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 2019  gennaio 24 Giovedì calendario

I sogni verticali di Stefano Ghisolfi

9 b+. Il paradiso (o poco, pochissimo, meno…) dell’arrampicata sportiva è tutto lì, in quella formuletta criptica, che suona quasi come un criptico messaggio in codice, ma che per il mondo della verticalità rappresenta appena un passo in meno dalla perfezione assoluta. 9b+ indica infatti i livello di difficoltà di Perfecto Mundo, una parete su una falesia a picco sulla foresta a Margalef, in Catalogna, di recente domata proprio da un italiano, il 25enne torinese Stefano Ghisolfi. L’atleta delle Fiamme Oro è appena il quarto uomo nella storia a domarla, dopo Adam Ondra, Chris Sharma e Alexander Megos, mentre ancora ineguagliato è il primato dello stesso Ondra, che ha piegato al volere delle sue dita e dei suoi polpacci Silence, parete di livello 9c a Flatanger, in Norvegia.
«Cosa ho provato una volta arrivato in cima? Più che gioia, un gran senso di liberazione! – ci confessa Ghisolfi, confermando la sua partecipazione all’ormai imminente Milano Climbing Expo – Era più di un anno che provavo Perfecto Mundo, avrò tentato almeno una quarantina di volte: niente da fare. Considerate che su quella via ci sono prese dove al massimo riesci ad appoggiare tre dita, in punti molto distanti fra loro e a strapiombo totale, mentre arrampichi inclinato di 45 gradi. Poi, di notte, mentre dormivo, mi è venuta un’idea su come superare il punto più impegnativo, e allora il mattino dopo sono riuscito a risolvere il rebus Perfecto Mundo!». Esempio calzante di cosa sia l’arrampicata: un mix avvincente di preparazione fisica, passione, sangue freddo, tattica e strategia. «Da bambino praticavo il ciclismo – continua Ghisolfi ma un giorno, dopo una gara, mi invitarono ad arrampicarmi. Ecco, da allora si può dire che non sono mai sceso dalla parete, perché mi sono subito divertito moltissimo. Oggi mi alleno due volte al giorno, anche nel garage di casa, che è diventato una piccola palestra per boulder. Non seguo una dieta particolare, ma noi arrampicatori facciamo allenamenti specifici, soprattutto per le dita e la parte superiore del corpo. Basti pensare che il punto cruciale su Perfecto Mundo riesci a farlo solo se incastri bene appena due dita nella roccia, e poi salti al punto successivo…».
Niente paura però. Emozioni e adrenalina, certo, ma nessun pericolo, perché ci si arrampica sempre in sicurezza: uno sale, e un altro compagno tiene la corda. E Stefano, per piegare al volere delle sue dita la via catalana, ha potuto contare su un’ “assistente” d’eccezione: la fidanzata Sara Grippo, 34 anni, originaria di Paesana, in Val Po, provincia di Cuneo. «Non sono certo una campionessa come lui, ma anche per me l’arrampicata è una passione infinita – confessa -. E dire che ho iniziato tardi, a 18 anni: nuotavo, correvo, ma un mio amico era chiodatore su roccia, e mi ha spinto a provare: è stato amore a prima vista, come con Stefano!». Sara è giustamente orgogliosa dell’impresa compiuta su Perfecto Mundo: «Ero lì con lui, a “fargli sicurezza”, come si dice in gergo, e ho visto quanta fatica e sacrificio gli è costato raggiungere l’obiettivo. Aveva le dita che sanguinavano, tanto che in alcuni giorni ha dovuto rinunciare a tentare. È un successo che sento anche un po’ mio, perché dialoghiamo molto tra di noi, proprio perché l’arrampicata è uno sport basato sulla condivisione, sul confronto reciproco. In fondo il tuo unico rivale è la parete, e i quindi i suggerimenti sono tutti preziosi, anche quelli che ti arrivano da chi, in gara, è un tuo potenziale rivale».
Che la passione fosse comune, e la coppia ben affiatata, del resto, Sara e Stefano se ne erano in realtà già resi conto, scalando insieme una via ancor più impervia di quella catalana. «L’amore per l’arrampicata ci ha unito anche quando abbiamo affrontato fianco a fianco la mia malattia – ricorda Sara, che nei mesi scorsi ha subìto il trapianto di un rene, dopo dieci anni di battaglia contro la glomerulonefrite autoimmune -. Dovevo fare la dialisi, 3 volte a settimana per quattro ore. Ma il richiamo della parete era troppo forte,anzi per me era parte della cura, di sicuro la medicina migliore. E allora con Stefano abbiamo fatto un corso per imparare a usare da soli la macchina per la dialisi. Di fatto, lui si è trasformato nel mio infermiere! E allora, la macchina, che ovviamente ho voluto chiamare, con un po’ di ironia, I-Rene, l’abbiamo caricata sul furgone e…via in Catalogna, alternando cure e arrampicate!».
Una parete, due persone, cinque cerchi. In questa storia fatta di cuore, lacrime, fatica ed emozioni, tutte racchiuse in quella formula magica, 9b+, non poteva certo mancare il richiamo del sacro fuoco di Olimpia. «In molti mi chiedono di provare ora a eguagliare il campione ceco Adam Ondra e di provare a vincere la sfida con Silence e il grado 9c – spiega Ghisolfi – ma il 2019 è un anno speciale: ci saranno infatti le qualificazioni olimpiche, perché per la prima volta l’arrampicata sportiva è stata ammessa al programma ufficiale dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020. È un’occasione fantastica, e allora voglio concentrarmi per ottenere il pass per le Olimpiadi». «Sono d’accordo con Stefano – gli fa eco Sara -: per uno sportivo l’Olimpiade è il sogno più bello che possa esserci, e allora è giusto provare a dare il meglio per arrivare a Tokyo. Io dove sarò? Che domande? Al suo fianco, a fargli sicurezza, come sempre». Il futuro è vostro, ragazzi. Andate a prendervelo con le vostre dita.