La Stampa, 19 gennaio 2019
Axios, l’informazione innovativa per chi va di fretta
Axios è la seconda generazione di giornale nativo digitale, una media company americana progettata per assecondare le abitudini di lettura del XXI secolo e fondata due anni fa dai giornalisti che nel 2007 avevano lanciato Politico, il sito di informazione su Washington più influente nell’era di Barack Obama. Dieci anni dopo, Jim VandeHei e Mike Allen, entrambi con un passato da star della carta stampata, Washington Post e Time Magazine, assieme a Roy Schwartz, top manager di Politico, hanno creato una società editrice digitale di nuova concezione intorno al concetto di smart brevity, «sintesi intelligente». L’obiettivo di Axios è quello di informare con modalità innovative sulle varie piattaforme social, oltre che sul sito, ma soprattutto di sperimentare un modello di giornalismo capace di adattarsi alla breve curva di attenzione cui gli smartphone e i tablet costringono il lettore contemporaneo. Non è solo un giornale, quindi, ma una piattaforma di ricerca e sviluppo editoriale su cui sono puntati gli occhi dell’industria.
L’altra novità è sui contenuti: Axios racconta l’intreccio tra la politica e la tecnologia, cioè fa parlare Washington con la Silicon Valley e spiega l’una a l’altra, e viceversa. Al centro ci sono le notizie, solo quelle che contano e servono (áxios in greco antico vuol dire «degno») alla classe dirigente di Washington e San Francisco, presentate nel modo più essenziale possibile, come se fossero tweet, con pochissime parole, senza orpelli, ma con l’autorevolezza, la serietà e la credibilità che possono garantire giornalisti competenti, informati e super partes. Mike Allen è uno di questi: la sua newsletter, prima su Politico e ora su Axios, scritta di notte e inviata all’alba, da anni determina l’agenda mediatica di Washington (e ora Allen ne invia addirittura tre al giorno).
Axios non insegue i clic, il suo modello di business non è basato sulle pagine viste, ma sulla costruzione di una comunità di lettori che non ha tempo da perdere e vuole arrivare dritta al punto. Axios offre uno scorrimento continuo delle notizie e non invita a cliccare sui link: le notizie vengono presentate con un titolo, un sommario e poi con le due o tre cose importanti da sapere, impaginate a blocchetti, come nelle note dello smartphone, nel modo più semplice, chiaro e veloce possibile. Per chi vuole approfondire c’è un tasto «show more» che sulla stessa pagina mostra altro testo, ma sempre breve. Il sito si è subito presentato così, fin dal primo giorno di gennaio del 2017, con un’intervista esclusiva all’allora presidente eletto, non ancora insediato, Donald Trump: senza l’articolo lungo, senza il video di un’ora dell’incontro, ma con una serie di post brevi, video più testo, il più corposo dei quali quanto un quinto dell’articolo che state leggendo.
Il formato di storytelling breve di Axios promette di far sapere subito quello che c’è da sapere e per quale motivo è importante saperlo. Brevità però non vuol dire banalizzazione, ma prendere atto che spesso i siti di informazione sono confusionari, non pensati per il lettore, che gli articoli sono troppo lunghi, o troppo noiosi, che i titoli promettono contenuti che i testi poi non mantengono, che non sempre, insomma, vale la pena di cliccare. Si parte così, si legge nel manifesto di Axios, e si rischia di finire a inseguire ricavi con titoli falsi, polemiche inutili, e anche con fake news.
Anche la pubblicità è raccolta con lo stesso schema: su Axios non ci sono banner o pop-up e niente di tutto quello che si vede sui siti tradizionali, sempre per l’idea di non far perdere tempo al lettore e di non far sprecare soldi agli inserzionisti. Le inserzioni, sia sul sito sia sulle newsletter, sono brevi e presentate allo stesso modo degli articoli giornalistici, nello stesso flusso di notizie, una scelta che fa discutere chi vorrebbe una netta distinzione tra informazione e contenuti sponsorizzati. Ma con questo formato breve di native advertisement, cui lavora un team di dodici persone, secondo Axios i lettori interagiscono quattro volte di più rispetto a quanto facciano con un banner tradizionale e quindi sembrerebbero tutti contenti: lettori, inserzionisti e editore.
L’operazione per ora funziona, nel senso che Axios fa scoop e fa parlare di sé, impiega oltre centocinquanta tra giornalisti e dipendenti, e ha un fatturato intorno ai venti milioni di dollari, il doppio rispetto a quello del primo anno, grazie anche a una cinquantina di eventi sponsorizzati e a una miniserie televisiva di quattro puntate andata in onda su Hbo. Axios è partito con trenta milioni di dollari di investimenti (tra gli azionisti c’è Lauren Powell, la moglie di Steve Jobs) e nonostante l’azienda non fornisca dati ufficiali fa sapere che è a un passo dal fare utili.
Secondo le stime interne, nel 2019 Axios raddoppierà ancora il fatturato, considerando anche l’altra linea di ricavi annunciata due anni fa ma non ancora aperta, ovvero quella degli abbonamenti premium alle newsletter studiate in particolare per le aziende, da diecimila dollari l’anno ciascuna, su cui stanno puntando molte aziende editoriali americane. A breve dovrebbero partire le prime due newsletter a pagamento di Axios, che si andranno ad aggiungere alle diciassette gratuite che contano circa 360 mila sottoscrittori e una percentuale di apertura del 45 per cento, considerata molto alta. In totale, Axios vanta dodici milioni di visitatori unici e ottanta milioni di pagine viste al mese.