il Fatto Quotidiano, 20 gennaio 2019
Intervista a Frank Matano
“In questo lavoro in particolare, nella vita in generale ci sono momenti in cui hai bisogno di aggrapparti a oggetti o persone per ritrovare fiducia in te stesso, quando il tuo ego va nutrito in superficie e sorridi beota allo specchio. Così un giorno ho acquistato una cabriolet con sotto il cofano un numero di cavalli imbarazzante, una roba da vero cretino, e me ne rendevo conto: quando tornavo al paese la parcheggiavo lontano per evitare gli sguardi degli altri, in particolare gli amici del bar. Non li avrei retti, i loro giudizi mi avrebbero trapassato. Dopo pochi giorni sono andato a sbattere, non proprio distrutta, ma ho deciso di non ripararla. Abbandonata dal carrozziere. E all’improvviso è come se mi fossi svegliato da una sbornia: ero e sono momentaneamente guarito. Ora non guido quasi mai”.
Frank Matano per molti versi è ciò che uno non si aspetta, è un incrocio bislacco di contraddizioni apparenti. Sorride e riflette. Sorride ancora, e all’improvviso allontana la riflessione magari con una (presunta) provocazione; poi ammette sottovoce di amare la filosofia, anzi di averla scoperta troppo tardi, allo stesso tempo rivendica soddisfatto la paternità di alcuni dei suoi primi scherzi pubblicati online, milioni di visualizzazioni, con lui mentre si avvicinava alle persone e le “aggredisce” con peti rumorosi e ripetuti.
Lui nasce da Youtube. È considerato un mito della Rete. Un antesignano. Ha capito prima di altri il nuovo linguaggio e ne ha sfruttato le potenzialità; poi è arrivata la televisione (è stato una iena di Italia 1), ancora Internet, il cinema, fino a diventare uno dei giudici di Italia’s Got Talent trasmesso su Sky e Tv8.
Sui social c’è la mania del “dieci anni fa ero…”
Rispetto ad allora sono molto più sereno: prima avevo paurissima di questo mestiere, mi ponevo mille dubbi, oggi meno; resta un fondamentale “però”: non ci si può mai definire certi di se stessi. E per salvarmi cerco di aggrapparmi all’entusiasmo.
Fondamentale.
Serve a non abituarmi alla vita attuale.
Quando si riguarda?
Sono molto meno stupido di allora, penso maggiormente all’azione e alla conseguenza, capisco la responsabilità, non espongo troppo il mio lato coglione.
Si sente coglione.
Lo siamo un po’ tutti, poi dipende da quello che si trasmette. E scherzare è pericoloso: con una battuta si può esprimere per sbaglio quello in cui non si crede.
Soluzione.
Imparare a conoscere i limiti e mantenere i confini della contestualizzazione del pensiero.
Mentre un tempo.
Andavo a ruota, acceleratore al massimo, non pensavo al dopo; per fortuna non ho mai causato veri danni. Negli Stati Uniti c’è un detto perfetto: “Già hai fatto la cosa che ti rovinerebbe”.
La sua qual è?
Non si può dire.
C’è.
Ognuno ne ha alcune, ma deve celarle, farne tesoro, capire.
Alcuni suoi scherzi sono dei peti in pubblico.
Toccano una parte primordiale di noi, la comicità fisica non ha tempo, non tramonterà mai e funziona in tutto il mondo; mentre la maggior parte della comicità è racchiusa nel suo contesto culturale.
Esempio.
Alberto Sordi in Giappone non fa ridere; Chaplin sì.
Ugo Tognazzi?
Molto italiano, come Massimo Troisi.
Li conosce così bene?
Tognazzi non benissimo, ho visto pochi film e da piccolo; mentre Troisi è imprescindibile per chi vuole intraprendere questa carriera: emette una luce così forte da obbligarti a imitarlo.
Contagioso.
Ho visto i suoi film, e per salvaguardare la mia autenticità, mi sono promesso di evitarlo in futuro.
Il suo mito.
Jim Carrey: da bambino impazzivo per lui, poi a 14 anni ho scoperto gli stand-up americani (il cabaret dove l’artista resta in piedi) e da allora sono fissato, ogni sera cerco qualcosa.
Si ritiene un comico?
Ho l’ossessione di far ridere.
Anche a scuola?
Sono sempre stato molto estroverso.
Tre anni fa si è definito timido.
La peggior timidezza è quando sei estroverso, perché all’improvviso arriva il momento in cui vuoi stare in disparte, e tutti si domandano se stai male.
Per alcuni anni è vissuto negli Stati Uniti.
I genitori di mia madre erano emigranti: un’estate decidono di tornare al loro paese, Carinola, insieme alla figlia; quando mio padre ha scoperto l’arrivo di questa ragazza straniera, ha deciso di rimorchiarla. Alla fine si sono sposati.
E come si è trovato negli States?
Indossavo la maschera dell’italiano, e ciò ha giocato a mio favore, ero quasi esotico, tutti mi chiamavano Totti per via del mio nome.
In Italia, invece.
Ero ’O americano.
E il mito del paese.
No, mi trattavano solo da bravo paesano.
Mai stato bullizzato?
Eccome, in particolare alle medie: ero il più piccolo.
E…
Un po’ soffrivo e mi illudevo fosse la normalità: da noi utilizzare le mani è quasi un’esperienza antropologica, la fisicità è vissuta diversamente.
Subiva.
Non avevo il fisico, le prendevo e basta; circa una volta al mese erano ceffoni in testa e pedalare.
Un tagliando.
Più o meno.
A casa si lamentava?
No, non capivo. Ero proprio convinto fosse una questione comune, non un problema che mi riguardava nello specifico.
Pure Ibrahimovic l’ha minacciata…
(Lo ha perseguitato con domande imbarazzanti e l’ex milanista non ha reagito benissimo) Aveva ragione, gli ho rotto le palle.
Alla fine del video le ha detto “portami tua sorella”.
Sarei stato contento, mia sorella non lo so, diciamo che avrei approvato l’unione.
Vanessa Incontrada si definisce gelosa perché le ha rubato Bisio.
Claudio è magnetico, è bello stare con lui: è uno dei pochi in grado di ascoltare chi ha di fronte, e senza fingere.
Le sta insegnando a gestire la fama?
Non esistono consigli pratici o formule magiche, si può solo osservare e cercare di capire, e accade in tutti i momenti vissuti insieme, con lui perennemente in fase zen.
E quando i ragazzi domandano consigli a lei?
Ogni frase è inutile, l’unica risposta giusta è “provaci” e soprattutto bisogna essere perseveranti e sistematici, pubblicare e ancora pubblicare nonostante l’assenza di risposte. Funziona l’affezione.
Quanto ha impiegato per emergere?
Un paio di anni.
Durante i quali?
Ho provato a studiare lingue, ma non ho dato neanche un esame: in teoria volevo insegnare inglese in Italia o italiano negli Stati Uniti.
I suoi genitori?
Preoccupati, mi vedevano tutto il giorno al computer, ma in realtà studiavo il meccanismo di Youtube: 10 anni fa era incomprensibile ai più. Però mi supportavano, e ridevano dei miei filmati.
Un vantaggio grazie ai suoi anni negli Stati Uniti.
Questo è vero, quando siamo tornati a vivere in Italia avevo già capito meccanismi sconosciuti da noi, mentre erano palesi oltreoceano.
Allora lavorava?
A Carinola non era necessario, lì campi con niente: mangiavo e dormivo a casa, e quando uscivo, al massimo spendevo tre euro.
Da Carinola all’Italia.
È il potenziale di Internet, l’ho sfruttato.
Però la consacrazione è arrivata anche per lei grazie alla televisione.
È una questione di limite mentale delle persone: la tv mi ha legittimato, ma guadagnavo più con la Rete che da inviato delle Iene.
Le telecamere la angosciavano?
Tantissimo, soprattutto per la pressione dei colleghi: dietro sentivo un perenne “ma chi cazzo è questo”, e non stavo a mio agio, dentro di me pensavo “forse hanno ragione”.
A 30 anni è lei a valutare in un talent.
Nella prima stagione ero in crisi. In testa mi ronzava un “chi sono io per giudicare loro”, ed è difficile sedersi dietro quella scrivania se poi sei invaso da certi pensieri.
Oggi?
Sono sicuro di saper riconoscere un talento.
Si esibiscono concorrenti veramente capaci?
Alcuni sì, Italian’s è una buona vetrina, molti aspiranti poi trovano ingaggi e serate.
È astemio?
Non ci penso proprio.
I suoi genitori sanno tutto di lei?
Non ci penso proprio.
Lei si definisce fragile?
Rispetto alla popolarità, sì. Di persona no.
Nel mondo dello spettacolo c’è una depressione comune.
Non più solo tra le presunte star, è generale: con i social tutti hanno la necessità del consenso, i like sono un piccolo metro di cos’è la popolarità, di quali sono i meccanismi, basta solo moltiplicarli e il risultato è ottenuto.
Riceve proposte oscene?
Su Internet sono arrivate a offrirmi le mutande sporche o le foto dei piedi. Non ho risposto.
Tentazioni?
Pratico la masturbazione.
Cioè?
Se qualcosa mi eccita oltremodo e non posso, allora allevio la tensione.
Acquista i giornali?
Di carta? No.
Telegiornali?
Quasi mai, mi informo su Internet e seguo i profili di chi mi interessa.
Tipo?
Enrico Mentana o Selvaggia Lucarelli.
Cosa vede in tv?
I quiz.
Cinema?
Tanto, mentre le serie tv mi hanno un po’ stancato, forse perché le ho viste tutte.
Il suo scherzo a Paolo Brosio è storico.
(Lo ha chiamato fingendosi papa Francesco: l’ex giornalista è scoppiato in una crisi di pianto) Mi sono un po’ pentito, ci è rimasto troppo male.
Però lei rideva.
Per smorzare il disagio, non mi aspettavo una reazione del genere, per questo lo abbiamo interrotto prima del previsto.
C’è differenza tra destra e sinistra?
Sì. E in questa fase il mondo si è spostato molto a destra.
E l’effetto conseguente?
C’è meno dialogo tra chi la pensa diversamente.
Lei cosa vota?
Non rispondo: non ho voglia di farmi incapsulare in un titolo o in una frase sola.
Preferisce più Che Guevara o John Wayne?
Non mi piace la domanda… tutti e due. (Ci pensa) Mettiamola così, non apprezzo Trump.
Prima soddisfazione economica.
Poter saldare il mutuo di casa dei miei genitori: ci siamo trovati davanti a quel foglio e siamo scoppiati a piangere.
Il lusso per lei.
Non avere reali obblighi, non dover riproporre una quotidianità ripetuta. Amo i periodi liberi, durante i quali gestisco il tempo a seconda della necessità momentanea.
Traduciamo.
Restare sveglio senza orario, giocare ai videogames, vedere un film, leggere di filosofia, e soprattutto avere la possibilità di dedicare attenzione e tempo agli affetti. Non chiudermi in quelle tipiche frasi da uomo arrivato “scusa sono molto impegnato”.
Legge di filosofia.
Sì, mi piace tantissimo.
Lei è un uomo?
Non ci penso proprio. Voglio avere trent’anni.