Corriere della Sera, 24 gennaio 2019
Il nuovo colore di Valentino
C’è Tatina in giallo che ha 24 anni e arriva dal Sud Sudan con il suo viso da bambina, le gambe lunghe lunghe e occhi profondi e dolci. E c’è Naomi in nero, che ne ha 48, che si muove come una pantera guardinga in questa giungla che lei conosce bene, lo sguardo sempre alto. E una nuova alba si alza sulla haute couture con i suoi colori, le sue emozione, i suoi contorni. A riscriverla per Valentino è Pierpaolo Piccioli, uomo prima che stilista, che fa «moda e non vestiti», che veicola «messaggi e non possesso». «Un po’ come nell’arte. Dove c’è chi può permettersi di collezionarla ma chi, come me, preferisce osservarla, contemplarla, ammirarla e raccoglierne il messaggio». Quello dello stilista oggi è suggestivo, profondo, incisivo irrompe sulla passerella come un vento forte regalando un finale mai visto con modelle di colore nei piu regali e suntuosi e accesi abiti da sera che si siano mai visti: «Mi sono chiesto come sarebbe stato se agli inizi della haute couture, in America, nel Dopoguerra, le protagoniste fossero state le donne di colore e non le signore bianche wasp, i cigni della Quinta strada, come le chiamavano», comincia e popola il suo mood boa rd (la preziosissima tavola delle ispirazione) di immagine diverse: le copertine di Ebon y (la rivista di moda per afroamericane fondata nel 1945 da mister Johnson) e di Madonne nere e di quadri e di copertine (successive) con protagoniste dalla pelle scura.
«Tutto secondo me sarebbe stato diverso a cominciare dai colori e dalle forme e dall’attitudine». Un messaggio estetico, oltreché politico. Senza mai scivolare nell’esotismo, sarebbe stato banale. Ma arrivando a riscrivere il vocabolario della bellezza femminile alla voce universale attraverso il linguaggio in ago&filo delle sarte e dei sarti dell’atelier romano. Il fruscio delle sete percorre la sala: volant e balze e frange senza peso sembrano prendere il volo ad ogni passo. Cappe e tuniche, tute ricamate e gonne voluminose. Fiori che sbocciano ovunque. Intarsi apparentemente impossibile, anche nei pizzi delle calze. Nessun tessuto è stucchevolmente lucido, nessun ricamo è facilmente nostalgico e nessun colore ingannevolmente perfetto ma ogni tonalità esalta le personalità e le unicità di queste regine, fiere e autentiche, alla fine senza distinzione di pelle alcuna. Che siano vestite di tulle a fiori o di taffetà fluo. Naomi piange: mai si sarebbe immaginata regina del suo popolo alla corte di Francia.
Sperimentazione è il nuovo mantra di Claire Waight Keller da Givenchy che nella couture riesce a far ben dialogare con un heritage che è un immaginario potente: l’eleganza immortale di Holly/Hepburn in Colazione da Tiffany che la stilista salva e ripropone quando si affida a quella silhouette lunga ed esile degli abiti da sera, degli smoking, delle cappe e delle camicie bianche. Ma poi la traduce nella contemporaneità con guizzi sofisticati e sensuali affidandosi a un materiale fetish come il lattice (ma couture, dunque su misura) con il quale fa ora le calze, ora un dolcevita, ora una manica. O inventandosi un accessorio ribelle come i grandi zaini di taffetà che si chiudono a fiocco e che diventano ali da angelo. Molto chic. Interessante, molto, anche il ragionamento di John Galliano sull’odierna decadenza generata dall’artificio digitale che altera e modifica la realtà generando caos e confusione, malessere e inquietudine, stordimento e ritrosia. Come dargli torto? La sua passerella di specchi che riflette all’infinito disegni surreali, a cominciare da un cagnolino blu, è la metafora dell’irrealtà di chi vive connesso. Gli abiti conseguenza logica: distrutti e ricostruiti, scorticati e ricuciti, strappati e riassemblati vestono le nuove identità no-genere (modelli e modelle pari sono) e spesso avvolgono impedendo alle braccia e alle mani di muoversi. L’invito è sottinteso. Scollegatevi. Usano otto chilometri di tulle che tagliano al laser e poi ricuciono in abiti esagerati e teatrali per scrivere la loro couture Viktor & Rolf, non senza lettering.
Jean-Paul Gaultier va oltre il tema e la sua regina del mare, agghindata di onde e flutti, ogni tanto si trasforma in una guerriera Japan con le spalle a pagoda, sensuale geisha avvolta in vestaglie colorate o in una manga marziana. Insomma abiti in libertà. Ma divertente.