la Repubblica, 19 gennaio 2019
Il Divin Porcello è carne d’artista
Un insospettabile Andy Warhol con il suo Fiesta Pig conferma che il maiale è l’animale della festa. Il porcellino rosa, muso chino in una ciotola di cibo, scorrazza indisturbato in quella che potrebbe essere una discoteca illuminata. Bicchieri e piatti multicolor sono sparsi sul pavimento per la grande gioia del suino. L’uccisione del maiale è una delle celebrazioni più sentite dal mondo contadino ma nell’opera di Warhol, per una volta, la Fiesta è rovesciata. Il maiale è carne per eccellenza, non poteva sfuggire al genio e all’appetito di artisti di ogni tempo. Presenza frequente, familiare, la sua raffigurazione ricorre dai dipinti parietali romani ai banchi di cucine e mercati di Pieter Aertsen e Joachim Beuckelaer nel XVI secolo, attraversando le tele degli artisti fino ad arrivare alla contemporaneità. Simbolo ambivalente, contaminazione di sacro e immondo, è considerato sinonimo di vizio, allude all’ingordigia e all’avidità. Nel Seicento, nella Rissa fra giocatori di carte del pittore fiammingo Adriaen Brouwer, l’immagine dei suini è accostata a quella di uomini violenti e ubriachi. Le carni erano considerate alimento pregiato ma vigeva al tempo una gerarchia ben definita: maiale e ovini al gradino più basso, poi il manzo, l’oca, l’anatra, il pollo, la cacciagione di penna. Idea diffusa era” siamo quello che mangiamo”, per cui chi consumava cibi raffinati, il più possibile lontano dalla vile terra, era di certo più intelligente di chi si nutriva dell’infangato porco. Il maiale ricorre nell’iconografia cristiana anche come emblema positivo, attributo di Sant’Antonio abate. Pratica diffusa era quella di allevare durante l’anno il” Porco di Sant’Antonio”, da mangiare poi il 17 gennaio in occasione della festa del santo. Il legame dell’eremita egiziano con il maiale è palesato da innumerevoli richiami pittorici e nell’affresco del Duomo di Orvieto è rappresentato un cinta senese, riconoscibile dalla larga chiazza bianca in mezzo al corpo scuro. Stessa specie è visibile anche nell’affresco Effetti del Buon Governo in campagna di Ambrogio Lorenzetti, datato 1340, nel Palazzo Civico di Siena. Il maiale è in questo caso un attore perfetto per l’imponente apparato propagandistico dell’opera, celebrazione di una società operosa in cui il governo garantisce pace e sicurezza al popolo grasso. La macellazione, come visibile in Cacciatori nella neve del 1565 di Pieter Bruegel, avveniva durante la stagione invernale. Nella tavola, in alto a sinistra, il bagliore di un fuoco attrae lo sguardo sull’insegna della locanda Al cervo, davanti alla quale alcuni contadini sono concentrati a strinare il maiale appena ucciso. In un’altra celebre opera dell’artista, Proverbi fiamminghi del 1559, tra i molteplici episodi che rappresentano detti popolari non mancano i suini. Sono raffigurati nel pieno di un pasto a base di rose, variazione sul tema” perle ai porci”. Nell’arazzo del XVI secolo raffiguranteDicembre, dal ciclo dei mesi Trivulzio, realizzato nella manifattura di Vigevano su disegno di Bramantino, si può apprezzare l’atmosfera di laboriosità e gioia carnale che pervade la festa contadina, con un pentolone dove cuociono salsicce e salami, tra verdure sparse e scene di vita quotidiana. Nelle miniature e negli affreschi medievali si incontrano maiali più piccoli e snelli rispetto a quelli allevati oggi, con un pelo nerastro simile a quello degli odierni cinghiali con cui erano soliti accoppiarsi. Il Medioevo significava per il maiale vita all’aria aperta e l’animale allo stato brado era un fiero camminatore giunto felicemente in Italia dall’Europa centrale.