Corriere della Sera, 19 gennaio 2019
Ritratto di Oiatàk, bomber antico
Arriva dal passato, il futuro del Milan. «Sembra un centravanti di trenta o quaranta anni fa» assicura Alessandro Altobelli, che qualcosa di punte capisce. Dice Spillo: «Oggi gli attaccanti svariano, si muovono, tornano, impostano. Lui in testa ha una sola cosa: segnare». Eccola, la verità: Krzysztof Piatek non gioca a calcio, tira in porta.
Per caratteristiche i paragoni moderni più sensati sono Crespo, Icardi, Inzaghi. Lui però ha un solo punto di riferimento, il connazionale Lewandowski: «Oggi non reggo il confronto, ma arriverò a quei livelli». Un nove classico che più classico non si può, diverso ad esempio da quel Pipita del quale prenderà a brevissimo il posto: l’argentino è un regista offensivo, il polacco è invece uno spietato finalizzatore tutto risolutezza e minimalismo. Il che induce a due considerazioni. La prima è che non è affatto un caso che quasi tutti i 19 gol segnati fin qui fra campionato (13 in 19 partite) e Coppa Italia (6 in 2, inclusi i 4 al Lecce) siano arrivati da dentro l’area, perché è lì che Cristoforo Venerdì, traduzione del suo nome, ama stare. Due: Cutrone il campo lo vedrà poco, perché nel 4-3-3 di Gattuso è difficile far coesistere due prime punte. Patrick dovrà insomma continuare a rincorrere. Riserva era, riserva resta.
«Io gioco semplice» risponde sempre il Pistolero con le (poche) parole d’italiano che ha imparato nel semestre genovese a chi gli chiede come diavolo faccia a buttarla dentro così spesso. «Il mio primo allenatore è stato papà, ho imparato a giocare per strada. Non c’era granché da fare al mio paese». Dzierzoniow, Bassa Slesia. La storia della sua scalata comincia lì ed è ormai piuttosto nota: prima squadra vera il Lechia, nel 2016 il passaggio al Ks Cracovia per 500mila zloty pari a 110mila euro, l’estate scorsa lo sbarco a Genova per 4 milioni. A riceverlo, il primo giorno, nel giugno scorso, non c’era neanche un tifoso. «Meglio» pensò lui, «se non mi conoscono nemmeno i difensori sarà più facile fare gol».
Anche ieri il centravanti di ghiaccio s’è allenato a Pegli come fosse un giorno qualunque. I compagni gli chiedevano del Milan, lui tirava in porta, pacifico. «È un computer» racconta chi lo conosce. Parla poco, ride poco, non si emoziona, non si abbatte, non si esalta. Nemmeno ora che sta per fare il grande salto, perché il Milan è sempre il Milan, anche ora che non è più il Milan. Ma col bomber che viene dal passato, chissà.