Massimiliano Panarari per ''La Stampa'', 21 gennaio 2019
OTTANTA VOGLIA DI REVIVAL - PANARARI: DA ''BOHEMIAN RHAPSODY'' A CELENTANO VERSIONE MILO MANARA VINCE LA NOSTALGIA PER IL DECENNIO CHE NON FINISCE MAI. PURE LA ''GIOVANE'' NETFLIX, TRA ''STRANGER THINGS'' E L'EPISODIO DI ''BLACK MIRROR'' PIÙ FOLLE (''BANDERSNATCH'') È IN PIENA MANIA - A SANREMO C'È BAGLIONI, LA POLITICA LA FANNO CUCCARINI E HEATHER PARISI. E FRECCERO RIPROPONE GRILLO, FUNARI, TORTORA E BENIGNI ANNI '80 -
C' è un decennio che non finisce mai, a dispetto dello scorrere del tempo. Perché costituisce, letteralmente, uno stato mentale, e un luogo dell' anima. Sono gli Anni 80, un must, e un fattore di irresistibile nostalgia per l' Italia attuale. Come ci confermano gli spettacoli che vanno per la maggiore e vari fenomeni della cultura pop del momento. L' elenco è praticamente infinito, e comprende prodotti dell' industria dei media tutta made in Italy, oppure tendenze o programmi internazionali pieni di rimandi a quel periodo che ottengono un successo travolgente anche dalle nostre parti.
Si può cominciare con la serie-evento di Canale 5 Adrian , il telefilm di animazione nato dalla sinergia tra Adriano Celentano, Milo Manara e Nicola Piovani: ed è giustappunto difficile trovare qualcosa di più Anni 80 dell' epopea del tele-Celentano. I film di animazione su cantanti e band imperversavano già nei 70, ma è nel decennio successivo che i cartoni animati si tramutano per alcune fasce generazionali in una componente centrale del proprio personale romanzo di formazione; e si tratta infatti di molti degli adulti che oggi decretano il boom di ogni merce culturale e show che profuma di quella belle époque attraverso la quale si entra definitivamente nella postmodernità.
Se dal salotto di casa ci si sposta in qualche multisala cinematografica, la nouvelle vague si rivela quella dei cicli di film di anime e manga giapponesi che possono sempre contare su un pubblico nutrito. Sul grande schermo ha trionfato Bohemian Rapsody , una pellicola che ha fatto venire qualche mal di pancia ai fan più puristi, ma ha sbancato al botteghino, vero e proprio monumento cinematografico alla musica commerciale così squisitamente Anni 80 dei Queen.
Se veniamo poi al versante dei serial tv per palati sofisticati, è di pochissimo tempo fa l' uscita, salutata da un grande interesse, dell' episodio «Bandersnatch» di Black Mirror , dove tutto - dall' ambientazione d' epoca al soggetto (i videogiochi) - risultava targato Eighties. E l' universo di Netflix ha proposto anche Stranger Things , altra serie collocata in quel periodo.
Se passiamo alla musica in televisione, il Festival di Sanremo dell' anno 1 dell' era populsovranista ha come direttore artistico quel Claudio Baglioni (reduce da una telefonata di riconciliazione con Matteo Salvini) che sempre negli Ottanta vide esplodere la propria stella. Da quel decennio sembra inoltre arrivare per direttissima la polemica tra le nemiche (assai poco) amatissime Lorella Cuccarini in vesti sovraniste e Heather Parisi «multicultural».
E, a guardare bene, la punta di lancia della Rai sovranista è quel Carlo Freccero che, negli anni Ottanta, era uno dei teorici della neotelevisione. La sua Rai 2 pare un magazzino di simulacri baudrillardiani, risuscitati da quei tempi mediante l' annunciato format dei «grandi della Tivvù», autentici blob delle presenze televisive del passato di Celentano (ci risiamo), Benigni, Funari e Tortora, partendo (guarda un po') con C' è Grillo , in prima serata il 28 gennaio.
Ora, si sa che nello show business si ricicla al massimo ogni idea vincente. Ma questo non è (o, per meglio dire, non è soltanto) citazionismo vintage. È un clima di opinione vivissimo e vegeto. Gli Anni 80 identificano il decennio che non finisce mai perché una grossa fetta dell' immaginario degli italiani sembra voler tornare (ovvero, si rivela bloccata e congelata) laggiù, quando ogni cosa era bella, c' era la Milano da bere, la Borsa galoppava e il tubo catodico era diventato improvvisamente coloratissimo ed eccitante.
Tutto, in un certo qual modo, vero; peccato che da allora, allo scopo di mantenere uno sviluppo che cominciava a farsi più apparente che reale (altro, ahinoi, che il nuovo miracolo economico vaticinato dal vicepremier Di Maio), sia stata fatta correre all' impazzata soprattutto la spesa pubblica. E, quindi, anche il debito pubblico, che per svariati politici nostrani non rappresenta un problema serissimo, ma una mera scocciatura da levarsi di dosso a colpi di alzate di spalle.
Ecco, allora, la nostalgia canaglia di quando tutto sembrava andare per il meglio, e si stabilì il principio dell' irresponsabilità rispetto alle pesantissime conseguenze future. Gli «infiniti Anni 80» sono così la declinazione nell' industria culturale e dello spettacolo di questa retromania, la trasposizione nazionale di quella che Bauman ha chiamato «retrotopia». Che si sposa alla perfezione con il neopopulismo, aggressiva narrazione di un passato mitizzato e balsamo (risentito e reattivo) per l' età dell' ansia.