Corriere della Sera, 22 gennaio 2019
Anelli, bracciali, collanine: il bijou è uomo
Si è ringraziato il maschio metrosexual. Poi le star bling bling, cioè i divi hip hop e rapper. Ma anche il pirata dagli occhi bistrati Jack Sparrow, al secolo l’attore Johnny Depp. Negli ultimi tre lustri in tal modo si è dato il permesso al maschio di indossare ogni tipo di gioielli, al di là di gemelli e orologi: braccialetti e anelli, catene, collane e orecchini, il tutto senza essere tacciato di alcunché. Così tra circa due settimane (quasi) nessuno storcerà il naso nel vedere al Festival di Sanremo il rapper romano Achille Lauro con al collo la consueta sovrapposizione di catene e le dita strabordanti anelli. Non un unicum. I gioielli da uomo oggi fanno parte del modo di essere maschile a tutti gli effetti.
Tanto da ritagliarsi uno spazio ad hoc all’interno di Homi,il Salone degli stili di vita di Fiera Milano (25-28 gennaio; homimilano.com): dei 1150 brand presenti il 40% è legato al mondo Fashion&Jewels, nonché nome di una sezione: spazio ai monili maschili, in particolare i «gioielli emozionali», spesso piccole opere d’arte, esprimono la storia di chi li sceglie. «Lo scambio tra mondi accade sempre. Come tra scena e quotidianità. Così il palcoscenico musicale o il grande schermo dialogano con la vita di tutti i giorni. Le scelte di divi pop e rock, o di attori (e di sportivi ndr) influenzano il look, diventano riferimento», spiega Giampiero Bodino, artista dell’alta gioielleria e direttore creativo Gruppo Richemont. «Nel tempo, macro aree musicali hanno tracciato questo percorso. Come il tecno pop o il metal», aggiunge. Conferma la tipologia di monili scelti e indossati dalle «non star»: catene, anelli (spesso con teschi e croci), orecchini. Principalmente in metalli chiari: dall’argento all’oro bianco.
«Lasciato al naturale, senza il trattamento di rodiatura (che dà brillantezza ai metalli ndr), l’oro bianco crea un contrasto perfetto con le pietre da montare su anelli o spille», rivela Bodino: indica diamanti e zaffiri come pietre preziose di forte virilità. Bodino è avvezzo per dna creativo professionale a realizzare pezzi unici. «Lo scambio di idee con il cliente è un momento eccezionale. Il progetto si trasforma di continuo. Libero sfogo alla fantasia»: una spilla da giacca realizzata per un magnate cinese, un tralcio con diamanti, forse il manufatto più prezioso che ha creato sino ad ora per un uomo.
I maschi orientali e asiatici hanno più dimestichezza con il gioiello sfarzoso; quelli occidentali invece a una grande capacità di spesa non fanno corrispondere altrettanta libertà di scelte: optano più sui gemelli fantasiosi o l’orologio di gran marca. Anche se è dimostrato che il power suit da uomo con camicia dal doppio polso convivono con il o meglio i gioielli maschili. In particolare i braccialetti. Esempi? Diego della Valle e Luca di Montezemolo. Della Valle sfoggia sul polso destro una opulenta serie di braccialetti sovrapposti; Montezemolo solo alcuni. Il tutto (quasi) sempre con l’abito del perfetto uomo d’affari. «Il singolo pezzo, cioè un anello piuttosto che un braccialetto, oggi appare più come un vezzo – dice Bodino —. L’insieme, l’accumulo di più monili, sottolinea una scelta ponderata. Estremante maschile». Esempi dal fashion star system: Karl Lagerfeld e l’esplosione di anelli portati sui mezzi guanti in pelle nera; l’alta gioielleria maschile dei Dolce e Gabbana sold out nel mondo. Quella che sembra apparire una svolta, una presa di posizione, una libertà di scelte, in realtà è il riappropriarsi di radici antiche. Nel passato, non erano le donne a essere sinonimo di tripudio di gioielli indossati, ma gli uomini.
Basti pensare ai ritratti di gentiluomini di Giovan Battista Moroni: i gioielli appaiono in simbiosi con fierezza e opulenza. Ma anche quelli di monarchi. Come Filippo il Bello o Enrico VIII (nel ritratto di Holbein): ai loro colli spiccano il collare del Toson d’oro effetto collier e una catena in oro con pendente su un abito tempestato di preziosi.
Fino al XVIII secolo sfoggiare una collana o altro monile per l’uomo era consuetudine. Un vanto. L’autoritratto con girasole di Anton Van Dyck lo racconta: l’artista fresco di nomina a pittore di corte di Carlo I, si ritrae con al collo una lunga catena d’oro, come specchiandosi in un girasole (simbolo di regalità), dimostrazione di status artistico e sociale acquisiti. Senza disdegnare una compiaciuta dose di vanità. Tutta al maschile.