Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  gennaio 19 Sabato calendario

20 gennaio 1942, la conferenza dei nazisti che progettarono l’orrore

Domenica 27 Gennaio il mondo celebrerà il Giorno della Memoria. La data è stata scelta perché coincide con quella di liberazione di Auschwitz Birkenau, dove l’Olocausto raggiunse il culmine. Ma è una data storicamente poco significativa, perché quando i russi vi entrarono il Lager era già stato quasi totalmente distrutto e i residui detenuti trasferiti. Nessuno, in effetti, vi ha mai documentato gli stermini: esiste solo una manciata di fotografie fatte da un sonderkommando, dove si vede ben poco.
Al contrario, le immagini più raccapriccianti che tutti conosciamo e che furono proiettate al processo di Norimberga, con i bulldozer inglesi che spingono nelle fosse comuni decine di cadaveri, sono state girate a Bergen Belsen, dove la maggioranza dei reclusi di Auschwitz era stata trasferita con l’approssimarsi dell’Armata Rossa. Ben più cruciale è invece la data di domani. Fu infatti il 20 Gennaio 1942 che i burocrati nazisti, riunitisi presso Berlino, adottarono i criteri operativi per la soluzione finale, cioè per il totale sterminio degli ebrei. 
L’esecuzione in massa di ebrei era in realtà cominciata subito dopo l’occupazione della Polonia, ed era proseguita, su scala ben più grande, dopo l’invasione dell’Urss nel giugno del 1941. Dai Paesi Baltici fino all’Ucraina ne erano già stati massacrati più di un milione, spesso con la partecipazione della popolazione locale, dagli Einsatzgruppen, formazioni di SS che agivano nelle retrovie dei territori conquistati dalla Wehrmacht. Ma l’impresa si rivelava sempre più ardua, perché i numeri delle vittime aumentavano e gli stessi soldati, per quanto spietati, davano segni di disagio psicologico.

I MEZZI
Himmler, braccio destro di Hitler nel disegno di sterminio, assistendo a una fucilazione, fu investito da schizzi di cervello di uno dei tanti sventurati. Svenne di disgusto e di paura e pensò che si dovesse ricorrere a mezzi più rapidi ed efficienti. Per di più la guerra, che si era creduta breve e vittoriosa, si prolungava con prospettive incerte. Bisognava far presto nel liquidare una razza che il Fuhrer definiva responsabile di tutte le disgrazie della patria.

LE DIRETTIVE
Per questo fu organizzata la conferenza di Wannsee. Era necessario definire tre punti: 1) l’eliminazione fisica degli ebrei, senza alternative come la sterilizzazione o l’espatrio, in tempi ragionevoli 2) la devoluzione esclusiva di questo compito alle SS; 3) il coordinamento e il concorso di tutti gli altri organi dello Stato. Così, i vari ministeri e governatorati venivano sottoposti, per la questione ebraica, alle direttive di Himmler, e del suo subordinato Reinhard Heydrich. Fu quest’ultimo a decidere modi e tempi della conferenza: l’organizzazione fu affidata a un oscuro tenente-colonnello che il mondo, vent’anni dopo avrebbe conosciuto in tutta la sua miseria: si chiamava Adolf Eichmann.
Reinhard Heydrich era il capo di quella branca di SS che costituiva l’apparato più potente e temuto dello Stato: il RSHA, o Servizio Centrale per la Sicurezza del Reich, che comprendeva la polizia segreta (Gestapo) i servizi di informazione e spionaggio (SD) e la polizia criminale (Kripo). Questo organismo si accollò il compito di individuare, catturare e trasportare gli ebrei dell’Europa occupata nei campi di sterminio. Anche questi ultimi erano una novità. Il mondo conosce nomi tristemente famosi come Buchenwald, Mauthausen, Dachau e altri. Ma questi, benché fossero luoghi dove gli internati morivano quotidianamente per fame, malattie ed esecuzioni sommarie, non erano istituzionalmente deputati al massacro. La gran parte dei prigionieri lavorava, e gli ebrei erano una minoranza. Per il genocidio programmato e organizzato si costruirono campi che a molti dicono poco: Belzec, Chelmno, Maidanek, Sobibor e Treblinka. Di loro non resta quasi nulla, perché furono distrutti tra il 43 e il 44. Tutti insieme, produssero due milioni di morti. Auschwitz – Birkenau arrivò praticamente per ultimo. Qui la macchina, già collaudata, assunse un’efficienza infernale, eliminando anche più di diecimila creature in un giorno.
Oggi, nonostante i restauri e le ricostruzioni, di Birkenau si vede solo il perimetro, la rampa ferroviaria e qualche baracca rifatta. Auschwitz è ancora integro, e conserva, assieme alla commovente cella di Padre Kolbe, il non meno consolatorio patibolo dove fu impiccato Rudolf Hoss, che ne era stato il comandante. La conferenza di Wannsee vide la partecipazione di elementi di secondo piano dell’apparato nazista. Neanche Heydrich, del resto, era di rango militare elevatissimo; la sua autorità derivava dal rapporto diretto con Himmler e, attraverso quest’ultimo, con il Fuhrer, che per la soluzione finale gli avevano dato carta bianca. Ci furono alcune obiezioni di ordine tecnico: la difficoltà dei trasporti, la sottrazione di forza lavoro, la distinzione tra Ebrei e Mischlinge. Heydrich ascoltò pazientemente, e alla fine fece capire che tutto era già stato deciso in altre sedi. Chiese – in realtà ordinò – piena e incondizionata collaborazione, e naturalmente la ottenne.

IL CALCOLO
Noi conosciamo quanto accadde quella mattina perché fu proprio Adolf Eichmann a redigere il verbale della riunione. Ne inviò copie ai partecipanti, con l’ordine tassativo di distruggerle subito. Ma una di questi scampò all’inceneritore, e fu recuperata. Quel che sorprende, oltre al linguaggio burocratico per una pianificazione così infernale, è il calcolo scrupoloso delle persone da eliminare: oltre dodici milioni di ebrei, compresi quelli britannici, svedesi e svizzeri, cioè dei paesi non ancora conquistati o addirittura neutrali. Un programma tanto diabolico quanto illusorio, che finì con la rovina della Germania, il suicidio di Hitler e di Himmler e, quindici anni dopo, la cattura di Eichmann: quest’ultimo fu impiccato a Gerusalemme nel 1962 dopo un processo che rievocò davanti al mondo proprio la conferenza di Wannsee.
Reinhard Heydrich non ebbe la possibilità di assistere al prosieguo della sua impresa sciagurata, né all’apocalisse sulla Germania e sul suo Fuhrer, né al processo e alla condanna dei gerarchi superstiti. Nel maggio del 1942, pochi mesi dopo la conferenza di Wannsee, la sua automobile fu fermata su una via di Praga da due membri dell’esercito ceco addestrati dagli inglesi. Nella sparatoria, il Boia di Boemia fu ferito, e parve quasi cavarsela. Tuttavia, provvidenzialmente, le ferite si infettarono, e l’uomo morì di setticemia. Per salvarlo, sarebbe bastata la penicillina e la presenza di un medico tedesco, Boris Chain, che per primo l’aveva purificata e sperimentata clinicamente, dopo la scoperta di Fleming. Ma Chain era ebreo, ed era fuggito qualche anno prima.