Libero, 20 gennaio 2019
Gli andamenti delle Borse decisi dai robot
L’ultimo allarme è stato lanciato dalla banca d’affari statunitense Goldman Sachs. I robot, vale a dire le piattaforme di trading computerizzate, hanno ormai preso il controllo dei mercati finanziari. Lì, fanno il bello e il cattivo tempo prendendo decisioni molto spesso incomprensibili agli umani e facendo oscillare gli indici sulla base di “capricci” da algoritmo. In pratica i grandi intermediari si affidano sempre più all’intelligenza artificiale per effettuare operazioni di borsa e seppure a programmarla sia stata quella custodita in una scatola fatta di carne e ossa, il rischio di perdere il controllo del pargolo tutto chip e codice binario è ormai diventato molto, troppo alto. È molto probabile che Goldman Sachs, la cui divisione di trading ha un peso sul mercato non indifferente, parli per essersi già scottata le dita a furia di giocare con le stringhe di codice. In ogni caso, il suo peso consiglia di non prendere alla leggera l’sos. Come riporta Milano Finanza, secondo la banca d’affari americana la quota di mercato controllata dagli algoritmi è passata dal 25% del 2004 a quasi il 70% dello scorso anno nell’intero comparto azionario, da quasi zero al 50% per i futures, da zero al 40% per le opzioni, da zero al 30% nelle valute, da zero al 10% nel reddito fisso.
IL DOMINIO
Il mercato più interessato, continua MF, è quello degli Stati Uniti con il 70% circa, mentre l’Europa si posiziona attorno al 50%, l’Asia sotto il 40% e l’America latina al 25%. L’intelligenza artificiale applicata alle piazze finanziarie non prende decisioni solamente sulla base dei flussi di denaro che si riversano sui titoli o sulla quantità di ordini immessi per comprare o vendere un’obbligazione. Ma è in grado di valutare una notizia. Questi cervelli elettronici immagazzinano e vivisezionano una valanga di lanci di agenzia al secondo e scansionano le rete a caccia di notizie sensibili. Riescono a estrapolare dal contesto persino il senso della notizia, vale a dire se quello specifico caso di cronaca finanziaria (e non) è in grado di pesare su un singolo titolo, su un comparto o su una valuta. L’esempio più semplice è quello di una società quotata che diffonde i dati di bilancio. Il computer li elabora in pochi millesimi di secondo e decide se è il caso di comprare o vendere quel titolo. Poi ci sono i classici “profit warning”, gli allarmi sugli utili, a volte magistralmente mascherati dagli uffici stampa ma che non sfuggono nella loro criticità all’occhio instancabile del microchip. Ma cosa succede se il genio della lampada deve elaborare, per esempio, il discorso di Mario Draghi?
LE DECISIONI
Quando un presidente della Bce o di qualsiasi istituzione di pari calibro parla, sembra di sentire il discorso di un ambasciatore in piena Guerra fredda (a parte lo storico “whatever it takes” pronunciato cinque anni fa da Supermario e ben capito da tutti). Il discorso va scomposto e ricomposto per coglierne i segnali nascosti. I software installati nelle postazioni dei grandi trader lo fanno ma a modo loro. È questo il senso dell’allarme di Goldman, che evidentemente parla per esperienza. Ci sono crolli e balzi nelle quotazioni che non si riescono a capire. Com’è successo il 5 febbraio del 2018 quando l’indice Vix sulla volatilità si è impennato come mai. «Non c’era nulla nei dati fondamentali per spiegare un salto di questa portata. Invece il picco Vix era chiaramente un riflesso delle dinamiche del trading tecnico», spiega, come riporta MF, Charles Himmelberg, capo economista di Goldman Sachs. Non siamo ancora alla sfida con HAL, il computer assassino di 2001 Odissea nello spazio, ma faremmo bene a non perdere di vista il tema. Poi ci sono le truffe, vale a dire quelle società che fanno immettere ai cervelloni quintali di ordini d’acquisto o di vendita per poi cancellarli in modo da drogare il mercato a proprio vantaggio. A volte li beccano, ma molto più spesso no.