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 2019  gennaio 20 Domenica calendario

Custodi di orchidee cercansi

Non è necessario avere il pollice verde, ma bisogna studiare la fisiologia di questi piccoli capolavori vegetali, conoscerne i segreti e magari offrire un pezzo della propria terra per ospitarne qualche pianta. A breve inizieranno i primi corsi per diventare “custodi di orchidee”. Oltre 400 volontari saranno selezionati e addestrati per prendersi cura di questo fiore così prezioso nell’ambito di LIFEorchids, il più importante progetto di ripopolamento di orchidee in Italia coordinato dall’Università di Torino e cofinanziato dalla Ue.
Quasi quattromila nuovi esemplari troveranno una nuova dimora in aree protette create ad hoc a Portofino, in Liguria, una delle culle di biodiversità per questa specie, e nel Parco del Po, in provincia di Alessandria. Nelle prime fasi di crescita le orchidee saranno accudite nei laboratori dell’ateneo torinese, ma una volta travasate in natura toccherà ai partecipanti garantire un futuro (e un fiore) a queste piante. Un compito non semplice. «Le orchidee sono tra le piante a maggior rischio di estinzione», spiega Mariangela Girlanda, docente di botanica all’Università di Torino e coordinatore del progetto. «Per la riproduzione dipendono sia dagli impollinatori che da una serie di microrganismi che si sono rivelati indispensabili in natura per la germinazione dei semi e la sopravvivenza stessa delle piante». Tra le nove specie che saranno trapiantate da scienziati e volontari ci sarà l’orchidea portabandiera per l’Italia. Si chiama Orchis patens: è una varietà endemica della Liguria orientale di cui oggi rimangono meno di dieci individui. «Ne prepareremo altre 400, ma circa la metà è destinata a non sopravvivere», prosegue la botanica torinese. «L’orchidea, quando viene trapiantata, ha un tasso di mortalità che sfiora il 50 per cento». Non solo: per crescere e riprodursi l’orchidea ha bisogno dell’aiuto dell’uomo. Il suo habitat sono i prati secchi, ben esposti al sole e appoggiati sulla roccia calcarea. «È quello che si definisce un ambiente semi-naturale, con coltivazioni o pascoli che contribuiscono a tenere pulito il terreno da altre specie», aggiunge. «In assenza di un intervento umano, i processi naturali penalizzano le orchidee. Che infatti hanno subito un declino anche a causa dell’abbandono dell’agricoltura e dell’allevamento all’aria aperta».
L’orchidea può andare in letargo per anni se il suo ecosistema è minacciato. È una pianta fragile e migratoria. Di recente da una mutazione genetica spontanea della Orchis patens è nata una nuova specie che i botanici hanno battezzato Orchis clandestina per dedicarla a tutte le persone che attraversano prima il deserto poi il Mediterraneo per cercare un mondo migliore. Cresce solo in una porzione limitata della provincia di Genova anche se le sue origini sono nel Nord-Africa.cE come tutte le orchidee ha difficoltà a moltiplicarsi.
Ai volontari del progetto, in una fase successiva, potrebbe essere chiesto anche di imparare a praticare l’impollinazione artificiale. «Quando il numero di esemplari si riduce, i pochi che rimangono tendono a vivere uno accanto all’altro», spiega la scienziata. «Ma è un fenomeno che impoverisce la varietà genetica della specie e innesca una forma di depressione riproduttiva che ne mette a rischio la sopravvivenza».
Nel programma di ripopolamento di LIFEorchids, il cui valore complessivo supera il milione e mezzo di euro, ci saranno comunque 500 ettari tra Piemonte e Liguria dedicati solo alla coltivazione delle orchidee e sotto la rigida tutela dei volontari. Per partecipare i giochi sono ancora aperti: il coordinamento sarà affidato a Legambiente Lombardia. Anche gli agricoltori saranno invitati a offrire un fazzoletto di verde per accogliere le piante. «La maggior parte della superficie di questi due parchi naturali appartiene a privati», conclude Girlanda. «L’obiettivo del progetto è arrivare a firmare almeno 100 accordi con i proprietari di giardini per la custodia». Ma una quota importante dei volontari sono quelli che Legambiente chiama i “custodi senza terra”, semplici appassionati che vogliono prendersi cura di questi fiori.