tardi e lasciar loro le 7-8 ore di riposo consigliate per ogni notte; mentre alle «allodole» di iniziare prima e tornare a casa nel pomeriggio. Una soluzione win-win per le aziende e per i dipendenti, ha osservato Roenneberg. Inoltre, a influenzare i ritmi circadiani c’è la luce artificiale: da quella degli ambienti a quella del computer. Tablet e smartphone utilizzati la sera prima di coricarsi spingono il cervello a un’attività simile a quella diurna, ritardando il tempo di sonno e inducendo il social jetlag.