Antonio Riello per Dagospia, 22 gennaio 2019
COME CERVO CHE ESCE DI FORESTA! GLI ANIMALI SELVATICI DI EDWIN LANDSEER IN MOSTRA ALLA NATIONAL GALLERY DI LONDRA - LA SUA OPERA ICASTICA E’ “THE MONARCH OF THE GLEN”, IL RITRATTONE DI UN CERVO DALLE GRANDI E RAMIFICATE CORNA CLASSIFICATE COME “REALI”- IL COMMENTO CAUSTICO SULLA REGINA VITTORIA - L’ESPOSIZIONE E’ STATA CLAMOROSAMENTE STRONCATA DAL GUARDIAN: ECCO PERCHE’ - VIDEO -
Alla National Gallery di Londra c’e’ una piccola, ma interessantissima, mostra dedicata all’opera di Edwin Landseer (1802 – 1873). A parte qualche specialista, storico dell’Arte, quasi nessuno oggi ricorda chi era questo signore.
In pratica era una specie di Grayson Perry dell’epoca vittoriana, notissimo nel Regno Unito e con quotazioni di mercato molto impegnative (tra suoi piu’ affezionati collezionisti figuravano anche membri della Royal Family). Ma, in genere, non dipingeva persone, era infatti uno specialista di animali.
Un efficace illustratore, attraverso la sua pittura, della passione tutta anglosassone per i grandi spazi aperti e la fauna che li popola. Anche se in realta’ si tratta d un personaggio che lavora e crea quasi sempre nel suo studio londinese, attrezzando complessi e costosi sets per ricostruire atmosfere e paesaggi lontani.
La sua opera icastica e’ “The Monarch of the Glen”, il ritrattone di un cervo in scala 1:1. Questo nome e’ dovuto alle grandi e ramificate corna della bestia che vengono classificate, da chi si occupa di trofei, con il termine “reali”. E in Scozia chiamano “Glen” una qualsiasi vallata. Commissionato nel 1851 per il nuovo edificio del Parlamento Britannico questo quadro e’ poi finito ad Edimburgo alla National Gallery of Scotland. Si trova adesso a Londra in prestito temporaneo. E’ un’opera notissima che nell’immaginario britannico ha influenzato tanto la pubblicita’ (etichette di Whisky e non solo) che le arti (in mostra una bella opera di Peter Blake, del 1966, ispirata direttamente da li’).
Landseer, inglesissimo, diventa uno di quei personaggi che, tra la fine del 700 e la seconda meta’ dell’800, assieme a Walter Scott, Robert Burns e agli stessi reali britannici re-inventa il fascino delle Highlands creando una leggenda, che ancora in qualche modo perdura, fatta di tartan, kilt e cornamuse, ma anche e soprattutto, di luoghi incontaminati e coraggiosi/schietti montanari. Una tradizione artificiale di innegabile e duraturo successo, inventata quasi tutta a tavolino, dove un paese desolato (e impoverito dagli inglesi) assurge a simbolo della potenza dell’Impero.
Lui continua comunque a dipingere bestie di ogni tipo. In quegli anni anche altri pittori praticano questo genere, il piu’ noto (e il piu’ bravo) e’ certamente George Stubbs, supremo amante dei cavalli di razza che realizza tra l’altro l’imponente quadro noto come Whistlejacket, uno dei capolavori assoluti della National Gallery.
A Landseer danno anche la commissione per fare i leoni di bonzo che si trovano proprio a Trafalgar Square, sotto la colonna che sostiene la statua di Lord Nelson. Si fa portare in studio un leone che e’ appena morto allo Zoo per avere un modello. Ma le cose vanno per le lunghe e il cadavere si decompone. Parte dei disegni sono quindi fatti “a memoria”. Alla fine fa solo degli studi su carta e le opere sono concretamente realizzare da uno scultore di origine italiana/francese: il Barone Carlo Marochetti. Il materiale di questo controversa e curiosa vicenda e’ parzialmente visibile in mostra.
I cervi gli vengono meglio. E anche i cani da caccia. Dipinge infatti diverse scene venatorie senza trascurare il sangue e la violenza che appartengono a queste situazioni. Contribuisce in qualche modo a fondare la cultura animalista britannica, ma lo fa da una prospettiva molto aristocratica e ottocentesca. Estetizza il mondo naturale e fa sognare avventure zoofile senza pero’ che accanto ci sia davvero una adeguata consapevolezza e soprattutto un’etica.
La mostra, curata da Susan Foister, e’ stata clamorosamente stroncata dal Guardian che, da una prospettiva di sinistra abbastanza radicale, la dipinge come la celebrazione di un mercenario (culturale) dell’arroganza imperiale, amante della violenza e della sopraffazione. Con tutto il rispetto per l’autorevole quotidiano si puo’ legittimamente dissentire: non possiamo leggere il passato solo con logiche da Tarda Modernita’. Questa e’ invece una ottima occasione per capire da vicino il meccanismo della propaganda e di come e’ avvenuta la costruzione di una mitologia borghese. E si riesce pure (grande nostalgia!...) a intravedere un tempo dove ancora le immagini prodotte dagli artisti, anche quelli mediocri, contavano sul serio qualcosa per la gente.
C’e’ comunque, alla fine, anche una cosetta che ci rende un po’ piu’ simpatico Sir Landseer. In una sua lettera confidenziale ad un amico definisce la sua committente piu’ illustre (la Regina Vittoria): “a very inconvenient little treasure”. Un commento cosi educatamente (e rispettosamente) caustico e’ gia’ di per se’ un ingegnoso capolavoro. PS Purtroppo la mostra chiude fra pochi giorni, il 3 Febbraio. Ma per chi l’ha persa esiste un bel catalogo.
Landseer’s Monarch of the Glen National Gallery Trafalgar Square, Londra, WC2N 5DN