la Repubblica, 23 gennaio 2019
L’ardua impresa di portare l’acqua nel deserto
Come gestire le risorse idriche di un paese la cui superficie è coperta per il 95% dal deserto e dove non piove quasi mai? Il progetto idrico della New Valley lanciato in Egitto nel 1997 dall’allora presidente Mubarak mira proprio a questo scopo: la creazione di un sistema d’irrigazione che possa favorire la migrazione di circa il 20% dei contadini egiziani (che rappresentano circa il 30% della popolazione) verso la Nuova Valle (New Valley) dalla super congestionata Valle del Nilo. Il progetto rappresenta la più costosa opera d’ingegneria del mondo Arabo (circa 80 miliardi di dollari stimati), con il piano di costruire un canale di 240 chilometri di lunghezza per trasportare l’acqua del lago Toshka verso una parte delle distese sabbiose del deserto occidentale egiziano.
Gli obiettivi originali del progetto Toshka erano stabiliti in due fasi: nella prima, il canale Sheikh Zayed (chiamato così a seguito del primo presidente degli Emirati Arabi Uniti e grande benefattore del progetto) sarebbe stato completato e 550.000 feddans (la misura araba equivalente dell’acro) sarebbero stati recuperati. Alla fine della seconda fase, nel 2017, due milioni di feddans sarebbero stati recuperati dal Deserto Occidentale. Purtroppo, molti problemi hanno rallentato il progetto che non ha raggiunto gli scopi nei tempi stabiliti. Per esempio, gli alti livelli di salinità del deserto fanno si che, quando il terreno viene irrigato, il sale si mescola con le falde acquifere e riduce l’accesso all’acqua potabile.
Le falde si formarono migliaia di anni fa, quando il Sahara era più umido, e non rappresentano una risorsa rinnovabile nel breve termine, a differenza dell’acqua pluviale del lago. Inoltre, i minerali argillosi trovati nel terreno pongono problemi tecnici alle grandi strutture a ruota che si muovono autonomamente per irrigare la terra. Anche se i satelliti mostrano la presenza di macchie verdi nel deserto egiziano dove prima c’era solo sabbia, molti coloni si sentono disillusi dalla mancanza di opportunità di lavoro e infrastrutture, e molti investitori stranieri si sono chiamati fuori causa. A questo, si aggiunge che l’Etiopia sta lavorando su una diga per riuscire ad utilizzare le acque del Nilo, in una sorta di guerra a chi riesce a carpire le risorse prima che raggiungano un altro paese, gettando un’ulteriore ombra sul successo di questa magnifica e faraonica opera.