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 2019  gennaio 23 Mercoledì calendario

I dolori del giovane Fedez. Intervista

Ossessioni, fobie, paranoie. Non è Freud, ma il nuovo disco di Fedez, in uscita venerdì: Paranoia Airlines. Un titolo che sintetizza «come mi sono sentito in questi ultimi anni», e che ha come «fil rouge il principio di autoanalisi ed esorcismo delle mie paure» (una delle quali, Sanremo: «Mi fa tremendamente paura cantare in tv»). L’album, lo dice lui stesso, «al primo ascolto può risultare cupo, è un lavoro molto introspettivo. Per me è stato terapeutico. Una volta finito mi sono sentito molto più consapevole e ho capito come affrontare certi lati d’ombra della mia persona». 
Di sicuro, Fedez è cresciuto. «Inevitabilmente», sorride. E anche quando parla degli altri, non è più polemico. Su Chiara Ferragni: «Mi ha aiutato nella visione del bicchiere: io lo vedo sempre mezzo vuoto, lei pieno». Il rivale Emis Killa (con cui duetta in Kim&Kanye): «Ci conosciamo dall’età di 13 anni. Abbiamo tirato le somme di come eravamo da giovani, oggi che siamo genitori». L’ex socio J-Ax: «Abbiamo un accordo di riservatezza per cui non possiamo parlare dei nostri rapporti professionali». La collega Dua Lipa: «Ha promesso che in futuro faremo qualcosa, al limite mi ha preso per il culo»
Le è sparita la coscienza politica?
«C’è comunque il mio modo di vedere il mondo, nell’album. Il fatto che non ci siano nomi di politici non vuol dire che non ci sia la coscienza».
Però è molto individualista e intimista. Usa spesso cicatrici e cuore.
«Non le ho contate. È un disvalore?»
No, ma sono due parole inusuali per lei. E la voce? Perché il timbro è scurito e nascosto dagli effetti?
«La voce segue le produzioni, per creare un’atmosfera che si riferisce a un certo tipo di mondo musicale, abbastanza cupo e sperimentale».
Cos’è la paranoia?
«Esasperare una paura, che nella realtà probabilmente non c’è, ma si crea nella nostra testa».
E ora, dopo tutto il percorso che ha fatto, come si vede nel futuro?
«Il futuro sarà sicuramente con la famiglia, prendendomi i miei tempi, senza vivere nel dover rincorrere a tutti i costi qualcosa. Levarmi dalla competizione, dalla gara a chi la fa più lontano».
L’aspirazione più grande oggi qual è?
«Forse sono andato oltre, ma di sicuro continuare a mantenersi con la musica è già un grande obiettivo. Ma un grande sogno nel cassetto in questo momento non ce l’ho. Ho piccoli hobby, niente di trascendentale».
In Così scrive «i soldi non riempiono il vuoto ma ne creano uno»: è davvero cambiato tanto?
«Dico anche Le cose importanti non sono cose; bello da dire, ma da rivendicare in una vita pragmatica è una tesi difficile da sostenere per chiunque. Molto spesso sono dei mantra che mi recito».
L’Italia ancora non le perdona il successo?
«Certo. È un Paese dove se non ci si spiega qualcosa, o non è vera, o c’è il trucco».
Perché, se si guadagna tanto, si è disonesti o raccomandati?
«Non lo so. So che Dalla e De Gregori si compravano una Porsche in due solo per non far vedere che se l’erano comprata. Sono cambiati i metodi, ma il teorema è sempre lo stesso».
Perché secondo lei girava la voce che fosse gay?
«Davvero? Non lo so. Sembro gay? Probabile».

Qual è la sua più grande vanità? 
«Non ne ho. Sono una persona abbastanza insicura, con i piedi per terra e lucida».
Felice ogni tanto?
«Sto imparando a esserlo. Quello che me lo impediva era non godermi il presente e pensare sempre a quello che verrà. Un errore enorme, difficile da sradicare».