Il Messaggero, 17 gennaio 2019
«In dormitorio non ci vado, mi rubano le scarpe»
ROMA «E come mi ci portano dentro un dormitorio? Mi prendono per mano o con la forza? Oppure mi fanno passare per matta? Ho la mia libertà e in quei posti non ci metto piede». Antonella è sul piazzale della stazione Termini, seduta su una coperta e su un cumulo di cartoni che, dice, userà poi nella notte per proteggersi dal freddo. È la strada la sua casa, da più di 4 mesi. Non per scelta «sia chiaro», puntualizza, ma per quella condizione «imposta dalla sfortuna e da una vita che ha sorriso quando guardavo da un’altra parte». Altro che centro obbligato del Comune: «a me, come a tutti gli altri, non possono obbligare nulla: siamo persone libere». E taglia corto così sull’idea della sindaca Virginia Raggi di firmare un’ordinanza con la quale imporre ai clochard i ricoveri notturni allestiti in questo inverno romano che ha già fatto ucciso nove senzatetto. Libertà «inviolabile» aggiunge Riccardo che da Firenze vaga per Roma e dorme anche lui alla stazione.
Sì, ma c’è anche dell’altro: «Se ti va bene ci rimetti solo le scarpe conclude Antonella altrimenti ti ritrovi un coltello puntato addosso perché, dentro un dormitorio del genere, c’è anche chi prova a portarti via le poche cose che hai». E allora eccola la sentenza degli chi ha scelto di essere invisibile: se bisogna rischiare «tra morire al freddo o in mezzo a una rissa, scelgo la prima opzione». «Ho visto fare a botte solo per un’arancia data da un volontario a un amico mio, che un altro gli è saltato al collo», aggiunge Armando, con un biglietto per Roma da Cuba conservato ancora nel portafogli sudicio. Una situazione confermata anche da uno degli operatori della Sala sociale del Campidoglio, Fabrizio Schedid: «Queste cose possono succedere, non è l’ordinario però». E poi la stoccata finale che fa rabbrividire. E non per il freddo di un pomeriggio di gennaio.
MANCANZA DI COMUNICAZIONE«Dov’è che stanno questi ricoveri?», chiedono tanti clochard tra quelli incontrati a piazzale dei Cinquecento, in via Marsala, in via Giolitti, allo scalo di San Lorenzo, per citare alcune delle zone più comuni e centralissime di Roma dove fanno gruppo. Dopo quelli che conoscono il sistema e preferiscono non aver nulla a che fare con questo tipo di assistenza, ci sono anche quelli che trasecolano: «Di quali centri parli?». Lo chiedono con occhi lucidi perché l’alcol ancora non gli ha offuscato i pensieri.
Alcuni non sanno neanche che esistano i dormitori del Campidoglio, i luoghi che ultimi dati alla mano offrono ben 1.661 posti ogni giorno. Per il piano freddo il Campidoglio ha attivato convenzioni anche con associazioni laiche e religiose che hanno messo a disposizione le proprie strutture. Ben 335 posti suddivisi in 6 centri cui si aggiungono le strutture municipali (attivate dalla III, VIII, IX, X ex circoscrizione) per altri 130 posti. Non finisce qui: attivi anche i posti previsti nel piano gelo, lo step superiore che contempla brandine alla stazione Termini, Tiburtina e in quelle delle metropolitana Flaminio e Piramide. «Uno dei problemi è la comunicazione da parte dell’amministrazione», confida la volontaria di un centro convenzionato con il Campidoglio che preferisce l’anonimato. «Oltre alle campagne d’informazione, si dovrebbero garantire delle ronde numerose di volontari tra i senzatetto, sul territorio».
Molte associazioni di quelle accreditate lo fanno. E il Comune? Per i posti letto che gestisce direttamente manda in strada ogni giorno 6 gruppi della Sala operativa sociale per una dozzina di operatori chiamati a scandagliare i meandri della città in cerca dei senzatetto.