Il Sole 24 Ore, 20 gennaio 2019
La Coppa d’Asia più ricca di sempre
Il tabellone della Coppa d’Asia 2019 equivale a un trattato di geopolitica. La manifestazione calcistica ospitata negli Emirati, che da oggi vedrà le 16 nazionali più forti sfidarsi negli ottavi di finale, è un condensato della storia, della diplomazia, dei conflitti e delle alleanze politico-religiose che hanno condizionato le dinamiche del continente e non solo nell’ultimo mezzo secolo.
I match del girone di qualificazione che hanno visto incrociarsi le squadre di Iran e Iraq, Arabia Saudita e Qatar sono solo due tra i tanti esempi di come lo sport possa consentire di mettere da parte (e magari aiutare a contenere) conflitti vecchi e nuovi nello scacchiere mediorientale. La presenza nel torneo della nazionale della Palestina (riconosciuta da poco dalla Fifa), ovvero di quelle di paesi devastati da guerre tuttora in corso – come Siria e Yemen – o mai sopiti come il Libano è stato un segnale di grande impatto. Così come fortemente simbolico sarebbe un successo della nazionale dell’Iran sciita, la grande favorita della manifestazione, in un paese sunnita strettamente alleato di Riad, per quanto impegnato da tempo in un processo di modernizzazione in cui il calcio e lo sport rappresentano elementi centrali.
In effetti, in un clima diplomatico già di per sé teso – con l’isolamento del Qatar disposto nel giugno 2017 dall’Arabia Saudita con l’appoggio degli Emirati, del Bahrein e dell’Egitto e un embargo che dura tuttora con l’ultima frizione arrivata a dicembre con la decisione del Qatar di non pendere parte al vertice Opec di Riad – sul calcio tra i paesi del Golfo si è accesa da tempo un’aspra rivalità combattuta a suon di investimenti milionari, sia in Europa che in casa propria.
Ecco perchè per la prima edizione del torneo continentale a 24 squadre, con un cambio in corso d’opera, che ha portato ad un aumento del numero delle partecipanti e di conseguenza al numero di stadi in cui ospitare la competizione, gli Emirati hanno deciso di fare le cose in grande: un budget da un miliardo di dirham, pari a circa 240 milioni di euro, speso principalmente per rimodernare gli impianti. Ma Aref Al Awani, segretario generale di Abu Dhabi Sports Council, è stato categorico: «Il rinnovamento era necessario per quasi tutti gli stadi e adesso possiamo guardarli con orgoglio. Quello che è stato investito rimarrà come un’eredità per il calcio emiratino».
Le strutture da sei sono così diventate otto. Due di queste sono anche state escluse per problemi economici, l’ Ahli Stadium e il DSC Stadium di Dubai, rimpiazzate dall’Al-Maktoum Stadium e dal Bin Rashid Al Maktoum Stadium. L’impianto più capiente, quello che ha ospitato la gara d’esordio e dove si disputerà la finale, il prossimo primo febbraio, è lo Zayed Sports City Stadium di Abu Dhabi. Uno stadio da oltre 43mila posti a sedere che ha fatto da cornice alla finale dell’ultimo Mondiale per club, vinto dal Real Madrid. Il secondo maggiore impianto si trova sempre ad Abu Dhabi (stadio Mohammed Bin Zayed, 42 mila posti), l’unica città ad avere tre sedi dopo l’aggiunta dell’Al Nahyan Stadium. Al Ain ospiterà le partite in due strutture (presso gli stadi Hazza Bin Zayed e Khalifa Bin Zayed), mentre Sharjah è stata scelta in extremis come ottava base. La spesa per rimodernare tutti gli otto stadi in cui si disputerà la Coppa d’Asia è comunque inferiore a quella prevista per la costruzione del più grande impianto emiratino, lo stadio Mohammed Bin Rashid: tre miliardi di dirham (poco più di 720 milioni di euro) per una struttura da 60mila posti a sedere, interamente climatizzata, che ancora non è pronta. Doveva esserlo entro il 2018, in ogni caso fuori tempo massimo per poter essere inserita tra le strutture per il torneo continentale.
Se in tema di stadi si punta all’avanguardia, sul fronte commerciale la Afc rimane ancorata ad un contratto in scadenza nel 2020 con Lagardere. Un accordo da un miliardo di dollari per il periodo 2013-2020. Ma già a giugno la federazione asiatica ha raggiunto un nuovo accordo con i cinesi di DDMC e gli svizzeri di Fortis Sports per otto anni a partire dal 2021. Con questo contratto, la Afc dovrebbe aver triplicato quanto previsto dall’attuale intesa con Lagardere.
Per l’Asia è il primo grande banco di prova in vista del Mondiale che tra poco meno di quattro anni si terrà in Qatar, i cui rapporti con gli Emirati sono tutt’altro che idilliaci. Politica a parte, la sfida tra Emirati e Qatar in ambito calcistico si gioca anche in Europa. I loro principali investimenti nel mondo del pallone infatti rispondono rispettivamente ai nomi di Manchester City e Paris Saint Germain, senza considerare le varie sponsorizzazioni da parte delle loro compagnie aeree di bandiera.
Intanto, la Coppa d’Asia che era la competizione calcistica per nazionali più povera ha cambiato marcia. La Afc ha messo a disposizione 15 milioni di dollari per le 24 partecipanti al torneo, con un montepremi da 5 milioni per chi si proclamerà campione. Alla finalista perdente andranno circa 3 milioni, mentre le semifinaliste prenderanno un milione di dollari a testa, non essendo prevista la finale per decretare la terza classificata. A tutte le partecipanti andranno 200 mila dollari, pari a poco più di 175 mila euro. Somme che collocano la Coppa d’Asia alle spalle dell’Europeo e della Copa America, mettendola nella scia della Coppa d’Africa, che ha nel 2017 ha aumentato del 64% il totale di risorse economiche da destinare alle federazioni presenti nel torneo.