La Stampa, 19 gennaio 2019
La leggenda degli affamati
Ora che è arrivato il reddito di cittadinanza vedremo se e come funzionerà, da un punto di vista tecnico, e da un punto di vista economico se sarà sostenibile e produttivo. Da un punto di vista filosofico (perdonate la prosopopea dell’aggettivo) vengono in mente i fratelli Karamazov e le pagine in cui Ivàn racconta al fratello Alëša la Leggenda del Grande Inquisitore. Gesù è tornato sulla Terra nella Spagna dell’Inquisizione, e l’Inquisitore lo fa arrestare e lo va a trovare e gli dice: «Perché dunque sei venuto? Sai tu che passeranno i secoli e l’umanità proclamerà per bocca della sua sapienza e della sua scienza che non esiste il delitto, e quindi nemmeno il peccato, ma che ci sono soltanto degli affamati? “Nutrili e poi chiedi loro la virtù!”. Oh, mai, mai essi potrebbero sfamarsi senza di noi! Nessuna scienza darà loro il pane, finché rimarranno liberi, ma essi finiranno per deporre la loro libertà ai nostri piedi e per dirci: “Riduceteci piuttosto in schiavitù ma sfamateci!”. Comprenderanno infine essi stessi che libertà e pane per tutti sono fra loro inconciliabili, giacché mai, mai essi sapranno ripartirlo fra loro. Si convinceranno pure che non potranno mai nemmeno esser liberi, perché sono deboli, viziosi, inetti e ribelli». Poi, siccome non viveva nella Russia miserabile di Dostoevskij, ma nell’opulenta Europa del Novecento, Isaiah Berlin aggiornò il concetto: «La libertà è libertà, e non uguaglianza o correttezza o giustizia o felicità umana o serenità d’animo». E a noi la libertà non interessa: probabilmente è un male, o forse un bene, o più semplicemente non ci poniamo il problema.