La Stampa, 18 gennaio 2019
Il paradosso di Como, capitale dei divieti
In nome del decoro, la prima fu l’ordinanza del natale 2017 contro i poveri. «Vietato mendicare in forma dinamica. Vietato mendicare anche in forma statica, occupando spazi pubblici con l’utilizzo di cartoni, cartelli. È altresì fatto divieto di bivaccare…». Il Natale 2018, invece, è stato quello contro i venditori di cianfrusaglie e i suonatori di strada: «Riscontrato che le esibizioni vanno ad alterare e talvolta a vanificare i contenuti del piano di sicurezza…». Cosa sta succedendo a Como?
«È in corso una specie di esperimento» dice il direttore della Caritas Roberto Bernasconi. «Stanno provando qui, per poi estendere il modello su scale nazionale. L’idea è costruire due città distinte. Quella del centro blindato, la città di George Clooney, del lago, dei turisti e della boutique. E poi l’altra Como, quella fuori dalle mura».
«È assolutamente falso», dice l’assessore alla sicurezza Elena Negretti, nominata nel 2018 in una giunta di centrodestra con Lega, azzurri e Fratelli d’Italia. «Tutto quello che abbiamo fatto è stato cercare di garantire un afflusso più ordinato della gente durante la manifestazione della Città dei Balocchi. Quest’anno ci sono stati 2 milioni e trecentomila ingressi, il 25% in più rispetto all’anno scorso. Non cacciamo nessuno».Splende un sole già caldo. Il piroscafo Voldire taglia la superficie del Lario come in una cartolina. Potrebbe sembrare tutto perfetto, ma non lo è. Manca l’acqua, per esempio: -4,3 l’altezza idrometrica a Malgrate, in un punto in cui l’anno scorso il livello era +15. Il sindaco di Laglio Roberto Pozzi, proprio il paese della villa di Clooney, ha scritto ai cittadini di risparmiare ogni goccia. E nell’inverno più secco di sempre, c’è questa idea di un esperimento sociale dove l’Italia confina con la Svizzera.
La paura prima di tutto
«La Città dei balocchi», dice con un sorriso amaro Bernasconi. «Cioè la facciata bella, e le fatiche nascoste dietro. Queste ordinanze servano solo ad alimentare paure inesistenti, a creare nemici che non ci sono. Quello che manca è il dialogo. Affrontare i problemi in maniera razionale. Preferiscono fare così: la paura deve prevalere». In strada oggi c’è il suonatore di violino Enrico Trina, 62 anni. «Mi hanno chiesto di andarmene due volte, sempre in modo gentile. E io me ne sono andato. Ma secondo me i vigili urbani non sono troppo convinti di dare le multe». Figlio di una famiglia di origini pugliesi, nato a Roma , dopo una vita da operaio in una fabbrica di frigoriferi a Trofarello in Piemonte, ha perso il lavoro: «Delocalizzazione. Licenziati tutti. Ero molto giù. Guardavo sempre la Tv. Fino a quando ho visto un programma in cui raccontavano di molti imprenditori svizzeri in cerca di operai specializzati. Sono partito per Chiasso. Ma è andata male. Ormai dicono che sono troppo vecchio. Ed eccomi qui, da tre anni suonatore di strada».
L’iniziativa della Caritas
Ogni giorno il signor Trina passa al centro diurno della Caritas di via Giovio, dove hanno appena inaugurato un’iniziativa che si chiama «Facciamolo insieme». Ognuno può essere un volontario, insegnando qualcosa a qualcun altro. «Siamo una città di frontiera, tutti ricordiamo cosa era successo nel 2015, quando i giardini della stazione erano pieni di persone in attesa di passare il confine», dice la volontaria Marta Stoppa.
«C’è una parte di Como che si chiude, ma ce n’è un’altra aperta, che accoglie». I senzatetto sono 350 su 82 mila abitanti. 1700 sono i migranti inseriti nei centri di accoglienza straordinaria, molti dei quali presto finiranno in strada per effetto del decreto sicurezza. Altre 200 persone, in media, si fermano per qualche giorno. Migranti di passaggio. Che puntano la Svizzera. Un numero sempre più esiguo. I dati della polizia del Canton Ticino dicono questo: nel 2017 le riammissioni in Italia erano state 13.018, più di 1100 al mese. Quel numero, nei primi 9 mesi del 2018, è sceso a 4.364: meno di 500 al mese. Non ci sono emergenze adesso, a parte la siccità.
Sempre più dura
Eppure in piazza del Duomo un venditore 37enne di libri, Laye Gueye, dal Senegal, tende inutilmente la mano ai passanti. «Io non so cosa sia successo», dice. «Ma il clima è cambiato molto. La gente ci tratta male. L’altro giorno ero con il mio amico Babakar e stavamo parlando, quando uno si è messo a urlare: “Andate via! Qui non potete stare!”. Ma come no? Ho la licenza di “diffusore occasionale“ numero 157491. La mia partita Iva è 01838… Sembra che non possiamo più nemmeno esistere. Eppure, in questi dieci anni in Italia non abbiamo mai dato fastidio a nessuno». Laya Gueye è laureato a Parigi in Lettere moderne con il sogno di fare lo scrittore. Vive in una casa con altri due senegalesi: 200 euro di affitto a testa, più 20 euro a settimana per la spesa al Lidl .
A cui aggiunge 107 euro di abbonamento mensile per il treno: «Avanti e indietro. Milano, Lecco, Como. Non era mai stata così dura. La gente ti dice che non ha soldi. Ti guarda male. È diffidente. I vigili ti mandano via. Ti fanno avere paura anche di salutare». Un grande effetto ottenuto con il minimo sforzo. Considerando che il bilancio delle ordinanze per il decoro urbano a Como è il seguente: 1 multa nel 2017, 0 nel 2018.