L’Economia, 21 gennaio 2019
Ci aspetta l’invasione dei telemigranti
Se non ci siamo ancora pienamente accorti di vivere questa transizione epocale, è perché la rivoluzione globotica si sta insinuando nelle nostre economie in punta di piedi. Come gli smartphone qualche anno fa si sono infiltrati nelle nostre vite un po’ per volta, fino a diventare parte di noi. Così sta facendo il digitech. Un’avanguardia di intelligenze remote e intelligenze artificiali si prepara a competere con i lavoratori dei paesi sviluppati, in un numero crescente di settori che finora erano sembrati a prova di crisi. Alla fine forse il mondo sarà un posto migliore, ma per chi arriva all’appuntamento impreparato il passaggio potrebbe essere tutt’altro che indolore.
La teoria Lo sostiene l’americano Richard Baldwin, in forze al Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra, autore di un libro appena uscito per la Oxford University Press (The Globotics Upheaval: Globalization, Robotics, and the Future of Work). Se siete in procinto di decidere su quale futuro professionale scommettere per voi o per i vostri figli, si tratta di una lettura consigliabile. A patto di mettere in conto qualche brivido lungo la schiena.
Partiamo da quella parola: globotica. Indica la combinazione di una nuova forma di globalizzazione e di una nuova forma di robotica. A spostarsi da un angolo all’altro del globo non sono più solo le merci e le braccia, ma anche le menti, e per farlo non devono nemmeno uscire di casa. Un ingegnere indiano, un programmatore pakistano o un commercialista filippino possono già prendere il posto dei colleghi occidentali di medio livello, offrendo i propri servizi super-scontati sulle piattaforme di freelancing online.
Il rapporto magari non sarà di uno a uno, ma un team di sette professionisti remoti e sette locali potrebbe fare di più a meno, rispetto a una squadra di dieci professionisti locali.
Per il suo sito web lo stesso Baldwin si serve di una redattrice tailandese provvista di master americano in relazioni internazionali, reclutata a Bangkok attraverso la piattaforma Upwork.com. È possibile assumere e licenziare nel tempo di un clic, mentre per documentare le ore lavorate bastano i controlli periodici alle schermate del freelance in remoto.
Il mercato è ancora dominato dall’inglese, ma in futuro la lingua sarà meno rilevante, grazie al salto di qualità che il machine learning sta regalando alle traduzioni automatiche. Le università cinesi laureano otto milioni di studenti l’anno, molti dei quali sottopagati in patria e pronti a diventare nostri colleghi o rimpiazzi. Anche i laureati italiani potranno telemigrare senza prendersi il disturbo di fare le valigie, certo, ma dovranno accontentarsi di poco o fare meglio degli altri.
Gruppi «liquidi»I gruppi di lavoro saranno liquidi e non è lontano il giorno in cui i telecollaboratori potranno partecipare alle riunioni importanti, incarnandosi in avatar dinamici, magari fuori dal monitor, con ologrammi in 3D. Un robot di telepresenza, ad esempio, si è già affacciato nella redazione di Wired, permettendo a una giornalista di Boston (Emily Dreyfus) di partecipare ai brainstorming di San Francisco. Ma nemmeno i telemigranti potranno dormire sonni tranquilli. La parte più prevedibile delle loro mansioni infatti potrà essere assegnata direttamente ai globot, che surclasseranno gli umani in compiti come passare in rassegna tonnellate di documenti alla ricerca di dati, quotazioni o precedenti legali, e impareranno a interagire con gli utenti in modo simil-empatico. La tendenza più rilevante è che, grazie al machine learning, i computer stanno attraversando la linea rossa che separa l’obbedienza dalla cognizione. Oltre ad eseguire i compiti per cui sono programmati, imparano rapidamente a imparare dall’esperienza.
La globotica dunque investirà anche e soprattutto il settore dei servizi, cresciuto con la deindustrializzazione innescata dalla prima trasformazione digitale, a partire dagli anni ’70, e lo farà rapidamente. Il nostro cervello è abituato a una logica lineare, perché discendiamo da popoli cacciatori e raccoglitori. Fatichiamo a immaginare che, dopo i piccoli e lenti progressi iniziali, una tecnologia possa mettere il turbo. Se Baldwin ha ragione, dunque, l’esplosione della globotica ci coglierà di sorpresa con la sua crescita esponenziale.
Lo scenarioQuali professioni si salveranno dallo tsunami? Quelle che richiedono interazioni continue e dirette e sono basate su abilità intrinsecamente umane, come la socialità, la creatività, la soluzione di problemi mal definiti o inattesi. Maestri elementari e scienziati, ad esempio, hanno poco da temere. Nuovi lavori saranno inventati, ma è difficile prevedere quali. Il problema è che nulla garantisce che la distruzione dei vecchi posti e la creazione dei nuovi procedano di pari passo. Di certo i lavoratori dei trasporti si opporranno ai veicoli senza conducente, ma altre dinamiche saranno più carsiche. Se il malessere dei colletti bianchi si salderà a quello dei colletti blu, non mancheranno gli scossoni politici.