Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  gennaio 23 Mercoledì calendario

Biografia di Michelle Hunziker

Michelle Hunziker (Michelle Yvonne H.), nata a Sorengo (Canton Ticino, Svizzera) il 24 gennaio 1977 (42 anni). Conduttrice. Attrice. Ex modella. «Ha dovuto faticare molto per diventare Michelle Hunziker? “Pretendevano di cambiarmi persino il cognome. Ma io ho sempre difeso lo stemma di famiglia: un cane che canta eretto su due zampe. Hunziker viene dal tedesco Hund singender, cane cantante”» (Stefano Lorenzetto) • Figlia di un’olandese e di uno svizzero-tedesco. «Avevo, da bambina, un bellissimo rapporto con mio padre. Era l’artista della famiglia. Faceva il pittore. È lui che mi ha insegnato l’amore per la natura, per la bellezza». «Il mio era un mondo piccolo quanto un giocattolo: aprivo le finestre e vedevo le mucche». «Ero un maschiaccio, sempre sporca dalla testa ai piedi. A 4 anni ero già molto indipendente: mia mamma aveva il solo obbligo di guardarmi ogni tanto dalla finestra, mentre giocavo in cortile. La prima lingua che ho imparato era l’italiano, e per gli altri bambini ero una “terrona”. Mi chiamavano “Spaghettifresser”, che nella Svizzera tedesca ha un valore dispregiativo. Le bande mi inseguivano, e io tutti i giorni, senza alcuna paura, andavo a prenderle dagli altri bambini. Poi all’improvviso ho deciso che dovevo imparare la lingua, e così mi sono messa a guardare cartoni in tedesco per giornate intere: in tre settimane parlavo perfettamente» (a Michela Proietti). «Nella mia famiglia era tutto sballato. Papà era l’eroe che mi raccontava le favole e amava moltissimo far ridere. Entrava in una stanza, e subito aveva addosso tutti i bambini e i cani presenti. Dolcissimo e fragile: aveva il problema dell’alcol. Nei picchi bui si trasformava, spariva per giorni. Fino ai dodici anni, se vedevo i miei bere, piangevo. La figura maschile era mamma. Nella donna ho sempre conosciuto la forza. Ed ero autonoma già alle elementari: quando il mondo precipitava, mettevo mela, noccioline, libri nello zainetto, e a scuola andavo da sola». «Mia mamma lavorava anche per mio padre, che tra l’altro era uno di quegli alcolizzati che non ammettono di esserlo, quindi è peggio. Un uomo meraviglioso, un’anima stupenda; però nel momento in cui iniziava a bere cambiava carattere e diventava aggressivo. […] Da piccolo non hai la possibilità di comprendere i tuoi genitori. Io a un certo punto mi sono resa conto che, nonostante sentissi veramente l’amore di mio padre quando era sobrio, quando invece beveva spaccava tutto. Poi, quando i miei genitori si sono separati, aspettavo che mio padre mi venisse a prendere; lui mi dava appuntamento, ma, poiché l’alcol purtroppo ti annebbia tutto, si dimenticava. Allora io stavo ore e ore con lo zaino ad aspettare che tornasse papà, e lo difendevo contro tutti. Mia mamma mi diceva: “Tuo padre non ce la fa, è alcolizzato”. Io non lo volevo ammettere, e mi sono sempre più arrabbiata con lui, perché pensavo che lui amasse l’alcol più di me». Ancora adolescente, si trasferì in Italia con la madre. «Mamma s’innamorò di un commerciante di gioielli ferrarese che veniva a Lugano per affari. Immagini che cosa significa, a 16 anni, dover lasciare il primo amore ed essere catapultata a Trebbo di Reno, quattro vecchietti al bar e null’altro. […] Ero disperata» (a Stefano Lorenzetto). «Negli anni Novanta, quando è arrivata in Italia, le consigliavano di fare la modella. “Ma tutti volevano le androgine, e io ero muscolosa. Dicevano che avrei funzionato per l’intimo”. Al casting per lo slip Roberta, c’erano 500 candidate. “Una cosa surreale. Avevano i jeans abbassati per mostrare le ‘ciapèt’… Per farmi forza mi dicevo che, se mai mi avessero presa, nessuno avrebbe mai visto la mia faccia!”»» (Proietti). «“Un provino degradante. Una stanza piena di ragazze con le braghe calate. Entrai, mi indignai e scappai. Poi mi feci convincere, tornai al provino, calai le braghe anche io e fui scelta. L’esperienza più brutta della mia vita”. Dovrebbe fare un monumento al suo sedere. “Pensare che a 14 anni era il mio più grande complesso. Non entravo nei jeans, non potevo mettere i 501 dei Levi’s. Lo guardavo allo specchio e mi sembrava enorme, sporgente, ingombrante. […] La pubblicità di quel perizoma fece scalpore. Era pericolosa perché distraeva gli automobilisti e causava incidenti stradali”» (Claudio Sabelli Fioretti). «“Quei soldi mi servivano per pagare l’affitto”. Non viveva con sua madre? “No, abitavo da sola a Milano, in viale Premuda 144. Nei paraggi c’era un cinema a luci rosse, frequentato da una fauna che te la raccomando. Una sera mi sono trovata un tizio sul balcone che cercava d’entrarmi in casa. Grattava le tapparelle con le unghie e urlava: ‘Apri, apri, o sfondo tutto’. Non avevo neppure il telefono per chiedere aiuto. Ho passato due ore seduta sul letto con un coltellaccio da cucina in pugno. Perciò mi appello alle donne: tenete nascosti il sedere e le tette”» (Lorenzetto). «Dopo aver iniziato come fotomodella, è diventata indossatrice per alcune importanti firme della moda. Nel 1996 ha esordito come presentatrice televisiva su Raiuno insieme a Paolo Bonolis ne I cervelloni, l’anno dopo ha presentato su Canale 5 Paperissima sprint e nella stagione 1997/98 la terza edizione di Colpo di fulmine, programma di Italia 1. Nel 1998 ha interpretato assieme a Gianni Morandi, Elena Sofia Ricci, Corinne Cléry e altri la miniserie di Canale 5 La forza dell’amore. Alla fine dello stesso anno si è dedicata anche a Nonsolomoda, magazine domenicale di Canale 5. […] Nel 2001 è tornata nuovamente in televisione con Claudio Lippi, nello sfortunato programma di Italia 1 Tacchi a spillo; dal 2002 ha condotto con successo due programmi comici: Scherzi a parte con Teocoli e Boldi e Zelig con Claudio Bisio. Nell’estate dello stesso anno è stata una delle presentatrici di Festivalbar» (Aldo Grasso). Definitivamente consacrata dal trionfo di Zelig, continuò a condurlo al fianco di Bisio fino al 2003, anno in cui presentò per la seconda volta il Festivalbar, insieme a Marco Maccarini. «Io e Claudio Bisio eravamo talmente affiatati, talmente amici, talmente uniti che ormai ci venivano proposte solo cose insieme, tipo Sandra e Raimondo. Ho deciso che dovevo fare anche altro. Solo una suicida pazza come me poteva lasciare lo Zelig all’apice» (a Renato Franco). Nel 2004 ebbero inizio le due sue più lunghe collaborazioni: quella con Paperissima insieme a Gerry Scotti, protrattasi fino al 2013 (ultima edizione del programma), e soprattutto quella con Striscia la notizia al fianco di Ezio Greggio, tuttora in corso. «Io ho sposato Striscia. Bisogna fidelizzare il pubblico con una cosa nella vita: il pubblico sa che lì ti troverà sempre, e per me "lì" è Striscia». Nel frattempo, oltre a qualche sporadico ritorno sul palcoscenico di Zelig (nel 2014 e nel 2016) e ad altri programmi più o meno fortunati (tra i meno riusciti, Vuoi scommettere?, condotto insieme alla figlia Aurora Ramazzotti su Canale 5 nella primavera 2018), ha preso parte a due edizioni fortunate del Festival di Sanremo, quella del 2007, al fianco di Pippo Baudo («L’ho fatto a trent’anni, e a quell’età per Sanremo sei giovane. Un’ansia… Mi sono divertita, ma anche lasciata travolgere»), e quella del 2018, al fianco di Claudio Baglioni e Pierfrancesco Favino, nella quale ha dato prova di grande maturazione rispetto alla prima esperienza. Da ultimo, nel 2018 si è cimentata come imprenditrice in ambito parafarmaceutico. «Ho realizzato integratori e prodotti per l’igiene della famiglia al 99 per cento naturali, che rispecchiano la mia filosofia di vita. Non voglio solo vendere: voglio essere empatica con le donne. È nata così la linea Goovi, abbreviazione di The Good Vibes (cioè, le buone vibrazioni). Una ricerca di mercato mi ha dato ragione: non esiste nulla di simile in commercio. […] Ero molto lontana dall’avere la testa dell’imprenditrice, e osservando il lavoro di mio marito [Tomaso Trussardi – ndr] ho iniziato a capire che cosa fa un direttore generale, il direttore vendite, gli agenti… Tommi mi ha aiutato anche sul versante legale. Abbiamo passato diverse sere a leggere i documenti. Ma per mandarmi via dalla tv dovrebbero spedirmi su Marte!» • Trascurabile la carriera cinematografica; memorabile, tra le sue interpretazioni, quella della coprotagonista, al fianco di Alberto Tomba, dell’involontariamente comico Alex l’ariete di Damiano Damiani (2000), stroncato senza pietà da pubblico e critica sin dal suo debutto nelle sale. Come attrice comica, la Hunziker fu invece discretamente apprezzata nella prima edizione della sit-com Love Bugs (Italia 1, 2004), nel ruolo della fidanzata di Fabio De Luigi (che l’anno successivo fu però interpretata da Elisabetta Canalis) • Grande successo televisivo anche in Germania. «Molto più di una bella biondina: per i tedeschi è la presentatrice del sabato sera, quella che ogni settimana tiene inchiodati davanti al video più di sei milioni di persone e riscuote quel successo trasversale che non ha un’età precisa, non risponde a una determinata fascia sociale, non fa differenza tra uomini e donne» (Francesca Sforza) • Nel 2007 ha costituito, insieme all’avvocato e politico Giulia Bongiorno, la fondazione «Doppia difesa», il cui principale obiettivo è di fornire assistenza e sostegno a «tutte le donne discriminate, quelle che subiscono violenze fisiche e psicologiche, in casa o sul lavoro». «Scherzando, Giulia Bongiorno dice che ho collezionato più stalker che fidanzati, soprattutto quando ero single: era questo ad accendere la fantasia dei molestatori» • Un’autobiografia uscita presso Mondadori nel 2017, Una vita apparentemente perfetta • Tre figlie: Aurora (classe 1996) dal cantante Eros Ramazzotti, suo primo marito dal 1998 al 2002; Sole (2013) e Celeste (2015) dall’imprenditore Tomaso Trussardi – figlio dello stilista Nicola Trussardi (1942-1999) –, sposato nel 2014. «E poi desidero altri figli… Non abbiamo ancora finito con Tomaso: i lavori sono sempre in corso. Non si fermano mai». «Noi donne combattiamo per avere un posto nel mondo, […] però avere il privilegio di essere madre ti dà la sensazione di lasciare qualcosa nel mondo» (a Cristina Bianchi). «Io sono una madre prima di tutto. Ma sono anche una donna che ha il diritto d’esprimersi. Mi considero una stagionale. […] Fare la mamma è diverso dall’esserlo. Io sento di esserlo» • Galeotto, per il secondo matrimonio, fu Vittorio Feltri: comune amico della conduttrice e della vedova di Nicola Trussardi, Maria Luisa Gavazzeni, fu lui a far conoscere la Hunziker e Tomaso Trussardi nel 2011, dopo aver saputo che erano entrambi privi di vincoli sentimentali (alle nozze, Feltri fu il testimone dello sposo, Antonio Ricci quello della sposa). «Quando ha incontrato per la prima volta suo marito Tomaso, ha cominciato a balbettare. “Mi è piaciuto subito: ci siamo scambiati i numeri, e la prima a chiamare sono stata io… Non si decideva mai a baciarmi. Mia figlia Aurora, che mi vedeva rientrare delusa, diceva: ‘Mamma, o vuole una migliore amica o è gay’”. Dopo tanti anni di “singletudine”, c’era un muro da abbattere. “Ero difficilissima da gestire: facevo tutto io, organizzavo le vacanze e mi dimenticavo di interpellarlo. Alla fine lui si trovava di fronte al fatto compiuto”. Poi, un giorno, è arrivata una telefonata. “Mi disse: ‘Michelle, tu non vuoi un uomo: tu vuoi fare l’uomo. E io non voglio una storia senza condividere’. Ho capito che potevo lasciarmi guidare. Ancora oggi ringrazio mio marito per quella chiamata”» (Proietti) • Ha raccontato a più riprese, fornendo di volta in volta nuovi dettagli, di essere stata, tra il 2001 e il 2006, vittima di una setta, che, dopo averla inizialmente incoraggiata a riallacciare i rapporti col padre (morto pochi mesi dopo), la allontanò poi gradualmente dalla famiglia (anzitutto da Ramazzotti) e dagli amici, sfruttandola finanziariamente e convincendola che tutto il suo successo dipendeva da loro. «Michelle lascia la setta nel 2006. “Ho chiamato subito mia madre e i miei amici, chiedendogli solo una cosa: non fatemi il processo”. Le fasi che precedono la decisione sono fatte di umiliazioni e paura, e dalla sensazione di aver superato il limite. “Ero la gallina dalle uova d’oro, ma sono stata derubata soprattutto della dignità. Nella setta c’erano direttori di giornali, conduttrici tivù, autori, magistrati, poi allontanati: io ero sufficiente al progetto”. La normalità, una volta fuori, è una lenta conquista. “Uscita dalla setta, ho trovato una guida spirituale, frate Elia, che mi ha permesso di incontrare padre Amorth: mi ha rassicurata e poi mi ha benedetta. Ho ripreso a mangiare carne solo in attesa di Sole. Prima sentivo odore di cadavere. Oggi non ho rancori: ho scoperto la fragilità della setta, tutto il progetto che si è dissolto sotto ai miei occhi”» (Proietti). «A vent’anni, soprattutto se hai avuto un’infanzia non facile, cerchi di farti riempire dagli altri, cerchi l’approvazione a ogni costo. Io ero così: un’anima in pena. Ma, dopo quel periodo, e un percorso di analisi e di riscossa mia personale, ho imparato a non temere la solitudine. Ho capito che siamo individui beatamente soli. Tra l’altro, se stai bene con te stesso, gli altri staranno bene con te, e in fondo solo non sarai mai; se invece ti aggrappi a loro disperatamente, se ne andranno. Quando l’ho capito davvero, ho incontrato Tomaso. Non è un caso» (a Erika Riggi) • Molto presente e attiva sugli aggregatori sociali, in particolare su Instagram. «Sono tremendamente “social”, lo so. Documento ogni momento della mia vita. Sono diventata tecnologica per seguire Aurora» • «Dai 15 ai 17 anni qualche canna di marijuana me la sono fatta. In Svizzera è in libera vendita. Ma stupefacenti e alcol confliggono con la mia personalità. Non mi piace perdere il controllo su me stessa, e neppure sugli altri. Dopo aver bevuto un bicchiere di vino mi sento stupida» • «Ha capito in ritardo di essere bella. “Mio papà amava tagliarmi i capelli corti perché ‘Lole’, come mi chiamava lui (il diminutivo di ‘amore’), aveva la faccia così bella che andava scoperta”» (Proietti). «Avevo i capelli a spazzola, ero grassottella, e lo sono rimasta per un bel po’. Mettevo maglioni larghi perché mi sentivo enorme. E avevo anche i denti sporgenti. Ho cominciato a capire che qualcosa cambiava intorno ai 16 anni. Capita a tutte le adolescenti, quando i ragazzi iniziano a guardarti in modo diverso, come se ti vedessero per la prima volta» • «Il primo a capire il suo potenziale fu Antonio Ricci: la scelse per Paperissima [Paperissima sprint – ndr] e le affidò il programma per l’intero agosto del 1997, quando aveva meno di 20 anni: “Tu buchi lo schermo: il mestiere arriverà dopo”, le disse. E, infatti, così fu» (Costanza Cavalli). «Ride sempre molto? “Adesso sì, ma c’è stato un tempo in cui tanti, anche tra i colleghi, mi prendevano in giro proprio per come ridevo: la verità è che ero molto intimidita, e nascondevo la mia timidezza così. Ma ci ho lavorato, sulla mia autostima e sulla mia professionalità: l’ho fatto davanti ai fucili puntati e fronteggiando i lupi. Questo è stato avere vent’anni”» (Riggi). «Adoro cantare, ma ho bisogno di impostare la mia voce perché sono una che canta, parla e, direi, vive in falsetto. È la voce di gola delle persone timide. Ce l’ho fin da bambina: la voce di gola per farmi sentire. Perché? Perché ho sempre avuto paura del giudizio degli altri. Specie delle persone che amo» • «Parla sempre della Svizzera, mai dell’Olanda di sua madre Ineke. “Le confido un segreto: quando non voglio farmi capire dalle persone, parlo in olandese con mia madre. Ci divertiamo. Perché il tedesco ormai lo sanno un po’ tutti. […] Penso di essere molto olandese: è una mentalità che mi ha insegnato a non temere il giudizio degli altri. Sono cresciuta con diverse ragazze alla pari olandesi. Ormai, come personaggio pubblico, mi sono ritagliata addosso il cliché della Svizzera. Del resto, sono anche svizzera”» (Michaela K. Bellisario) • «Abbiamo tutti una storia da raccontare. Non ho avuto una vita più difficile di altri: ho avuto la fortuna di soffrire prima». «“All’inizio, chi decide di mostrarsi ha il bisogno urgente di essere amato, e anche un’enorme dose di ego: t’illudi che più gente ti vorrà bene e più sarai felice. So che significa essere un numero, magari da trattare male. I casting con seicento ragazze, tutti a vuoto per via dei miei polpaccioni, poi la tivù degli anni Novanta, quella della femmina tutta-tette. Prima di incontrare persone meravigliose che hanno creduto in me per il mio talento, ho sicuramente sfruttato la tendenza a spogliare le donne facendo vedere il mio corpo”. Per arrivare dove? “A far ridere. […] La comicità è stata soprattutto la strategia, il modo per neutralizzare quell’alone sessuale che ti restava attaccato addosso”» (Raffaela Carretta). «La lezione più importante di questi primi 40 anni? “La ricerca dell’equilibrio. Ho capito che, quando sei ‘centrato’, puoi davvero tenere tutto sotto controllo. E che la felicità non è uno stato permanente. Puoi essere chi vuoi, ma la vita ti mette sempre ostacoli davanti. Non si scappa. Vede il mio sorriso? Dietro ci sono battaglie”» (Bellisario). «Ora ho tutto quello che desideravo e che nella vita per me è importante. Ho passato anni complicati, per tanto tempo ho macinato lavoro e stretto i denti perché volevo farcela. Ora mi beo delle mie bambine, dell’amore di Tomaso, del lavoro che posso scegliere con cura… Sono felice».