la Repubblica, 23 gennaio 2019
Viaggio nel cuore di Virgo. «Qui raccogliamo l’eco dei buchi neri»
Silenzio, parla l’universo. Bisogna tendere bene l’orecchio per cogliere, qui sulla Terra, l’eco di antichi cataclismi cosmici. «Ogni rumore, ogni vibrazione, per noi è un disturbo. Dobbiamo raggiungere il silenzio e l’immobilità completa, solo così Virgo sarà pronta ad ascoltare», racconta Ettore Majorana che ci accompagna all’interno della macchina che ascolta le onde gravitazionali, a Càscina in provincia di Pisa: un labirinto di acciaio, laser e magneti. Majorana, nipote del “ragazzo di via Panisperna”, è primo ricercatore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn, l’ente “padre” di Virgo con il Cnrs francese) e uno dei coordinatori della fase di accensione in corso in questi giorni.
Il primo marzo si riprenderà ad ascoltare l’universo, in parallelo con le due antenne americane di Ligo, per un anno. La fusione di due buchi neri o l’esplosione di una supernova, anche se avvenuti un miliardo e mezzo di anni fa e quindi a una distanza di un miliardo e mezzo di anni luce, inviano un’onda gravitazionale che può essere “udita” da Virgo. I suoi due bracci ortogonali, di 3 chilometri ciascuno, si allungheranno e raccorceranno in quel caso di una lunghezza pari a un miliardesimo del diametro di un protone. E gli scienziati sapranno che è passata un’onda.
«Siamo quasi pronti», spiega Majorana. Dopo aver spuntato, nel corso degli anni, uno a uno, problemi come il passaggio di camion e trattori nelle vicinanze, il volo degli aerei militari di Pisa (è appena stata istituita una no fly zone per C130 ed elicotteri), le vibrazioni sul terreno delle pale eoliche, la corrente elettrica a 50 hertz di alcuni grossi apparecchi, lo stiramento della crosta terrestre causato dalle fasi lunari, le onde che sbattono sulla spiaggia sia del Tirreno che dell’Atlantico, il vento e la pioggia che gonfia il terreno. «Quest’estate avevamo un rumore di fondo di cui non riuscivamo a capire l’origine», prosegue Majorana. «Siamo impazziti per mesi. Erano cariche elettriche isolate che si accumulavano vicino agli specchi e li deformavano». Perché sembra facile restare in silenzio e immobili. In realtà, in Virgo come nella vita, non c’è nulla di più irraggiungibile della quiete. Un obiettivo per cui qui ci si affanna come in un formicaio. «Ai piccoli terremoti che avvengono regolarmente pensano le torri che ospitano gli specchi», spiega Majorana. «Sono degli attenuatori sismici molto complessi».
Una delle torri che ospitano gli specchi in questo momento è aperta. «Alcuni fotoni uscivano dal fascio laser», spiega Alessio Rocchi, sempre dell’Infn, responsabile del commissioning, cioè di questa fase di preparazione all’ascolto. È un po’ come il capo della squadra di meccanici che devono preparare una macchina di Formula 1 alla corsa. «Prima di accendere il motore bisogna mettere a punto milioni di dettagli. Oggi siamo al lavoro perché ci siamo accorti che un piccolo dispositivo per assorbire i fotoni dispersi fuori dal fascio era montato al contrario, nella torre degli specchi che ora è aperta. Per richiuderla e ricrearvi il vuoto quasi assoluto ( non lontano dalle condizioni dello spazio profondo) ci vorranno quattro giorni».
Nel frattempo, scendendo nella pancia di Virgo, si osservano i suoi complicatissimi trucchi. «Gli specchi, che pesano 42 chili e sono appesi a fili di silice fusa lunghi 70 centimetri e spessi meno di mezzo millimetro», spiega ancora Majorana. «Fili che ci hanno fatto prendere dei begli spaventi, quando hanno iniziato a spezzarsi, facendo cadere gli specchi». Nessuna rottura, per fortuna, visto che queste meraviglie della tecnologia di silice purissima costano un milione l’uno. «Il perché non riuscivamo a capirlo. Fino a quando ci siamo accorti che alcune particelle di polvere entravano dopo che avevamo fatto il vuoto e colpivano i fili, danneggiandoli».
Entrare nelle torri per effettuare le riparazioni assomiglia a una passeggiata spaziale. «Indossiamo tute, maschere e occhiali per non lasciare residui di polvere e pelle», spiega Majorana. Si lavora in un ambiente largo due metri, buio, con il banco degli specchi che occupa un metro. Basta un niente perché tutto inizi a oscillare e se si tocca inavvertitamente qualcosa, occorre fare rapporto. «Una volta un fotografo toccò la superficie di uno specchio», ricorda Rocchi. «Il sudore appanna gli occhiali, non si respira, e hai la sgradevole sensazione di trovarti al bordo dell’abisso». Al di fuori della torre c’è infatti il braccio di 3 chilometri, mantenuto in condizioni di ultravuoto dal 2002, perché per ripristinare la condizione sui suoi 6.800 metri cubi di volume servirebbe un anno. «È solo una paura irrazionale, ma sappiamo che se si aprisse la valvola della torre verremmo risucchiati nel vuoto», aggrotta la fronte Rocchi.
A Virgo si arriva attraversando campi di mais, canali abitati dagli aironi e fattorie di mucche, che improvvisamente sfociano in una via Amaldi del tutto fuori contesto. Devono aver sgranato gli occhi i contadini espropriati della loro terra negli anni ’80 per realizzare un’opera alla quale nessuno credeva fino al 2015, l’anno della prima osservazione di onde gravitazionali (ora siamo arrivati a 11).
«Ora contiamo di osservare un’onda ogni settimana o dieci giorni», dice Rocchi. «Dal primo marzo inizieremo il test finale: durerà quattro settimane e aprirà la strada all’acquisizione dei dati scientifici vera e propria». Le americane Ligo seguiranno un calendario parallelo. Si andrà avanti fino alla fine dell’anno ( al netto di rumori inattesi), quando forse si unirà a loro anche Kagra, l’antenna giapponese, in via di ultimazione. «Poniamo che dieci sia il silenzio perfetto e che otto sia quello ottenibile, perché poi l’oscillazione intrinseca degli atomi non può certo essere fermata. Al momento siamo a sette», spiega Rocchi. «Cerchiamo di immaginarle proprio tutte, ci pensiamo notte e giorno, a volte anche durante i sogni», racconta Julia Casanueva Diaz, fisica spagnola che fa parte del gruppo del commissioning di Virgo. «Battiamo la macchina con un martelletto per capire quali sono i punti deboli o usiamo un diapason per cercare le frequenze alle quali risuona di più. Dobbiamo pensare a ogni cattiveria in anticipo, prima che si parta. Ma abbiamo fatto tutto il possibile. Ora possiamo davvero iniziare ad ascoltare l’universo».