Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  gennaio 17 Giovedì calendario

Mozzarelle messe in crisi dalla Brexit

Chiunque abbia vissuto all’estero conosce la nostalgia del cibo di casa, che si risolve in pizze fallimentari bruciate nel nuovo forno o in pecorini infilati in valigia dagli amici in visita. Probabilmente nessuno è mai rimpatriato per questo, ma più di qualcuno ha abbandonato la carriera per cui era emigrato per ricreare un pezzo del mondo che si era lasciato alle spalle. È così che sono nate Bianca la Bufala e La Latteria, due aziende fondate da expat italiani a Londra per portare la mozzarella italiana in Regno Unito, con modalità e soluzioni differenti: la prima comprandola da azien­de italiane e importandola; la seconda producendola in loco con latte inglese e maestranze italiane. Hanno avuto entrambe successo: ora forniscono grossi rivenditori, ristoranti raffinati e ricche gastronomie. Nei prossimi tempi la loro crescita dovrà fare i conti con le in­certe conseguenze di Brexit, rese ancora più incerte ora che il Parlamento ha respinto l’accordo trovato dal primo ministro Theresa May con l’Unione Europea. Se si arrivasse al no deal, le merci commercia­lizzate con il Regno Unito subiranno dazi ingenti: per il formaggio si parla di 1670 euro a tonnellata.Importare
Bianca la Bufala fu fondata nel 2007 Andrea Andrisano e Andrea Livi, due romani che vivevano a Londra da dieci anni e lavoravano nel mondo della musica e nella gestione di bar e ristoranti. Stanchi della mozzarella dei supermercati inglesi, studiarono un sistema per importare la grassa e saporita bufala italiana. Iniziarono con un piccolo investimento e il tra­sporto aereo per averla più fresca possibile: lo era, ma i costi non erano sostenibili e passarono al trasporto via gomma. Brando Zarghetta, at­tuale general manager, racconta che all’inizio facevano tutto Andrisano e Livi: prendevano la mozzarella dai produttori, che ritiravano al porto di Dover. Dieci anni dopo sono tra i maggiori importatori di mozzarel­la e latticini italiani sul mercato britannico. La bufala è prodotta da un’azienda agricola di Santa Maria Capua Vetere, che alleva anche gli animali per farla, il Fiordilatte viene da un’azienda vicina. Burrata e stracciatella sono di un caseificio di pugliesi a Muggiò, in provincia di Monza: «Dalla Puglia ci vorrebbe un giorno di trasporto in più, importarla da Milano significa averla più fresca», spiega Zarghetta. La garanzia di un prodotto sempre fresco è la chiave del successo dell’azienda, che importa solo prodotti già ordinati. «Tutto quello che ordino in Italia è già stato venduto, in magazzino non ci resta niente: così non abbiamo rischi, né avanzi. A Londra il prodotto arriva due volte a settimana, diverse tonnellate di latticini».

Bianca la Bufala è un private label: la mozzarella è impacchettata dai produtto­ri con il logo e rivenduta. «Riforniamo dai piccoli ristoranti a quelli stellati, dai delikatessen ai grandi rivenditori». Tra i clienti, circa 130 ristoranti, ci sono Novikov, ristorante italiano alla moda, la pizze­ria gourmet ‘O ver e il fornitissimo negozio di formaggi Buchanans Cheesemonger. Dal 2016 ha iniziato a espandersi nel resto d’Euro­pa: ad Amsterdam, nel sud della Francia e in Irlanda. Gli ordini e i trasporti sono plasmati sulle esigenze di ogni Paese: «A Londra ho un magazzino, tre ragazzi e tre furgoni; ad Amsterdam funziona come a Londra mentre in Irlanda la vendo a un altro distributore». È una naturale conseguenza del successo ma anche una reazione alla situazione economica e politica: «Abbiamo aperto ad Amsterdam dopo Brexit, perché potrebbe comportare un grosso danno sia per i dazi alle importazioni sia per l’allungamento dei tempi alla dogana: considerati i giorni di scadenza dei nostri prodotti, uno o due giorni potrebbero essere un guaio».

Produrre
Della situazione potrebbe invece approfittarne, in quanto azienda britannica, La Latteria, aper­ta nel 2016 da Simona di Vietri, che dopo una carriera in finanza si è stabilita a Londra con il marito e due figli. Prendendo spunto dal cugino Enrico Carretta, che dalla Basilicata aveva aper­to un caseificio di successo a Milano, decise di fare lo stesso ma all’estero. Invitò il cugino nella sua casa a Londra, passò un giorno con lui a fare mozzarelle e poi organizzò una festa con gli ami­ci: se ne andarono entusiasti e lei capì che si po­teva fare. Volendo supervisionare la qualità del latte, si mise a cercare i fornitori giusti: ottenerne la fiducia è stata la cosa più difficile. «Gli allevatori non hanno un sistema di distribuzione e hanno contratti rigidi con gli acquirenti, spesso grosse catene di supermercati, che arrivano con i loro camion, ritirano il latte e se ne vanno, impo­nendo i prezzi. Gli allevatori non hanno latte in più e sono legati da penalty gigantesche. Quando andavo a parlarci mi guardavano diffidenti, di­cevano che sarei dovuta andare io a prendermi il latte e pensavano che non l’avrei fatto. Noi ci siamo comprati due furgoni refrigerati e ora ci riforniamo da tre produttori nel Surrey e nel Kent per circa 12mila litri di latte a settimana».
Anche La Latteria lavora soltanto su ordini fatti online: «Arrivano entro il primo pomerig­gio, la produzione, fatta da due casari italiani con 15 anni di esperienza, avviene entro sera e di mattina c’è la consegna, in magazzino non teniamo niente». I clienti sono soprattutto ristoranti, come l’InterContinental di Theo Randall a Mayfair, e il catering; dei 21 prodotti – nodini fior di latte, scamorzine affumicate, ricotta e primo sale – «il più venduto è la burrata». Di Vietri assicura che «la differenza con la mozzarella italiana c’è ma non in peggio: la qualità del latte inglese è fantastica, qui gli animali passano più tempo all’aria aperta e mangiano più foraggio; il latte inglese è più cremoso e ha un gusto più intenso». Il futuro non è una grossa preoccupazione, Brexit potrebbe aumentare il costo del confezionamento, importato, ma anche «danneggiare gli avversari, che importano tutto». È anche vero che «molte aziende, banche e multinazionali stanno lasciando Londra», portando con sé molte delle persone che si siedono agli eleganti ristoranti che rifornisce.