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 2019  gennaio 22 Martedì calendario

Il 60% voterebbe per eliminare il reddito di cittadinanza

In attesa che le forze d’opposizione si diano una mossa e avviino le procedure per il referendum per l’abolizione del reddito di cittadinanza, noi di Libero abbiamo commissionato un sondaggio all’agenzia demoscopica AnalisiPolitica, diretta dallo studioso Arnaldo Ferrari Nasi, per capire cosa ne pensano gli italiani dell’idea di dare lo stipendio a chi non lavora. Il primo dato, forse spiegabile con il fatto che a illustrare la misura è stato il ministro Di Maio, è che, malgrado se ne parli da un anno, il 30% delle persone dichiara di non aver capito cosa sia e come sarà applicato il provvedimento che secondo M5S dovrebbe cancellare la povertà nel nostro Paese. Del restante 70%, che ha dichiarato di pensare di aver capito come funziona, c’è da mettere la mano sul fuoco che più della metà abbia mentito. Ma veniamo subito al quesito principale: il 45% degli intervistati che si dicono informati ammette che, in caso di referendum, voterebbe sì all’abolizione del reddito di cittadinanza, mentre solo il 31%, meno quindi di quanti scelsero M5S alle Politiche del 4 marzo 2018, vorrebbe conservarlo. Gli altri se ne starebbero volentieri a casa o si riservano di giudicare quando la misura entrerà in vigore. Fatte le proporzioni al netto degli astenuti il risultato è all’incirca 60 a 40 a favore dell’abolizione. Insomma, il governo è al 60% del consenso, ma la legge simbolo dei Cinquestelle gode di meno di un terzo di pareri favorevoli. Spaventosa è la diversità d’orientamento a seconda delle aree geografiche, che rispecchia fedelmente le previsioni, in base alle quali saranno Sicilia e Campania a fare la parte del leone nell’assegnazione del sussidio di Stato, con le regioni settentrionali molto penalizzate. Al Nord e in Toscana, territori ricchi sulle cui spalle ricadrebbe l’onere maggiore di sostenere lo stipendio grillino, il 55% degli abitanti è favorevole alla sua abolizione, e tra loro vi è anche un buon 14% di chi ha votato Cinquestelle, mentre solo il 25% è contrario. Al Sud invece il 45%, quindi comunque non la maggioranza assoluta, voterebbe per mantenerlo. Se il risultato si scompone a seconda degli orientamenti politici, emergono due dati salienti. Il primo è che la maggioranza dei leghisti (35%) voterebbe contro la misura anche al prezzo di spaccare l’alleanza di governo, che invece sarebbe disposto a difendere solo il 31%, mentre il 27% sarebbe messo in crisi dal quesito. Il secondo è che i più accaniti avversari della paga ai fannulloni stanno, oltre che tra gli elettori di Fratelli d’Italia, che da subito ha sposato la battaglia di Libero per il referendum abrogativo, tra quelli del Pd e di Liberi e Uguali, la qual cosa mette la pietra tombale su ogni ipotesi di intesa tra sinistra e grillini, vagheggiata invece dall’ala del Movimento che fa riferimento a Fico e Di Battista. Ancora più nette sono le risposte date in merito alla valutazione complessiva della misura e alla sua efficacia nel risollevare l’economia e aiutare i poveri. Qui il giudizio è negativo in maniera ancora più marcata, al punto da indurre a pensare che, tra quanti voterebbero per mantenere il reddito grillino, una buona metà lo farebbe turandosi il naso, per fedeltà di partito o per non far cadere il governo e vederlo sostituito da un esecutivo di tecnici fedeli all’Europa alla Monti piuttosto che per scongiurare un ritorno alle urne. Scevra da valutazioni politiche o da influenze partitiche, l’opinione degli italiani sulla paga ai fannulloni si rivela pessima in maniera compatta. Il 70% degli intervistati reputa che il reddito di cittadinanza sia un provvedimento costoso per lo Stato e incapace di produrre gli effetti desiderati sulla ripresa economica. Un giudizio condiviso tanto dal Nord, con percentuali plebiscitarie intorno al 75% quanto dal Centrosud, dove gli scettici superano il 55%. L’equazione tra reddito di cittadinanza e spreco di denaro pubblico balza addirittura all’85% tra gli elettori di sinistra ed estrema sinistra, il che significa che la misura non è vissuta come solidaristica bensì come una sottrazione dei soldi dello Stato a destinazioni più utili. Anche la maggioranza degli elettori di Salvini (55%) ritiene che i soldi per la paga grillina siano buttati, opinione peraltro condivisa dal 35% dei fan di Di Maio.Per quanto riguarda invece la tematica introdotta da Libero ieri, che titolava “Otto modi per ingannare lo Stato e incassare il sussidio”, ovverosia la preoccupazione che molti finiranno per ottenere il reddito di cittadinanza anche se non dovrebbero, essa è una certezza per l’80% degli abitanti del Nord e per il 60% di quelli delle Regioni del Centro, ma anche per il 70% dei meridionali, il che significa, nella migliore delle ipotesi, che la misura grillina non ha nessuna credibilità nelle terre dove sarà maggiormente applicata, mentre nella peggiore induce il sospetto che molti cittadini del Mezzogiorno si stiano preparando a truffare lo Stato o siano a conoscenza di persone che lo stanno per fare. Altrettanto significativo è che la convinzione è diffusa tra il 53% dell’elettorato grillino e addirittura il 79% di quello leghista. Insomma, M5S e Lega hanno varato il reddito di cittadinanza ma sono i loro stessi sostenitori a etichettarlo come paga ai fannulloni. Risultati simili alla domanda se il sussidio finirà per essere percepito anche da chi oggi già lavora in nero e continuerà a farlo anche dopo lo stipendio pubblico. Gli italiani, a tutte le latitudini, sembrano dare la truffa per scontata: ne sono convinti l’85% dei cittadini settentrionali e il 75% di quelli centromeridionali. Evviva, diamo uno stipendio a chi ne ha già uno e non lo dichiara al fisco. Ci volevano proprio Di Maio e compagni per arrivare a tanto. Ma evidentemente la cosa non li turba, anzi li galvanizza, dato che la considera assodata anche il 60% dell’elettorato grillino, che in buona sostanza tifa per i truffatori. E pensare che il Movimento si è affermato al grido di «onestà, onestà».
Infine l’ultimo quesito: sarebbe meglio usare i sei miliardi destinati alla paga per i fannulloni per dare invece vantaggi alle imprese che assumono, un po’ come stabilito dal Jobs act di Renzi? La pensa così il 60% degli italiani, con percentuali simili nelle varie Regioni ma, sorpresa, con un Sud (53%) più propenso del Centro (45%) a questa soluzione, auspicata dal 60% dei settentrionali. Pesa qui la vecchia mentalità statalista e anti-imprese che la sinistra ha sparso nelle regioni rosse, diventate in molte fasce della popolazione culturalmente sospettose degli imprenditori. Secondo l’autore del sondaggio, Arnaldo Ferrari Nasi, «in caso di referendum, una campagna elettorale informativa a favore del sì al reddito non cambierebbe il quadro, anzi tenderebbe a fare propendere gli indecisi verso la scelta dell’abolizione in quanto la misura, anche tra coloro che si definiscono poco informati, è rifiutata a pelle». Considerato che il reddito ha una funzione elettorale, i dati del sondaggio suggeriscono che la scommessa grillina è perdente. Anziché rafforzato, il Movimento rischia di uscire indebolito dalla paga ai fannulloni, che accontenterà chi la riceverà, non si è ancora capito se cinque o, più probabilmente, tre milioni di cittadini, ma va di traverso a tutti gli altri. Suicidarsi è un diritto di ogni politico. Secca che un partito lo faccia con i soldi dei contribuenti e facendosi beffe della loro volontà.