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 2019  gennaio 22 Martedì calendario

L’inferno di Ghosn, così il Giappone piega i detenuti

Resta fermo Carlos Ghosn, ribadisce di essere innocente. Ma un po’ incrinato forse lo è, dopo oltre due mesi di carcere passati gran parte in isolamento, tra interrogatori a ripetizione. Il manager dell’alleanza Renault-Nissan, 64 anni, arrestato a Tokyo per sospetti reati finanziari, chiede per la seconda volta di essere liberato su cauzione. E se nella prima, negata, aveva osato ipotizzare un ritorno in Francia, casa sua, in attesa del processo, stavolta si impegna a restare in Giappone, dove gli hanno già trovato un appartamento. Non solo: è pronto a consegnare i suoi tre passaporti (francese, libanese e brasiliano), a pagare di tasca propria cavigliera elettronica e guardie di sorveglianza. In pegno lascerebbe tutte le azioni Nissan che possiede, in quella che risulterebbe una delle cauzioni più ricche della storia.
Tutto pur di uscire dalla cella dove il sistema giudiziario giapponese lo tiene sbarrato da mesi e iniziare a preparare la difesa. Eppure la speranza che oggi gli vengano concessi i domiciliari è scarsa, al di là di quelle che in Italia definiremmo esigenze cautelari, pericolo di inquinamento delle prove o di fuga. In Giappone infatti la custodia in carcere a oltranza, senza contatti con avvocati o familiari, è usata in maniera sistematica per far pressione sui sospetti e farli confessare. E in attesa che sia giudicato Ghosn, alla sbarra ci sta finendo lei: «La giustizia dell’ostaggio», la definisce Jeff Kingston, noto studioso del Paese. «Non l’augurerei neppure al mio peggior nemico», racconta a Cnn un altro francese che ci è finito dentro. Mark Karpeles, 33 anni, era il fondatore di Mt. Gox, la più grande Borsa per bitcoin del mondo, finché degli hacker non l’hanno violata sottraendo mezzo miliardo in monete virtuali e facendogli piombare addosso l’accusa di appropriazione indebita.
Di quegli 11 mesi e mezzo nelle carceri dell’Imperatore, un «incubo», Karpless ha tenuto un diario. Racconta che lo hanno torchiato per cinquanta giorni di fila, poi lasciato sette mesi in una cella di 6 metri quadri. Ne ha fatto un disegnino: un wc, un lavandino, un tavolino, niente finestre. Lo obbligavano a stare seduto a schiena dritta per ore, urlandogli se provava a distendersi. Se non reagiva, veniva segregato nella cella di punizione, con le mani legate dietro la schiena. Quando due anni fa è uscito, rilasciato su cauzione, aveva perso 35 chili, quelli di troppo e molti di più. Oggi aspetta ancora la sentenza.La stessa Odissea in cui sembra finito Ghosn. In due settimane ha perso quasi sette chili, scrive la moglie Carole in una lettera di nove pagine a Human Rights Watch, in cui definisce il regime a cui il marito è sottoposto «deplorevole e inumano».
Nell’unica udienza pubblica, il 5 gennaio, il manager è apparso molto dimagrito. Noi non stabiliamo le procedure penali, le applichiamo, si è limitato a replicare uno dei procuratori di Tokyo che seguono il caso. Mentre gli avvocati giapponesi difendono il sistema, che garantisce uno dei più bassi livelli di criminalità al mondo e parità di trattamento. Per la verità Motonari Otsuru, legale di Ghosn, non ha mai riferito di particolari lamentele. Ma ha riconosciuto che, proprio come Karpless, anche il suo assistito potrebbe passare un anno rinchiuso in attesa del processo, che in Giappone arriva nel 99% dei casi.
Così se Nissan non ha perso tempo a liquidarlo, in quello che alcuni hanno visto come un colpo di Stato del sistema imprenditoriale nipponico sull’azienda, ora anche Renault è pronta a rassegnarsi all’evidenza. Stando a varie indiscrezioni, già in settimana la casa francese potrebbe nominare presidente non esecutivo Michelin Jean-Dominique Senard, attuale ad di Michelin, e Thierry Bolloré, al momento ad interim, come nuovo Ceo.
Serve una struttura di comando con deleghe piene per sedersi al tavolo con Nissan e iniziare a discutere il futuro dell’alleanza che Ghosn ha creato, accentrando su di sé un potere enorme, e che nei prossimi mesi, prima di lasciare, voleva rendere irreversibile. Evitare questo esito, secondo alcuni, era il vero obiettivo dei giapponesi quando hanno iniziato a raccogliere il dossier che ha incriminato il manager. Tant’è: ora l’alleanza, prima al mondo per auto vendute, scricchiola. Il rompicapo di partecipazioni incrociate su cui si regge, tutto sbilanciato a favore dei francesi, non rispecchia più la realtà, visto che è Nissan a fare più utili. Se il futuro sarà insieme, come le parti assicurano, dovrà essere con rapporti di forza più equilibrati. Lo si scoprirà nei prossimi mesi, in un processo parallelo, ma ormai separato da quello giudiziario che attende Carlos Ghosn. «Non sono colpevole e ho fretta di difendere la mia reputazione davanti al tribunale», ha detto. Dovrà aspettare invece, probabilmente in carcere. In Giappone funziona così.