La Stampa, 22 gennaio 2019
L’app ti guarda e scopre la malattia
Un’immagine non è mai ciò che sembra. Dietro c’è più di quello che l’occhio umano può vedere. In questi giorni si discute della sfida «10 years challenge», l’invito a pubblicare due proprie foto distanziate di 10 anni ciascuna. Ma mentre alcuni hanno visto nel fenomeno il tentativo di addestrare un software a riconoscere le persone, c’è chi sta già sfruttando l’Intelligenza Artificiale per diagnosticare alcune patologie a partire da un’immagine del paziente. Oggi il processo è realtà: l’azienda statunitense Fdna ha creato un’applicazione in grado di diagnosticare malattie genetiche rare e ritardi congeniti del neurosviluppo analizzando il volto. I risultati dello straordinario studio sono stati pubblicati da «Nature Medicine».
Intelligenza Artificiale
Una delle caratteristiche delle malattie rare è la difficoltà nel realizzare le diagnosi. Oscillano tra le 7 mila e le 8 mila, ma è una cifra che cresce con i progressi della ricerca genetica. Proprio per la vastità del numero e le scarse conoscenze non sempre è possibile arrivare a un verdetto certo e tempestivo. Un esempio? Alcune patologie rare non presentano tratti evidenti. Come può un medico arrivare all a verità, avendo di fronte una bimba di quattro anni, un po’ più bassa rispetto alla media, con una dentatura già sviluppata, un lieve ritardo mentale e un indebolimento del tono muscolare? Ma è partendo da questa difficoltà che gli scienziati della Fdna hanno elaborato un algoritmo con cui diagnosticare alcune malattie rare sulla base dei tratti somatici che emergono da una foto.
Così hanno creato «Face2Gene», applicazione dove hanno riversato 17 mila immagini, abbinandole a 216 malattie genetiche diagnosticate con certezza. Partendo da questa base, l’Intelligenza Artificiale ha cominciato ad analizzare ogni foto, estraendo più informazioni possibili in modo da catalogare somiglianze e differenze tra centinaia di malattie.
Il primo test ha riguardato il saper discernere tra due malattie rare simili tra loro dal punto di vista somatico, la sindrome di Cornelia de Lange e quella di Angelman. Il secondo passo è stato insegnare a «Face2Gene» a classificare la stessa malattia - la sindrome di Noonan - causata però da mutazioni diverse del Dna. Al termine della programmazione della «app», con i dati disponibili, l’Intelligenza Artificiale si è dimostrata capace di fornire una diagnosi esatta nel 65% dei casi. Percentuale che sale al 90%, quando, anziché mostrare un singolo risultato, «Face2Gene» forniva una rosa di 10 possibili malattie: nell’elenco c’era, in nove casi su 10, la malattia esatta. Nel caso specifico della descrizione della bimba di quattro anni l’applicazione si è spinta oltre. «Face2Gene» ha suggerito la diagnosi della sindrome di Wiedemann-Steiner, dovuta alla mutazione del gene Kmt2A.
Risultati importanti che rappresentano un inizio: il database si è ulteriormente arricchito e ha raggiunto oltre 150 mila immagini. Un bagaglio di informazioni che porterà il software ad una sempre maggiore accuratezza nella diagnosi. Attenzione, però, a pensare che un’applicazione sostituirà l’uomo. Tutt’altro. Queste tipologie di Intelligenza Artificiale saranno sempre un supporto: i tempi per una diagnosi si accorceranno, poiché consentiranno al medico non solo di restringere il campo di ricerca ma di effettuare analisi genetiche mirate.
Reti neurali
Le novità non finiscono qui: l’esempio sono i dati derivati dalle Tac. Grazie alle reti neurali diventa possibile l’individuazione di potenziali patologie che, in realtà, non si stavano cercando con l’indagine del momento. Attraverso il «deep learning» si ricavano dall’immagine alcune informazioni-chiave, come fragilità ossea e rischio osteoporosi, accumulo di calcio a livello delle coronarie, microfratture e fegato grasso. Tutto ciò significa intercettare precocemente i segni di una potenziale patologia. Le immagini svelano molto più di quello che l’occhio umano vede.