Corriere della Sera, 19 gennaio 2019
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Biografia di Nancy Pelosi
WASHINGTON A Capitol Hill molti avversari e molti nemici non si capacitano: che cosa è successo a Nancy? In due settimane da Speaker della Camera ha contribuito a sfasciare ogni ipotesi di intesa con la Casa Bianca. Certo: con Donald Trump è difficile trattare, «ma almeno con i repubblicani un’intesa si può trovare, non capisco perché Nancy non dia una mano», ripete davanti a ogni telecamera e a ogni taccuino, Adam Kinzinger, 40 anni, veterano della guerra in Iraq e in Afghanistan, deputato repubblicano dell’Illinois, uno dei pochi, disorientati pontieri rimasti in circolazione.
Nancy li ha spianati, assecondando o comunque non ostacolando, il movimentismo anche nelle aule del Congresso. L’altro ieri, un gruppo di deputate neo elette, tra le quali Katie Hill, Lauren Underwood, Angie Craig e Alexandria Ocasio-Cortez, si sono presentate nell’ufficio del leader dei senatori repubblicani, Mitch McConnell, con una lettera per chiedere la fine dello shutdown. Un gesto futile, a uso e consumo delle telecamere, politicamente inservibile, se non controproducente avrebbe commentato fino a qualche mese fa Pelosi.
Nancy è nata a Baltimora da genitori italo americani, con un nonno molisano e l’altro abruzzese. Suo padre, Thomas D’Alessandro, fu sindaco di Baltimora e poi deputato per il Maryland al Congresso.
Nel 1963 sposa un suo compagno d’università, Paul Frank Pelosi. La coppia si trasferisce a San Francisco, in California; ha cinque figli e un patrimonio di famiglia stimato intorno ai 25 milioni di dollari. Pelosi è stata la prima donna a occupare la carica di Speaker della Camera, dal 2007 al 2011. Il suo percorso da liberal è lineare: appassionata sostenitrice dell’aborto, dei diritti dei gay, dell’eutanasia, della ricerca genetica. La sua durezza politica non è una novità. Nel 2004 diceva di George W.Bush: «È un leader incompetente. In realtà non è un leader. È una persona che non ha capacità di giudizio, non ha esperienza e non ha conoscenza delle materie su cui deve decidere». Per il momento Donald Trump l’ha trattata con fair play istituzionale. Nessuno insulto, niente «corrotta», «faccia di cavallo» e le altre specialità del repertorio trumpiano. Non si può dire la stessa cosa di Nancy. Il 12 dicembre scorso incontrò Trump nello Studio Ovale. Discussione burrascosa, trasmessa in diretta tv. Quando tornò in ufficio alla Camera, commentò con i suoi collaboratori: «Quando litighi con una puzzola, finisce per puzzare anche tu». E in fondo è quello che sta accadendo. Nancy ha sempre custodito il prestigio delle istituzioni e il valore delle tradizioni. Così quando mercoledì scorso se ne è uscita con l’ipotesi di rinviare il discorso sullo Stato dell’Unione, ha spiazzato tutti, a cominciare dai suoi sostenitori. La Speaker sembra aver accantonato anche l’altro indiscusso talento, oltre alla facilità di raccogliere fondi: la capacità di raggiungere il punto più vantaggioso di compromesso. Ancora nell’ottobre del 2018 sosteneva che bisognasse cercare un accordo con Trump e lo schema era già pronto: fondi anche per il Muro in cambio della regolarizzazione dei Dreamers, i figli degli immigrati irregolari. Tutto ciò sembra sparito dall’orizzonte di Nancy Pelosi.