La Lettura, 20 gennaio 2019
La fragilità dei Rothschild, sfacciatamente ricchi e soli
Erano così ricchi e potenti, si diceva, che nelle giornate uggiose noleggiavano il sole affinché brillasse per loro. I Rothschild, la più famosa dinastia europea della finanza, per duecento anni esercitarono grandissima influenza sulla storia economica e politica d’Europa: Mayer Amschel e i suoi figli – Amschel, Salomon, Nathan, Karl, James – uscirono dal ghetto ebraico di Francoforte per diventare banchieri internazionali, con sedi in tutta Europa. Cinque figli maschi furono mandati a conquistare il mondo; o perlomeno il mondo che allora contava. Affascinanti come i Buddenbrook narrati da Thomas Mann, con la grandeur di un romanzo ottocentesco, i Rothschild furono per quasi un secolo la famiglia più ricca del mondo. Le Merrill Lynch, Morgan Stanley, J. P. Morgan e Goldman Sachs dei tempi d’oro messe insieme non facevano i Rothschild. C’è un solo potere in Europa, dicevano i contemporanei, ed è quello dei Rothschild, ricorda lo storico Niall Ferguson, biografo ufficiale, nel primo di due volumi sulla famiglia (The House of Rothschild, volume 1. Money’s Prophets: 1798–1848; l’altro è The House of Rothschild, volume 2. The World’s Banker: 1849–1999, pubblicati da Penguin nel 1998 e inediti in Italia). Collezionisti d’arte, proprietari di ville e castelli in cui esporli, e poi gioielli, uova di Fabergé, auto, cavalli e soprattutto debiti. Di capi di Stato e di governo.
Un libro, due serie per la televisioneOra la storia dei Rothschild viene rispolverata da un libro e due serie tv. I Goldbaum, romanzo storico dell’inglese Natasha Solomons, in uscita per Neri Pozza il 27 gennaio (Giornata della Memoria), che ha già venduto i diritti televisivi a Itv e scritto la puntata pilota. E Five Arrows, dallo stemma dei Rothschild, che Julian Fellowes (l’autore di Downton Abbey) sta scrivendo per Instinct Productions, casa di produzione di Jemima Khan (erede Goldsmith i cui due fratelli hanno sposato donne Rothschild) e Sky Atlantic. Entrambi i progetti portano in primo piano le donne della famiglia; entrambi gettano luce nuova sulla complessità dell’identità ebraica all’inizio del XX secolo e sul ruolo delle banche nei finanziamenti alla causa bellica. «Per tutta la mia infanzia – racconta Solomons a “la Lettura” – nella casa di campagna dei miei genitori, nel Dorset, campeggiava un ritratto. Scoprii che era di un mio antenato che si chiamava Schwartzshield: un vicino dei Rothschild, che avevano lasciato il ghetto di Francoforte nello stesso periodo della mia famiglia. Per mesi ho fatto ricerche, volevo saperne di più. Avevo scritto già romanzi di ambientazione storica, ma questo era diverso. Avendo a che fare con l’identità ebraica, era “pericoloso”. Le storie delle famiglie ebree sono spesso d’impotenza e di disperazione: io volevo scriverne una di potere. E però anche di nobiltà d’animo, perché i Rothschild, nonostante tutte le loro ricchezze, non dimenticarono mai d’essere ebrei e avevano il senso della vulnerabilità di razza. Mentre altri ricchi ebrei europei si convertivano, loro restarono ebrei, la cosa più vicina che gli ebrei d’Europa avessero a una famiglia reale, e fu quest’attaccamento alla religione che li fece diventare bersaglio di sospetti. La fortuna dei Rothschild oggi è un centesimo di quello che è stata ma il loro nome continua ad essere sinonimo di sfarzo e soprattutto ambiguità, perché non c’è teoria del complotto che non li riguardi. Ma se vivevano in palazzi lussuosi, in realtà conducevano una vita molto parca».
Donne in primo pianoSe inedito, rispetto alla storiografia tradizionale, è nel romanzo di Solomons (che si è ispirata anche ad altre dinastie, come i Goldsmith e gli Ashkenazy) il personaggio di Greta, giovane Goldbaum che nella Vienna del primo Novecento deve piegarsi ai voleri di famiglia andando in sposa a un cugino inglese, la stessa figura femminile sottolinea una prassi dei Rothschild per non disperdere ricchezze: come i reali, si sposavano fra loro. «Per noi ebrei, ripetevano, e in particolare per noi Rothschild – ricorda l’autrice – è meglio non imparentarsi con altre famiglie, perché costa e porta a spiacevolezze». Si può vederla da un’altra prospettiva, aggiunge Solomons: «Come un modo per una figlia di non cadere vittima di cacciatori di dote. Ma essere principi ebrei doveva essere fonte di grande isolamento». La sua Greta è un personaggio moderno. «Laddove per i Goldbaum esistono il dovere e l’onore, lei vuole essere felice. Quella felicità che per le famiglie di allora era un concetto alieno. Che significato ha tutto questo senso del dovere per il proprio Paese e per la propria gente, chiede Greta, se generazione dopo generazione siamo così infelici?».
Banchieri di DioL’ascesa irresistibile dei Rothschild dopo la Rivoluzione francese non ha eguali. Nel mettere insieme la più grande fortuna privata della storia, crearono il primo mercato obbligazionario globale, oltre alla prima vera banca d’affari internazionale, con sedi a Londra, Parigi, Francoforte, Napoli e Vienna. Salvarono la Banca d’Inghilterra, furono i money manager di Bismarck, prestarono più volte soldi al Papa. «Il Pontefice vorrebbe mandare Rothschild al rogo – era una battuta del tempo – ma si accontenta d’invitarlo a pranzo». Oppure: «Giuda vendette Gesù per trenta denari, il Papa se li fa prestare dai Rothschild». Rothschild che prosperarono non tanto massimizzando i profitti negli anni di boom ma navigando le tempeste finanziarie meglio dei rivali. «Alla fine del Settecento, Mayer Amschel era il più ricco ebreo di Francoforte», nota Fellowes: «Un capolavoro d’astuzia. Ma il suo genio fu mandare i 5 figli presso le capitali d’Europa, a conquistarle: tempo dieci anni ebbero tutti enorme successo. Il segreto dei Rothschild, ciò che li distingue da altre grandi famiglie, fu proprio l’unione tra fratelli. In punto di morte Mayer Amschel gli aveva fatto giurare che si sarebbero aiutati l’un l’altro, e mai divisi. E così fu, anche se di tempeste ce ne furono». Sembra di risentire il padre nelle lettere di James, che nel 1847 scriveva: «L’unica mia felicità è l’unità della mia famiglia». Curiosamente, proprietario di Highclere Castle, dov’è ambientata Downton Abbey, è il conte di Carnarvon, un cui antenato sposò la figlia illegittima di Alfred de Rothschild, nipote del patriarca fondatore.
Ascesa e decadenzaInizialmente disprezzati come nouveau riche, i Rothschild divennero presto i padroni dell’universo. A cena con Benjamin Disraeli, a caccia con il principe di Galles, sensali per Napoleone III. Contemporaneamente, si dedicavano a opere di beneficenza, usando la loro crescente influenza per l’avanzamento degli ebrei. Proprio Ferguson sostiene che le origini dello Stato d’Israele possono essere rintracciate in una lettera a Lord Rothschild. E però, proprio come ne I Buddenbrook di Thomas Mann, la decadenza della famiglia è già intuibile alla terza generazione. Minore forza imprenditoriale, minore genio finanziario. Alla quarta generazione, l’estetica aveva soppiantato l’ascetismo. Così, Lionel Rothschild si dedicava all’orticultura con un esercito di 400 giardinieri, Edouard praticava la passione per i cavalli da corsa. In banca, fratelli e cugini arrivavano alle 11 per andarsene alle 2 del pomeriggio. L’errore più grande dei Rothschild fu l’incapacità di fare banca nella terra delle opportunità, gli Stati Uniti. «Resta nel Nuovo Mondo», si trova nelle corrispondenze tra una madre e un figlio Rothschild lette anche da Solomons. «Se viene il peggio, se il vecchio mondo dovesse cadere, cosa che Dio non permetterà, sarà per noi una nuova patria». Non accadrà. J. P. Morgan aveva già insidiato i Rothschild come fulcro della finanza bellica nel primo conflitto mondiale, poi fu la volta dei Rockefeller. Contemporaneamente, nuovi rivali si affacciavano in Europa. Anche nelle comunicazioni, già fondamentali per l’ascesa dei Rothschild, che controllavano il flusso di notizie grazie a un network di efficacissimi corrieri cui si affidavano anche i capi di Stato. «Ma con l’avvento del telegrafo, chiunque può ottenere informazioni», si lamentava James.