Libero, 18 gennaio 2019
Mangiare da Dio
Zuppe fumanti, erbe di magro, insieme a sfogliatelle napoletane, arrosti e burro cremoso: sulle mense dei conventi si trovano cibi di ogni genere, che costituiscono una dieta invidiabile e colma di sorprese. Altro che chef stellati e cucine ipertecnologiche. Il vero “cibo a cinque stelle” si può trovare in abbazie, monasteri, conventi, mentre è tra la pagine che hanno mille anni di storia della Regola di San Benedetto che si possono ricavare consigli preziosi, ricette e indicazioni per mangiare bene e stare in salute. Proprio nel periodo delle grandi abbuffate natalizie e festaiole, sono usciti diversi libri sull’argomento. A cominciare dal saggio “Monaci a tavola. La Regola di San Benedetto e le consuetudini alimentari” (edizioni Tau) e scritto dalla studiosa Nadia Togni, a colloquio con Giustino Farnedi, abate del monastero benedettino di Perugia. Cibo e fede sono un binomio credibile, visto che, a parte il necessario uso per la sopravvivenza, il cibo stesso diventa occasione attraverso il quale sperimentare le bellezze della vita. Diceva il cardinale Giacomo Biffi: «Mangiare tortellini con la prospettiva della vita eterna, rende migliori anche i tortellini più che mangiarli con la prospettiva di finire nel nulla». I monaci lo sanno bene. Come racconta la studiosa nel suo saggio, nei refettori benedettini sfilano parche minestre di ortaggi, ceci, lenticchie ed erbe amare, formaggi magri, ma anche grandi tazze fumanti di vin brule, vassoi con sontuose sfogliatelle napoletane, che secondo la tradizione debbono la loro nascita alle monache di clausura domenicane che vivevano in Costiera Amalfitana.
REGOLA FERREA
Mangiare con misura e di tutto, spiega bene la Regola, prediligendo prodotti di qualità che oggi si definiscono «a chilometro zero», cioè del territori locali, dietro casa, che per i monaci indicano proprio ciò che coltivano e allevano nei recinti, nei campi e negli orti di monasteri, abbazie, conventi. La Regola è ferrea anche su questo precetto: bisogna mangiare sempre alla stessa ora, senza indulgere a spuntini varie e “merendine”. «Nessuno si permetta di mangiare o bere qualcosa prima dell’ora stabilita», recita infatti. Concetto che i nutrizionisti contemporanei ripetono ad ogni piè sospinto. Nel saggio della Togni si descrivono spazi, strumenti, stoviglie, accessori (come la neviera, dove si conservavano i cibi nella neve, ma ancora oggi non sono del tutto caduti in disuso) e la specialità delle mense monastiche, come l’orzarella, una bevanda con la prima colazione per la prima colazione, e poi le birre, il miele, gli amari, i mille dolci – solo per citare, oltre le famose sfogliatelle, poi i cavallucci, i biscotti ricci, le “minne di virgini” – tutto per descrivere una cucina che tutto è tranne che mortificante. Naturalmente si osservano i periodi di magro, la quaresima, i venerdì, i digiuni previsti. Il vitto, generalmente, è proprio abbondante: due portate calde, frutta e verdura e un chilo di pane al giorno. È tornato in libreria anche un altro libro che rimanda a un mondo antico e legato alle atmosfere di refettori e canoniche. Si tratta di “La cucina di don Camillo” di Luisa Vassallo, edizioni Ancora, che per la verità è uscito nel 2008, ma che proprio quest’anno è stato rimandato in libreria in un cofanetto regalo, insieme al saggio “Don Camillo, un pastore con l’odore delle pecore”, di Egidio Bandini. Nel ricettario si susseguono strozzapreti, culatello, stracotti, stufati, tortelli con le erbette e i cannelloni ripieni di ricotta fresca, conditi dal lambrusco e dagli altri vini della Bassa, così come li contemplava e se li faceva portare in tavola Giovanni Guareschi. Il quale, coerentemente, aprì anche un ristorante nel 1964 a Roncole Verdi, nel Parmense.
PROGRAMMA TV
In ogni caso, il progresso è il progresso, quindi anche i monaci varcano talvolta la soglia dei loro conventi e vanno anche davanti alle telecamere per svelare qualche prezioso segreto culinario. Accade nel programma di successo “Quel che passa il convento”, che va in onda di Tv2000, la televisione della Cei, ogni mattina dal lunedì al venerdì, con don Domenico De Stradis. Che spesso mostra in video come si preparano antiche ricette conventuali, come la frittata all’ortica, preparata con foglie d’ortica, appunto, prezzemolo, due o tre uova, formaggio grana, sale, pepe, olio. E la ricetta di Gioele, con mele, uva, datteri, fichi, miele, noci, mandorle, melograno, limone e cannella, una macedonia sana e golosa. Non può mancare la minestra di lenticchie, che ogni convento che si rispetti mette nel proprio menù, preparata con lenticchie rosse, copiali, aglio, zucca e l’immancabile olio d’oliva extravergine.