18 gennaio 2019
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Biografia di Tippi Hedren
Tippi Hedren (Nathalie Kay H.), nata a New Ulm (Minnesota, Stati Uniti) il 19 gennaio 1930 (89 anni). Attrice. Vincitrice del Golden Globe per la migliore attrice debuttante nel 1964 per Gli uccelli di Alfred Hitchcock (ex aequo con Ursula Andress ed Elke Sommer). «Quel che mi aveva maggiormente colpito in lei era il modo in cui girava la testa e sorrideva» (Alfred Hitchcock) • Ascendenze svedesi per parte paterna, tedesche e norvegesi per parte materna • Figlia di un droghiere (fu il padre a soprannominarla «Tippi», quando era piccola), si trasferì dapprima con la famiglia in California, e poi da sola, nel 1950, a New York, ove entrò a far parte dell’agenzia di moda di Eileen Ford. Dopo un rapido debutto cinematografico, in una piccola parte non accreditata, nella commedia musicale The Petty Girl di Henry Levin, declinò ogni successiva offerta per concentrarsi sulla sua carriera di modella, nella quale ottenne grande successo tra gli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, venendo immortalata sulle copertine di alcune tra le principali riviste dell’epoca, tra cui Life e The Saturday Evening Post, e in alcune pubblicità televisive, una delle quali risultò determinante per la svolta della sua vita. «La genesi de Gli uccelli è legata a una falsa partenza. Nel 1960, sull’onda del successo di pubblico di Psyco, Hitchcock avrebbe dovuto girare Marnie con Grace Kelly, nei confronti della quale si dice nutrisse un affetto particolare. Non fu possibile: la protagonista de La finestra sul cortile di lì a poco si sarebbe ritirata dalle scene per diventare una principessa a tempo pieno. Il copione fu messo da parte, ma una serie di fatti di cronaca legati agli uccelli attirarono l’attenzione del regista, che ricordò di aver opzionato il racconto di Du Maurier. Trovato lo sceneggiatore, Evan Hunter, non restò che trovare un volto per Melanie Daniels. Il caso fornì un’opportunità: guardando la televisione, Hitchcock si imbatté nello spot della bibita dietetica Sego, che vedeva protagonista Tippi Hedren. Non ci pensò due volte. Nella sua autobiografia intitolata Tippi e uscita nel 2016 (non in Italia), l’attrice racconta di aver ricevuto una telefonata – data esatta: venerdì 13 ottobre del 1961 –, nella quale le venne semplicemente detto che un “noto regista” voleva incontrarla. L’ordine impartito agli Universal Studios era stato semplicemente “Trovate la ragazza”, e da quel momento fu così che il regista si riferì a Hedren in sua assenza: “La ragazza”. Dopo cinque giorni, Hedren venne a sapere che era Alfred Hitchcock a chiedere di contattarla; voleva metterla sotto contratto a 500 dollari alla settimana, sebbene non sapesse per cosa. Firmò comunque. Era un’esordiente: a parte la pubblicità, aveva avuto solo una piccola parte per la quale non era neppure finita nei titoli di coda. Si trovò improvvisamente sommersa di attenzioni. Le venne assegnata una costumista straordinaria (Edith Head, vincitrice di numerosi Oscar) per rifarle l’intero guardaroba, e lo stesso cineasta, assieme a sua moglie Alma Reville, diventò il suo insegnante di recitazione. Le fu richiesto di fare una prova su schermo riprendendo scene iconiche da tre film di Hitchcock: Rebecca, Caccia al ladro, Notorious; furono costruiti per lo scopo set elaborati e cuciti abiti ad hoc per il valore di 25.000 dollari – circa 200.000 dollari di oggi –, ma Hedren non conosceva ancora la ragione di quanto stava accadendo» (Marina Pierri). «Il provino della debuttante, gratificato con un compenso di 20 mila dollari, durò addirittura tre giorni: […] “Fu un’esperienza fantastica e impegnativa quella di replicare tre personaggi creati da Joan Fontaine, da Ingrid Bergman e dalla Kelly, e ogni tanto Hitch mi rendeva le cose difficili rivolgendomi domande crudeli. Dopo il provino, mi invitò a cena da Chasen’s, il più esclusivo ristorante di Hollywood, con la moglie e Lew Wasserman, un produttore importantissimo. Sul tavolo trovai il pacchetto di una gioielleria di San Francisco, dentro il quale c’era questa spilla di oro e brillanti con tre uccelli in volo. […] Avevo pensato che lui volesse affidarmi una parte nella sua serie televisiva, e solo allora capii che mi aveva scelta per Gli uccelli. Piansi per l’emozione, ma avevano le lacrime agli occhi persino Alma e Wasserman”» (Alessandra Levantesi). Stando a quanto recentemente raccontato dalla Hedren, però, «nel corso delle riprese de Gli uccelli, le attenzioni di Hitchcock divennero indebite. Le faceva recapitare in camerino ceste di carboidrati con scritto “mangiami” per paura che perdesse peso, e l’attrice venne a sapere che troupe e comprimari avevano ricevuto l’ordine di “non toccare la ragazza”. Racconta Hedren: “Diventò uno schema di cui all’inizio non mi resi davvero conto. Ogni volta che parlavo con un maschio del cast o della troupe, il mio scambio successivo con Hitchcock era glaciale. Capitava che recitasse una barzelletta oscena o offensiva e mi criticasse senza ragione. Lo faceva al mio fianco sui sedili della sua limousine, guardandomi negli occhi. O si perdeva in monologhi infiniti e senza senso solo per sentirsi parlare e ricordarmi chi era il padrone. Non reagivo in alcun modo; guardavo semplicemente fuori dal finestrino pensando ‘Portatemi via da qui’”. Un giorno, davanti a un hotel, nella stessa limousine, Hedren racconta che Hitchcock provò a baciarla buttandosi su di lei. “Gridai: ‘Cosa?’ e poi ‘Smettila’. Lo spinsi via. Schizzai fuori”. Hedren immagina, ma non dà per certo, che questo incidente possa aver avuto un riverbero diretto su quanto successe dopo, durante la […] lunga sequenza di attacco en plein air che culmina con la scena della cabina telefonica, […] che le avevano assicurato essere di vetro infrangibile e immune all’attacco di tre uccelli meccanici. […] L’attrice ha raccontato che “il vetro andò in frantumi davanti alla mia faccia e piccole schegge di vetro mi finirono nelle guance. La mia reazione, la vedi direttamente nel film”. Le cose peggiorarono. Hedren si accorse che Hitchcock la spiava dal retro della famosa limousine di fronte a casa sua, che la faceva tallonare e che aveva fatto analizzare la sua calligrafia. In un angolo del set, racconta che il regista le abbia chiesto insistentemente di toccarlo (lei se ne andò). “Non potevo parlare di tutto questo a nessuno”, scrive Hedren. “Erano i primi anni Sessanta. Molestie sessuali e stalking erano parole che neppure esistevano. In ogni caso, si trattava di Alfred Hitchcock, una delle superstar Universal, e io ero solo la fortunata modella bionda che aveva salvato dall’anonimato. Chi di noi era di maggior valore agli occhi degli Studios, io o lui?”. Le avance continuarono, così come gli insistenti ma negati inviti a cena o bere un bicchiere. […] “Era un grande regista. Ero in debito”, scrive Hedren in Tippi. “Gli dovevo il 100% della dedizione, concentrazione e talento che dovevo profondere ne Gli uccelli, e gli dovevo il rispetto professionale che ogni attore deve al proprio regista. Non gli dovevo la mia dignità, né l’abbandono dei valori che mi erano stati impartiti da bambina, e nei quali credevo con tutto il cuore. Non gli dovevo né il mio corpo né la mia anima”. Eppure stava per arrivare il test (o la punizione) della camera da letto. Hedren confessa di aver sempre trovato la scena poco plausibile: […] nel bel mezzo dell’attacco sempre più feroce degli uccelli, Melanie Daniels è rinchiusa con Mitch Brenner, sua madre e sua sorella in casa. In un breve momento di quiete dopo la tempesta, la donna sale al piano di sopra […] e viene attaccata dai pennuti; stavolta, però, non ha possibilità di chiedere aiuto. È la scena più terribile: decine di belve assatanate si scagliano contro Melanie, e per pochissimo non la ammazzano. Nel film l’assalto dura un minuto. Sul set avrebbe dovuto essere girato con uccelli meccanici, ma l’attrice racconta che l’aiuto regista, suo buon amico, non riuscì neppure a guardarla negli occhi nel dire che invece sarebbero stati usati uccelli in carne e ossa, perché “quelli finti non funzionavano”. Le riprese durarono cinque giorni all’interno di una vera e propria gabbia. “Non ero spaventata, ero scioccata, e ripetevo a me stessa: ‘Non mi farò spezzare da lui, non mi farò spezzare da lui’”. Hitchcock gridava “Azione!” mentre corvi, colombe e piccioni venivano scagliati contro l’attrice: “Era brutale e senza sosta”, ricorda. Non riusciva più a parlare, la troupe osservava a sua volta ammutolita e, quando un uccello legato alla spalla di Hedren la beccò sull’occhio e lei disse “basta” con “la poca voce che era rimasta”, fu lasciata da sola e nel silenzio nella gabbia. […] I tormenti di Hedren non finirono con Gli uccelli, anzi. Il copione di Marnie fu tirato nuovamente fuori dal cassetto; l’attrice era impegnata contrattualmente con il regista. Sempre nella sua autobiografia, Hedren racconta che sul set della pellicola, basata sulla storia di una donna frigida (che verrà peraltro stuprata dal marito) per via di un grosso trauma, il cineasta provò a violentarla dopo averla isolata ed essenzialmente relegata a un bungalow che comunicava con il suo ufficio privato attraverso una porta posteriore. “Non sono mai entrata nei dettagli, e mai lo farò. Dirò soltanto che mi ha afferrata e mi ha messo le mani addosso. Era sessuale, era perverso, era orribile e io non avrei potuto provare più repulsione. Più resistevo, più diventava aggressivo. Cominciò ad aggiungere minacce, come se potesse fare qualcosa di peggio di quanto stava facendo”. Continua: “Mi ha guardata direttamente negli occhi e mi ha detto: ‘Rovinerò la tua carriera’”. Hedren riuscì a sfuggire all’agguato e se ne andò, come aveva già fatto più volte, sbattendo la porta. Hitchcock non le parlò mai più. Mentre filmavano Marnie, non si rivolse mai direttamente a lei. Sembra che impedì che fosse candidata a un Oscar per la parte. Diffuse commenti sgradevoli sulla sua professionalità. A chiunque chiamasse per un ingaggio rispondeva “non è disponibile”, cosa che accadde anche con François Truffaut, che la voleva per il suo Fahrenheit 451. “Feci cinquanta film dopo Marnie”, ricorda l’attrice, “e diversi episodi per le serie tv. Ma non mi è mai più stato offerto un ruolo importante come quelli nei film di Hitchcock, i due film per cui mi aveva scelta e per cui mi aveva ossessivamente preparata, prima di punirmi quando, ai suoi occhi, gli feci l’irreparabile torto di rifiutarlo. Forse mi aveva rovinato la carriera, ma era in mio potere impedirgli di rovinare la mia vita”» (Pierri). Tra i pochissimi film d’autore in cui apparve in seguito, La contessa di Hong Kong di Charlie Chaplin (1967), ultima pellicola del grande regista, in cui la Hedren interpreta un piccolo ruolo, nelle vesti della moglie di Marlon Brando, coprotagonista insieme a Sophia Loren. «Nel 1970, le riprese di Satan’s Harvest portarono Hedren in Africa, dove ebbe modo di innamorarsi dei grandi felini: dei leoni, nello specifico. Assieme al marito dei tempi, Noel Marshall, già produttore de L’esorcista, l’attrice trasformò gradualmente la sua casa ad Acton, in California – l’ampiamente fotografata Shambala Preserve – in un rifugio per animali selvaggi in difficoltà: lo scopo iniziale fu girare il film Roar, che tra decine di incidenti vide la luce undici anni più tardi e costò 17 milioni di dollari senza rientrare minimamente nelle spese; più tardi Hedren abbracciò il ruolo di attivista animalista, e ancora oggi ospita decine di creature» (Pierri). Nel 2018 è apparsa in una pubblicità televisiva di Gucci. «Tippi Hedren chiude il cerchio e torna agli inizi della sua carriera: la moda. Il direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, l’ha scelta come protagonista della nuova campagna per la collezione di orologi automatici e gioielli della maison. […] Tippi Hedren esordì come modella. E adesso, diretta dal fotografo Colin Dodgson, torna a posare in veste di veggente e chiromante. Nel retrobottega di un locale di Los Angeles, tra sedie dorate, tovaglie di seta e candele, la maga attira giovani curiosi, leggendo il loro futuro dalla sua sfera di cristallo» (Marisa Labanca) • Tra le varie, episodiche apparizioni televisive della Hedren: Cuore e batticuore, Beautiful, L’ispettore Tibbs, Perry Mason, La signora in giallo, Chicago Hope, Csi – Scena del crimine. Nel 1994 prese anche parte, in un ruolo minore, a Gli uccelli II, pessimo seguito televisivo della pellicola di Hitchcock, in seguito rinnegato dalla stessa Hedren («Pessimo, addirittura un insulto. Meglio dimenticarlo del tutto») • Le recriminazioni della Hedren contro Hitchcock hanno ispirato nel 2012 il film televisivo The Girl – La diva di Hitchcock di Julian Jarrold, in cui l’attrice è interpretata da Sienna Miller e il regista da Toby Jones. «Tuttavia il ritratto così negativo del celebre autore britannico è stato contestato sia da alcuni importanti biografi del regista come Tony Lee Moral, autore di tre libri sul maestro, sia dalle altre grandi attrici che hanno lavorato con Hitchcock, che […] hanno bocciato senza mezze misure la pellicola. […] Le altre muse del regista hanno fatto quadrato attorno a Hitchcock e hanno difeso la memoria del maestro. Eva Marie Saint, mitica interprete di Intrigo internazionale, non ha dubbi: “Hitchcock era un gentiluomo, una persona divertente, e quando abbiamo lavorato assieme ha curato con grande attenzione il personaggio di Eve Kendall che interpretavo. Con me ha avuto il massimo rispetto, ha sempre mostrato amicizia e simpatia”. Dello stesso avviso Doris Day, che assieme a James Stewart girò L’uomo che sapeva troppo: “Era solo il signor Hitchcock, una persona meravigliosa, un grande regista e un buon amico. Mi è davvero piaciuto lavorare con lui”. Kim Novak, l’indimenticabile interprete de La donna che visse due volte, sottolinea quanto il regista fosse professionale con le attrici: “Hitchcock è stato uno dei più grandi registi di sempre, ed è uno di quelli più studiati. È stato un perfezionista”. Anche Virginia Darcy, parrucchiera sui set dei film Gli uccelli e Marnie, difende il maestro: “Dovevi prendere Hitchcock con un pizzico di sale. Tippi invece era una ragazza innocente venuta da New York. Non credo che allora avrebbe potuto badare a se stessa, e poi non aveva mai fatto un film in vita sua. Non era mai stata in uno studio né aveva conosciuto mai un regista. Tra le sue amicizie c’erano solo fotografi”» (Francesco Tortora) • Tre matrimoni alle spalle: il primo, in giovane età, con Peter Griffith (all’epoca non ancora pubblicitario di successo), da cui è nata l’attrice Melanie Griffith (secondo Tullio Kezich, «più brava di sua madre»), madre a propria volta dell’attrice Dakota Johnson; il secondo con Noel Marshall, all’epoca suo agente e in seguito produttore di tre suoi film; il terzo con Luis Barrenechea, imprenditore dell’acciaio. Da ultimo, è stata legata per alcuni anni con il veterinario Martin Dinnes • «Perfetta icona femminile del cinema di Alfred Hitchcock. Dotata di un portamento austero e di una bellezza apparentemente fredda ma pronta a sciogliersi in espressioni di dolce femminilità, ha conferito alle sue interpretazioni dei film hitchcockiani un velo di mistero, celando sotto la serenità di un viso cristallino oscuri turbamenti interiori. […] Pur non avendo ricevuto i meritati consensi di pubblico e critica all’epoca dell’uscita di questi film, la modernità del suo stile espressivo ha influenzato, negli anni successivi, attrici della Nouvelle vague francese, come le protagoniste di alcuni gialli di Claude Chabrol» (Guglielmo Siniscalchi). «Bionda, flessuosa, altera» (Gianni Canova). «Insipida interprete» (Alvise Sapori) • Alla morte di Hitchcock (29 aprile 1980), la Hedren partecipò ai suoi funerali, e dichiarò: «Era uno sforna-storielle senza pari. Sapevamo esattamente cosa voleva dai suoi personaggi prima di salire sul set. Il suo senso dello humour sul set era meraviglioso. Qualche istante prima del ciak, ti raccontava una barzelletta per rilassarti». Ancora alla fine degli anni Novanta, pur alludendo a qualche tensione nel loro rapporto, parlava così della sua esperienza con il regista: «Recitare con lui vuol dire essere viziati per la vita»; «È stato impegnativo recitare per lui; faticoso ma formativo: mi ha aperto tante porte»; «In seguito ho fatto molti film, incluso La contessa di Hong Kong con Charlie Chaplin; però in generale, dopo Hitchcock, gli altri erano una delusione. Non ho mai conosciuto nessuno che avesse un controllo così completo del proprio lavoro. Ora penso a lui come a una specie di grande computer, capace di immagazzinare tutto e di trasformarlo in arte».