La Stampa, 23 gennaio 2019
Le ricerche segrete del Pentagono
Uno scienziato indaga su altri scienziati e alla fine dell’esplorazione scopre di essere precipitato nella fantascienza. Dalla realtà quotidiana a un universo possibile, a volte improbabile, forse addirittura folle.
Ha una dimensione allucinatoria l’avventura di Steven Aftergood, direttore di una seria organizzazione dal nome vagamente luciferino di Federation of American Scientist’s Project on Government Secrecy. Sfruttando il «Freedom of Information Act», la legge americana che tutela la libertà di informazione e il diritto d’accesso agli atti amministrativi, è riuscito a consultare una serie di progetti super-segreti (fino a oggi) finanziati dal dipartimento della Difesa di Washington. E le scoperte che ha fatto l’hanno lasciato a bocca aperta. Il faldone di cui è venuto in possesso contiene 38 titoli di ricerche che evocano intrecci da fumetto e storie da kolossal. Comprendono cacce agli Ufo, odissee in dimensioni parallele e realizzazione di materiali futuribili.
Chiunque viva nella percezione distorta del complottismo avrà un soprassalto: la ricerca su «wormholes e stargates» analizza le teorie dello spaziotempo e la possibilità di intelligenze aliene, mentre quella sull’invisibilità si concentra sulle proprietà dell’ottica quantistica e un’altra - dedicata al «warp drive» - si interroga sulle possibilità dei viaggi interstellari. Nella lista ci sono ulteriori studi che non riportano «report» completi, ma solo abbozzi. E uno di questi si riferisce al «metallo liquido». Sia come sia, gli scienziati coinvolti sono cervelloni a tutti gli effetti. Un esempio è Ulf Leonhardt, ricercatore al Weizmann Institute di Israele, i cui studi su come creare un «buco invisibile» nello spazio sono apparsi sulla rivista scientifica numero uno, «Nature». E un altro esempio è Richard Obousy, noto tra gli addetti ai lavori per l’idea di spostarsi nel cosmo attraverso la manipolazione dell’energia oscura.
Di sicuro c’è ancora molto da scovare in questa massa di studi, raccolti nel programma dall’enigmatico nome di «Advanced Aerospace Threat Identification Program». «Si tratta di esperimenti tipici di chi ha più soldi del necessario», ha chiosato Aftergood. Ma al Pentagono hanno fatto filtrare un’interpretazione molto diversa: «Ciò che un tempo era fantascienza ora è un solido fatto scientifico».