La Stampa, 21 gennaio 2019
La mappa delle infrastrutture congelate
Per far digerire il No alla Tav, i Cinque Stelle potrebbero far ripartire le altre grandi opere congelate. Nella lista non ci sono solo strade e ponti, ma anche strutture importanti per la sicurezza dei cittadini. Le grandi infrastrutture ferme in Italia sono 27 e coprono tutto il territorio nazionale. Il numero si riferisce solo a quelle superiori ai 100 milioni di euro, bloccate per motivi burocratici e soprattutto politici, a cui si sommano le centinaia di opere più piccole rimaste congelate e che è difficile censire. Il valore totale di questi interventi importanti che sono in attesa di ripartire è di 25 miliardi di euro, una somma notevole che potrebbe fare da volano per l’economia, secondo quanto spiegato dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia.
Non c’è dunque solo la Tav su cui i Cinque Stelle vogliono dire no - il valore è di 4,7 miliardi di euro - ma anche altri cantieri sparsi da Nord a Sud, «grandi interventi di collegamento e di ammodernamento di infrastrutture esistenti per migliorare la competitività dei territorio», spiega l’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori. Le grandi opere bloccate - che l’associazione ha censito sul sito sbloccacantieri.it - sono soprattutto al Nord: sono 16 per un totale di 16 miliardi di euro di investimenti. Lo stop ai cantieri interessa anche il centro-sud Italia. Qui ci sono undici opere in attesa, del valore complessivo di 8,4 miliardi.
I cantieri bloccati
L’opera ferma più costosa in termini di investimenti è la Gronda di Genova, che vale 5 miliardi e che dopo il crollo del ponte Morandi è ancora più cruciale. A seguire c’è la realizzazione della terza corsia dell’A11 tra Firenze e Pistoia da 3 miliardi, il sistema di tangenziali venete nel tratto Verona-Vicenza-Padova da 2,2 miliardi, la tratta Brescia-Verona dell’Alta velocità da 1,9 miliardi e l’autostrada tirrenica da 1,8 miliardi.
Alcune delle altre grandi opere ferme sono l’autostrada Cremona-Mantova da 1 miliardo, il nodo ferroviario di Genova da 620 milioni, la statale Maglie-Leuca in Salento da 300 milioni, l’A33 Asti-Cuneo da 350 milioni, il tunnel del colle di Tenda da 180 milioni. Non ci sono comunque soltanto strade e ponti. Anche i cantieri per la costruzione di due ospedali sono bloccati. Quello di La Spezia, in Liguria, del valore di 131 milioni di euro, considerato fondamentale per la città, e il completamento dell’Ospedale Morelli di Reggio Calabria, da 114,9 milioni.
La spinta all’occupazione
Nell’intervista a La Stampa si riferiva proprio a queste opere il presidente di Confindustria Boccia, secondo il quale serve «l’immediata attivazione dei cantieri con le risorse già stanziate». Questi lavori infatti avrebbero una ricaduta sull’economia di 90 miliardi di euro e una spinta all’occupazione di 400 mila posti di lavoro. «Sarebbe una mossa anticiclica e virtuosa per l’occupazione», ha spiegato Boccia.
Il problema comunque non è nuovo e non va certo addebitato esclusivamente al governo Lega-Cinque Stelle, nonostante in seno all’esecutivo ci siano posizioni differenti sul tema. Il Carroccio infatti si è sempre schierato a favore delle nuove opere, mentre i grillini hanno detto più volte no nel corso degli ultimi anni, sia a livello nazionale che locale. Portare avanti questi lavori appare dunque sempre più complicato: i problemi sono di natura burocratica, con le tante leggi in cui districarsi e le numerose richieste di autorizzazioni; ma soprattutto il problema è politico e viene affrontato non solo nei palazzi di Roma ma anche nelle amministrazioni locali e nelle Regioni. Per completare queste opere infatti spesso occorrono molti anni e con l’alternarsi di amministrazione di un colore o dell’altro arrivano puntuali le riprogrammazioni, le modifiche, le sospensioni e a volte addirittura la chiusura definitiva del progetto.