Libero, 24 gennaio 2019
La dura vita dei sacrestani
Troppo lavoro e il sacrestano preferisce fare l’operaio. A Lecco la dura vita ecclesiastica ha spinto il parroco don Davide Milani ad accettare le dimissioni del suo braccio destro. E così sono iniziati i “casting” per trovare il sostituto che avrà l’arduo compito di occuparsi della basilica di San Nicolò. Ma niente paura, questa volta gli incaricati saranno due: «L’obiettivo sarà assumere un paio di part time, una persona in grado di ricoprire un ruolo tradizionale e un’altra più versatile, che conosca le lingue – spiega il don al Corriere -. Nelle ultime domeniche ho visto entrare più di trecento turisti. Ma non dimentichiamo i volontari, il cui contributo è prezioso. Senza di loro non so come avremmo fatto in queste settimane». Sì, perché i sacrestani non conoscono Natale, né Pasqua. I loro compiti iniziano al sorgere del sole anche di domenica, quando le funzioni religiose diventano cinque, la prima alle 8.30 e l’ultima alle 19. Anche nei giorni feriali la mole di lavoro non è da meno nonostante le messe siano solo due. luoghi curati «Nell’arco di tempo che intercorre tra le numerose celebrazioni dobbiamo anche pensare a tenere pulita e curata la basilica, preparare matrimoni, battesimi, incontri serali e tanto altro. Non abbiamo tempo per le nostre famiglie» racconta il sacrista. Insomma, una vera faticaccia. E proprio per sopperire a questi pesanti incarichi, la basilica di Lecco ha costituito una commissione di rappresentanti del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici, con lo scopo di reperire una figura adeguata. A tutelare (se così vogliamo dire) questa professione ci pensa il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro che garantisce uno stipendio ai sacristi, il cui ammontare cambia a seconda del livello del sacrestano. Il contratto, infatti, suddivide la professione in due livelli. Al primo appartengono «i lavoratori dipendenti qualificati che possiedono conoscenze avanzate ed elevate capacità tecniche e professionali, conseguite a seguito di specifica esperienza e idonea formazione». Questa categoria viene remunerata con 1.260 euro al mese. Per chi, invece, appartiene al secondo livello la paga è più bassa e raggiunge i 950 euro mensili. A questo gruppo appartengono i neoassunti e i dipendenti che possiedono «semplici conoscenze pratiche».
BUSTA MAGRA
Peccato però che entrambe le retribuzioni – si legge nel contratto – sono lorde e quindi, detratte le tasse, questi lavoratori arrivano a portare a casa meno di 1.000 euro al mese. Non solo, perché per legge ai sacristi viene riconosciuta un’indennità una tantum (anche qui lorda) di 1.300 euro, che però il datore di lavoro può non corrispondere in caso di particolari esoneri. Il CCNL (Il contratto collettivo nazionale del lavoro) regola anche l’orario lavorativo e sottolinea che il lavoro giornaliero deve essere concordato con il datore, mentre quello ordinario «è di 44 ore settimanali, distribuite in sei giornate». Questo vale anche per gli extra per cui si legge: «L’orario settimanale non può normalmente superare le 48 ore comprese le ore di lavoro straordinario, per ogni periodo di sette giorni calcolati su un periodo non superiore a dieci mesi». Eppure qualcosa non torna, se la prima messa inizia alle 8.30 e l’ultima alle 19, le otto ore lavorative vengono ampiamente superate. Ma non finisce qui, perché il sacrista per legge ha diritto a 1,5 giorni di riposo settimanale, anche non consecutivi e generalmente non coincidenti con la domenica, con la festività del Santo Patrono e le altre festività. In totale, dunque al sacrista spetta, dopo un anno di ininterrotto lavoro, un periodo di ferie pari a 26 giorni lavorativi, più 4 giorni in corrispettivo delle festività soppresse.
REGOLE DISATTESE
Questo però non sempre viene rispettato: «Come in ogni realtà lavorativa non tutti rispettano le regole – afferma Enzo Busani, presidente della Fiudacs (Federazione Italiana Unioni Diocesane Addetti al Culto/Sacristi) -. A Roma per esempio i sacristi regolari sono pochi. La maggior parte risultano ancora oggi volontari. Nella nostra associazione contiamo all’incirca 850 iscritti, anche se dagli ultimi dati, sono in 2.000 a seguire il Contratto Nazionale». A nulla sembra dunque essere servita la richiesta inoltrata da Fiudacs alla Faci (Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia). Il censimento dei sagrestani non s’ha da fare e degnare loro di un lavoro in regola neppure.