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 2019  gennaio 23 Mercoledì calendario

Pupi Avati e il ruolo all’Unesco: “Va bene chiunque, tanto non si fa nulla”

«Mi han chiamato tutti, Pupi, è vero? Ti han rimpiazzato con Lino Banfi?». Il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio aveva erroneamente indicato Banfi quale sostituto di Pupi Avati, anziché dello scomparso Folco Quilici, nell’Assemblea della commissione nazionale italiana per l’Unesco (Cniu), la successiva correzione lascia all’80enne regista un sogghigno: «Sono contento per Banfi, poverino, è un amico, ma non me ne capacitavo: io sono un falegname e lui un idraulico, o viceversa, come poteva sostituirmi?».
Avati, qual è il problema?
Abbiamo entrambi, io e Lino, un passato cinematografico importante, ma siamo agli antipodi: sono rimasto interdetto da questa supposta intercambiabilità. Siamo ai confini della realtà.
In che senso, maestro?
Viviamo nell’incompetenza, come ha detto Sabino Cassese è il momento degli incompetenti, hanno grandissimo successo ovunque, vengono premiati indistintamente.
Il problema non è Banfi, dunque.
Macché, si sarebbero potuti affacciare dal balcone bendati e indicare il primo che passasse, perché c’è la nomina, esiste il ruolo, ma manca il compito. Almeno, è mancato finora: io sono stato insignito, ma nemmeno mi hanno interpellato al riguardo. Il lavoro da commissario non l’ho mai svolto, non so nemmeno che dovrei fare, perché la commissione non è mai stata convocata.
Comunque può stare sereno, Lino sostituisce Folco, e non lei.
Quilici era da sostituire necessariamente, essendo defunto. Forse mi si riteneva morto a mia volta, chissà. Non so, siamo alle comiche, la situazione di certo è curiosa.
È il governo del cambiamento. 
Sì, ma non è che con i governi precedenti andasse diversamente. Le faccio un esempio che mi riguarda e che mi sta molto a cuore: il film su Dante. È da 18 anni che lo preparo, ho radunato tutti i dantisti più illustri d’Italia nel comitato scientifico sotto l’egida dell’Accademia della Crusca; dal Magnificat a I cavalieri che fecero l’impresa con la medievalistica ho qualche consuetudine, e i premi che ho ricevuto, quali il Jacques Le Goff, sono lì a dimostrarlo. Eppure, è tutto fermo, non si muove una mosca. Perché, mi chiedo, c’è questa diffidenza verso il ruolo di sollecitatore culturale che un artista, un intellettuale deve necessariamente avere? Perché il servizio pubblico, l’industria culturale Rai non fa nulla?
Lanci un appello.
Senza nulla togliere alle sorelle Fontana, un film su Dante il nostro Paese lo merita. O mi sbaglio?