Il Messaggero, 18 gennaio 2019
Pippo Baudo: «Mai senza Sanremo»
Rischia di diventare una dolce abitudine per il signor Festival Pippo Baudo: ospite baglioniano lo scorso anno, conduttore in condominio con il ragazzo tuttopepe Rovazzi a Sanremo giovani, prossimo monumento vivente della più smisurata gara canora che si conosca al mondo. Ci sarà la prima sera (il 3 febbraio) e non è detto che finisca lì. Per il Pippo nazionale ogni ritorno su quel benamato palco è una boccata d’ossigeno, come andare in alta montagna: è la sua vita. «Mi fa sentire più giovane – ammette -. Pensavo che il rapporto con Sanremo si fosse brillantemente chiuso, invece Claudio l’ha riaperto».
Ci aveva provato anche Carlo Conti, a richiamarla.
«Mi voleva al Dopofestival. Ma non potevo dirgli di si».
Troppo poco?
«Il Dopofestival l’ho inventato io come luogo di critica, prima conducendolo poi affidandolo, via via, a Ambra, Elio, Chiambretti. Accettare sarebbe stato inelegante verso Carlo sia che fossi deliberatamente inneggiante al Festival o che lo prendessi di mira cercandone i difetti».
Che ne pensa di questo Baglioni II che butta a mare la tradizione?
«È una svolta coraggiosa e necessaria. Anche se poi Baglioni qualcuno dei vecchi l’ha dovuto prendere per conservare, almeno, un legame con il passato».
Non rischia di pagare dazio in termini di pubblico tradizionale?
«È un rischio calcolato, l’alternativa è morire lentamente, anno dopo anno. Alla fine il Festival lo guardano tutti: è vero miracolo italiano, seguito su internet anche dai giovani. Sanremo è sempre Sanremo, come canta giustamente lo slogan di Sergio Bardotti e Pippo Caruso».
Ritroverà Rovazzi.
«Rovazzi è carino, io improvviso tutto, lui è più tecnico, ha buone idee e io gli faccio da regista: l’insieme funziona».
Potrà ricapitare in futuro una identificazione così totale come la sua con Sanremo?
«Difficile: siamo stati due facce della stessa carta. E poi me ne occupavo 12 mesi l’anno. Alla mia prima conduzione feci uscire un annuncio a pagamento sul giornale specializzato americano Music box, con scritto Festival di Sanremo cerca artisti americani. E l’ho ripetuto tutti gli anni. Ha fatto circolare il marchio, lo ha fatto conoscere, per quel motivo ho avuto ospiti come i Queen con Freddie Mercury, come Springsteen, come Annie Lennox, come Madonna. Madonna si pagò perfino l’albergo».
Non l’avete ospitata?
«Voleva stare a Montecarlo. Le dissi che noi potevamo ospitarla solo a Sanremo. E pagò di tasca sua».
Qual è il suo bilancio personale?
«Sono stato fortunato anche perché una volta si scrivevano canzoni per farle durare nel tempo, oggi i pezzi sono tutti effimeri, mancano gli autori».
Fra i suoi 13 Festival qual è il primo che le viene in mente?
«Sono due. Quello vinto da Cristicchi, con quel finale spiazzante sulla sedia e la rosa in mano e, fortunatamente, quell’anno Al Bano e Romina arrivarono secondi. E quello di Si può dare di più dell’87: lo interruppi per annunciare la morte di Claudio Villa. Morandi, che era suo tifoso, mi disse piangendo: È la vittoria più triste della mia vita».
E il Sanremo che l’ha fatta tribolare di più?
«Quelli delle polemiche, come quello dell’irruzione di Cavallo pazzo. Appignani mi seguiva sempre e me lo diceva prima. Avvertii la polizia e il commissario mi tranquillizzò: Abbiamo tutto sotto controllo. Ma dopo qualche secondo Cavallo pazzo era lo stesso sul palco».
Le polemiche hanno sempre fatto buon gioco a Sanremo. Le ha mai cavalcate?
«Non ne avevo bisogno. Le polemiche vanno gestite con sapienza, servono al Festival per essere dentro l’attualità. Quando gli operai Italsider mi accolsero con le monetine, sospesi la manifestazione per farli parlare. Spiegai ai loro sindacalisti che avevo già dato spazio della protesta e li invitai a telefonare a casa ai loro parenti, che confermarono. A quel punto non volevano più salire sul palco. Li obbligai: ora uscite con me. E fu un grande successo».
Baglioni, alla vigilia di questo Festival, ha suscitato un vespaio su un tema caldo come quello dei salvataggi in mare.
«Ha espresso il suo pensiero. Ora è giusto dimenticare questo aspetto».
Quanti Festival farà ancora Claudio?
«Potrebbe fare anche il terzo e sarebbe giusto. Queste cose vanno affidate a mani esperte e Claudio le ha. Ma è difficile immaginare ora lunghe sequenze. Lui, come Morandi, ha una sua carriera, ha fatto la storia della canzone italiana nel dopoguerra. Non ha bisogno del Festival. È ingiusto anche accusarlo di avere interessi privati, riempie i palasport. Difficile condizionarlo».
Quando comunicò a sua madre Innocenza che partiva per Roma per fare televisione, lei protestò con un «lì sono tutte bottane». Sono passati 60 anni: farà ancora programmi?
«Finché ho la forza fisica mi fa piacere apparire. Con la nuova direzione Rai abbiamo buoni rapporti e ci sarà qualche colloquio. Ma non voglio fare grandi puntate. Mi occuperò anche del mio libro autobiografico, Ecco a voi, senza promozione è già andato benissimo».