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 2019  gennaio 24 Giovedì calendario

Kim Rossi Stuart: «Scrivo perché sono un ignorante»

È nato uno scrittore. «Il Freddo» di Romanzo criminale una stella lo è già, del nostro cinema. E oggi Kim Rossi Stuart, attore e regista romano di grande presenza, manda in libreria Le guarigioni (La nave di Teseo, 206 pagg.,16 euro), cinque racconti scritti con mano sicura, tra autobiografia e incursioni nell’universo distopico e religioso. E poiché chiunque stia sulla scena, scrive spesso con risultati mediocri, fa piacere scoprire che, oltre il cono di luce, un talento emerge.
«Il mio scrivere è più vicino al ricostruire che allo sfogarsi – dice Kim con voce ipnotica, seduto a un tavolo del Maxxi. Concentrato e sereno, non è più il taciturno riccio dei suoi anni verdi, chiuso dietro agli occhi blu ghiaccio. A 50 anni è sbocciato, come uomo e come autore: sposerà la collega Ilaria Spada, madre del loro Ettore («Ho sempre avuto una visione romantica dello sposarsi: ci può essere un che di prezioso», rivela) e ha scritto qualcosa che non ubbidisce alle leggi del copione cinematografico. Anche se Le guarigioni diventeranno un film.
Da dove viene la sua vocazione alla scrittura?
«Ai tempi di Tommaso, il mio ultimo film, pubblicai il soggetto in forma letteraria. Stavolta l’editor Emanuela Cavallari mi ha incitato a sedermi alla scrivania e a scrivere liberamente. Dietro questi racconti ci sono tematiche che mi riguardano. E, soprattutto, c’è il desiderio di tradurre in racconto quanto è archetipico».
Può spiegare meglio?
«Nell’ultimo racconto, Alla fine del Male, narro le difficoltà dell’uomo a inquadrare il Male. La domanda è se sia giusto voler sradicare il Male, che alberga in noi, mentre si tratta soltanto di accoglierlo. Ne L’altra metà affronto il tema della paura che hanno gli uomini d’un femminile fagocitante».
Nei suoi racconti affiora una vena religiosa e certe figure di preti risultano importanti. C’è un pizzico di autobiografia?
«In tutti i racconti si può riflettere sulla tematica spirituale, che, per la prima volta nella mia vita, sto affrontando di petto. Ho voglia di approfondirla. Anche nell’ateo più incallito c’è il confronto con l’esistenza di Dio».
E le figure paterne ingombranti, ricordano suo padre Giacomo, pure lui attore?
«Già nel mio primo film, Anche libero va bene, la figura paterna era centrale. Qui, di nuovo prendo di petto l’argomento, entrando nelle pieghe d’una relazione padre-figlio abbastanza estrema Mio padre preferiva gli animali agli esseri umani. Ma sono allergico alla parola autobiografia».
Scrive a mano o al computer?
«Prima prendo appunti e poi scrivo al computer».
Ha i suoi autori di riferimento?
«Ho una fortuna: sono ignorante. Mi è dispiaciuto non poter studiare in maniera sistematica: la mia è una cultura mordi e fuggi. Perciò la mia scrittura è sincera. Non ho riferimenti. Ma scrivendo L’altra metà, mi ha ispirato Pirandello: era accanto a me. Per il racconto distopico ho pensato a La versione di Barney di Mordecai Richler, scoprendovi un lato ludico».
Progetti?
«Quest’estate girerò con Gabriele Muccino I migliori anni della nostra vita e poi mi calerò nei panni di Caravaggio, diretto da Michele Placido».