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 2019  gennaio 20 Domenica calendario

Il prof che sul web piace da morire

«Perché amo sciogliere i miei concetti con esempi tratti dalla fantascienza? È più facile indagare cose complicate come la morte immaginando casi in cui le vicende umane prendono direzioni diverse dal mondo reale. Così aiuto a capire». Parola di Shelly Kagan, professore di filosofia a Yale che del "professore" ha ben poco: se ne sta issato sulla cattedra a gambe incrociate, camicia casual e scarpe da ginnastica, tra una citazione di Socrate e una di Kubrick, a insegnare cosa si può pensare della vita e della sua fine, che è davvero " la fine di tutto, senza misteri". Il mistero è allora come conviviamo con la coscienza di essere mortali, e in che modo il destino di ogni homo sapiens possa essere reinterpretato per via razionale, al di fuori di ogni dualismo o visione religiosa. Identità, sogni di immortalità, suicidio: sono i temi attorno ai quali ruotano le lezioni ora raccolte in Sul morire, a giorni in libreria per Mondadori.

Le sue lezioni sulla questione del morire hanno molto successo, in aula a Yale e nelle visualizzazioni online. Si è chiesto perché?
«Pongo domande quali "Esiste l’anima?", "Dovrei temere la morte?". Questioni a cui le persone danno importanza, ma che di rado riusciamo a pensare fuori da un contesto religioso. Ne parlo senza essere tetro. Forse è per questo che apprezzano».
Lei non crede all’anima: quanto il dualismo, da Platone in poi, ha condizionato la nostra visione della morte?
«I dualisti credono nell’esistenza di un’anima immateriale, qualcosa di separato e distinto dal corpo fisico. Prendo la cosa molto seriamente e con cura esamino i vari argomenti filosofici a riguardo. Alla fine, però, arrivo alla conclusione che questi argomenti non siano convincenti. Non abbastanza. Quindi scelgo il "fisicismo"».
Siamo dunque corpi. Capaci di cose fantastiche che ci rendono Persona, ma comunque corpi. Per questo dice che la morte non è un mistero?
«Sì, se il dualismo è falso allora siamo solo dei corpi — oggetti fisici — e nulla più. Chiaro, siamo straordinari oggetti, capaci di innamorarci, scrivere poesia, calcolare. Ma come altri oggetti fisici — la tv o un cellulare — ci rompiamo. Questo è tutto ciò a cui la morte si riduce: i corpi si rompono e non possono più fare queste cose».
Il punto è il nostro atteggiamento nei confronti del morire. Siamo abituati a considerarlo un male in sé. Ma è proprio così?
«Solo se la vediamo in questo modo: siamo vivi e possiamo godere delle meraviglie della vita, allora la morte è male perché ci impedisce di goderne ancora. Non è in sé un male — non fa male "esser morti" —. Lo è per ciò di cui ti priva».
Eppure l’immortalità non le è simpatica.
«Se pensiamo a quanto sarebbe bello essere immortali tralasciamo cosa vorrebbe dire esistere per sempre. Alla lunga, che noia. Vivere per sempre non sarebbe, in realtà, desiderabile. Ovviamente, quasi tutti moriamo fin troppo presto».
E le ipotesi — non è fantascienza — di coscienze "digitali" che sopravvivano al corpo?
«Supponiamo di trasferire la mia "personalità" — le mie credenze, i miei desideri, le mie memorie — su un pc o un corpo duplicato con un cervello vuoto. Quello sarei ancora io? Il duplicato sarebbe convinto di esserlo. Ma da un punto di vista filosofico, di identità personale, non sarei io, ma solamente una copia di me stesso. Io non esisterei più».
Veniamo al tema decisivo. La paura della morte. Dedica molto spazio alla tesi di Epicuro, "se non esisti più perché devi averne paura?".
«Epicuro aiutava gli altri a superare la paura sostenendo che la morte non è male per nessuno. La tesi è affascinante da un punto di vista filosofico, molti la trovano persuasiva, io non sono tra questi».
Perché?
«La paura di morire è appropriata se entrano in scena alcune condizioni. La paura di morire "troppo presto", per esempio, ha un senso razionale. Ma nelle mie lezioni cerco di spiegare che, per quanto la paura di morire in quanto tale sia comune, non ha senso averne. Ma so che anche la mia famiglia pensa che io sia in errore!».
Perché secondo lei togliersi la vita non è sempre sbagliato?
«Gran parte del dibattito pubblico sul suicidio è annebbiato dalle emozioni. Io sono convinto che ci siano casi in cui il futuro di qualcuno potrebbe essere sufficientemente brutto da rendere migliore la scelta di mettere fine alla propria vita piuttosto che continuarla. In alcuni di questi scenari, il suicidio è una scelta razionale».
Cosa pensa se le dico che quando morirà la si vedrà ancora su YouTube?
«Aiutare gli altri è tra le cose che dà senso e valore alla vita. Perciò per me è stato motivo di grande soddisfazione apprendere che le mie lezioni e i miei scritti sulla morte siano stati a volte interessanti e utili per le persone. Il pensiero che questo possa continuare ad accadere anche dopo mi rende a un tempo grato e umile».