Il Messaggero, 16 gennaio 2019
Federico, il ragazzino di 15 anni morto di meningite
Se n’è andato in meno di 24 ore, Federico, grandi occhi color nocciola e uno spirito vivace come solo quello dei quindicenni riesce ad essere. Ad ucciderlo, senza poter dare tempo e modo ai medici di salvarlo, una sepsi meningococcica le cui cause, ma soprattutto il cui tipo, è ora allo studio degli specialisti dell’Istituto Spallanzani che stanno concludendo le colture del virus per risalire al ceppo specifico di meningite. Una morte fulminea che non ha dato scampo e che, uno a uno, ha intaccato tutti gli organi vitali senza possibilità di porre rimedio. Il cuore di Federico ha smesso di battere per un arresto cardiaco lunedì sera, dopo neanche 24 ore dall’arrivo all’ospedale Umberto I dov’era stato ricoverato d’urgenza nella Terapia intensiva del reparto di Pediatria. Il ragazzo, che venerdì avrebbe compiuto 16 anni, era stato vaccinato ancora piccolo per la meningite di tipo B ma non era stato sottoposto da adolescente all’immunizzazione di altri ceppi della meningite, come il C o il 135, la cui vaccinazione il tetravalente coniugato anti-meningococco A,C,Y,W nella Regione Lazio è consigliata ma non obbligatoria. Immediatamente sono scattate tutte le procedure del caso. Federico frequentava il terzo anno dell’istituto superiore alberghiero Amerigo Vespucci di via Cipriano Facchinetti, sulla Tiburtina, e non appena si è avuto notizia della sua scomparsa, a scuola è scattata la profilassi obbligatoria per i compagni di classe, gli amici più stretti, per i tecnici e i professori che hanno avuto contatti diretti con lui nei giorni scorsi. Scientificamente il suo è un caso possibile, ma rarissimo. Di una sepsi meningococcica così aggressiva e violenta che porta alla morte in un lasso di tempo strettissimo, non si hanno ricordi recenti.
LA PREVENZIONE
«Erano le 21.30 di lunedì spiega il dottor Antonio Miglietta, della Asl Roma 2 che copre la scuola quando abbiamo programmato l’intervento nell’istituto dove si è tenuta ieri alle 11 un’assemblea plenaria con 200 tra studenti, professori e genitori. Abbiamo spiegato loro la profilassi da seguire». Ovvero l’obbligo di assumere un antibiotico a base di ciprofloxacina per i 18 compagni di classe, in quanto ritenuti contatti stretti del giovane, così come per i 12 docenti e per il gruppo di 24 alunni che con Federico avevano svolto, lo scorso 9 gennaio, uno stage al dicastero dell’Istruzione da dove ieri il ministro, Marco Bussetti, ha espresso il cordoglio alla famiglia del giovane ribadendo la necessità «di affidarsi alle indicazioni delle autorità sanitarie». Per tutti gli altri compagni, per coloro cioè che hanno incontrato Federico tra i corridoi del Vespucci in cortile o nei laboratori, e che dunque non hanno avuto rapporti ravvicinati, la profilassi è facoltativa.
IL DOLORE A SCUOLA
«Siamo rimasti tutti sotto choc racconta la preside del Vespucci, Maria Teresa Corea piegati dal dolore perché Federico era uno studente amato da tutti, che si impegnava con una passione non comune nelle materie di corso, negli stage e nei tanti laboratori, ci tengo a tranquillizzare le famiglie degli altri studenti perché ogni procedura specifica è stata attivata, non c’è pericolo». A garantire la sicurezza anche l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato: «La situazione è sotto controllo. Ai familiari e agli amici del giovane va la piena vicinanza in questo momento di grande dolore». Ieri nella scuola, oltre alla paura di molti genitori, si respirava molta tristezza. Perché davvero Federico per come lo ricordano i compagni di classe e anche i docenti che l’hanno visto crescere in questi tre anni di superiori era un giovane che «dava sempre una mano, simpatico a tutti perché aggregava anche noi studenti», «che non sacrificava il suo tempo a scuola ma che lo metteva a frutto ricorda commosso il professor Vincenzo Arnone non era certo un ragazzo timido, a volte mi faceva anche un po’ arrabbiare ma poi veniva lì e ti diceva: Su prof. che non è successo nulla, un sorriso lo so che me lo fa». E andava davvero così: i sorrisi e le risate che Federico riusciva a strappare in quel grande istituto di periferia li ricordano anche i tecnici e i collaboratori con gli occhi sporchi dalle lacrime. «Abbiamo deciso conclude la preside Corea di intitolargli l’Aula magna mentre giovedì in cortile i suoi compagni hanno chiesto di celebrare un minuto di silenzio per ricordarlo tutti insieme». I funerali si terranno domani nella chiesa di San Frumenzio a Prati Fiscali, il quartiere di Roma nord dove viveva il giovane.
***
Intervista alla mamma
«Federico lo avevo vaccinato quando era ancora piccolo per il meningococco B, adesso che era adolescente non ci avevamo pensato agli altri tipi di vaccinazioni consigliate ma sulla base degli esami che verranno fuori, spero che la sua morte non sia vana, che i genitori seguano i consigli dei medici anche sulle vaccinazioni non obbligatorie».
È distrutta dal dolore mamma Valeria. Piange e si dispera perché il suo “Pippi” è scomparso dietro una porta del reparto di Terapia Intensiva del policlinico Umberto I, stroncato da unameningite fulminante che non gli ha lasciatoscampo.
Signora Rossomanno, che cosa èsuccesso domenicanotte?
«Nel pomeriggio Federico era uscito con i suoi amici, sono andata a prenderlo poco prima di cena e siamo tornati a casa, stava bene, non aveva nulla. Poi, però, al mattino presto, intorno alle 5.30, mi ha svegliato perché si sentiva male, aveva la febbremolto alta».
Cosa ha fatto?
«Ho pensato che fosse l’influenza e per questo gli ho dato degli antipiretici poi però la febbre non passava, intorno all’ora si pranzo ha iniziato a coprirsi di macchie e con il papà abbiamo deciso di portarlo in ospedale, eravamo spaventati e così invece di aspettare l’ambulanza, lo abbiamo portato noi». In quei momenti Federico era vigile?
«Sì, gli dicevo “Fede tranquillo, stiamo arrivando”, luimi faceva sì con la testa, poi lo hanno ricoveratod’urgenza».
Lo ha più rivisto prima che morisse?
«Sono riuscita a dirgli solo “ciao Pippi”, lo chiamavo così perché Fede aveva l’esuberanza di Pippi calzelunghe. Era su una sedia a rotelle, è scomparso dietro una porta e l’ho riabbracciato quando ormai era troppo tardi. I medici ci hanno detto che era molto grave, che si trattava di meningite, non riesco a darmi pace».
All’istituto alberghiero Vespucci, che suo figlio frequentava, compagni e professori, ricordano un ragazzo dal grande sorriso, “caciarone” come si dice a Roma...
«Era un figlio eccezionale, un ragazzo dall’anima pulita, che amava tantoquella scuola».
Come mai aveva scelto un alberghiero?
«La passione per la cucina gli era venuta da bambino, quando la sua baby-sitter che aveva una pasticceria, passava i pomeriggio con lui a fare i dolci. All’inizio si è iscritto per diventare chef poi ha capito che gli piaceva di più il servizio di sala e non perdeva occasione per partecipare a uno stage o a un laboratorio. Aveva anche tante altre passioni...».
Quali?
«Da anni frequentava la società Atletico Talenti, era un ginnasta moltobravo, la mia ragione di vita perché mi dava consigli, vedeva il mondo con purezza, la sera ci sedevamo sul divano a vedere film insieme, mi diceva sempre per ogni piccolo problema: «Mamma si risolve tutto, stai tranquilla».