Corriere della Sera, 16 gennaio 2019
Alessandra Ferri, tornata a danzare a 55 anni
Per annunciare al mondo l’inizio di una nuova era all’insegna dell’apertura, delle possibilità, dell’accesso a un pubblico meno uniforme, la Royal Opera House ha scelto una stella della danza che, con talento, impegno e soprattutto amore e passione per la propria arte, ha dimostrato che tutto è possibile, anche sfidare il tempo. A 55 anni, Alessandra Ferri torna nel teatro londinese che le ha dato grandi soddisfazioni professionali con uno spettacolo che la vede sola sul palcoscenico al fianco dell’argentino Herman Cornejo – partner nel ballo e anche per un periodo nella vita – e al pianista Bruce Levingston. Uno show creato e studiato da loro tre assieme a coreografi come Russell Maliphant, Demis Volpi e Fang-Yi Sheu sulle musiche di Bach, Satie, Ligeti, Scarlatti, Mozart e Philip Glass.
Si tratta di un progetto ambizioso e travolgente, che già durante le anteprime – la prima ufficiale di Trio Concert Dance è domani – ha riscosso enorme successo, tanto che gli organi d’informazione britannici lo segnalano come un appuntamento da non perdere, un evento per cui vale la pena fare i salti mortali per assicurarsi un biglietto, anche perché, a dimostrazione dell’ammirazione e dell’affetto che nutrono per lei il Regno Unito e il pubblico internazionale della danza di passaggio o stabile a Londra, i posti ancora non assegnati sono pochissimi.
Trio è soprattutto uno spettacolo commovente per l’intimità e la poesia che trasmettono i suoi protagonisti. «La vera stella di questo spettacolo è la musica» spiega Ferri, raggiante e modesta come sempre nonostante gli straordinari risultati ottenuti in 35 anni di carriera in Europa così come negli Stati Uniti, dove approdò appena 21enne come partner di Mikhail Baryshnikov. «Il pubblico si unisce a noi in un momento di magia, l’atto dell’ascoltare. Cosa avviene in noi mentre ascoltiamo? Per noi che siamo sul palcoscenico, il nostro modo di comunicare queste emozioni è ballare». Lo stabile è lo stesso che a 19 anni sigillò il suo arrivo ai massimi livelli come prima ballerina del Royal Ballet, ma il palcoscenico è diverso. È quello del Linbury, precedentemente uno spazio per le prove accanto all’auditorio principale che la Royal Opera House ha voluto ristrutturare completamente creando un teatro vero e proprio, di dimensioni più ridotte, perfetto per la danza e la musica da camera. Inaugurarlo con Alessandra Ferri si è dimostrata una mossa vincente: in scena esprime la gioia e l’amore che prova per la danza, sentimenti che hanno reso la pensione una condizione insostenibile.
I dolori
Quando ho smesso
sentivo dolori ovunque, stavo male, non riuscivo quasi a muovermi
C’erano stati nel 2006 e 207 l’addio alla Scala così come l’ultimo saluto all’American Ballet, a New York. Dopo sette anni di pausa, Ferri è tornata in scena, cominciando da Spoleto nel 2013. Era l’inizio di un secondo capitolo. «Questo non è un lavoro normale – ha raccontato al Times —. Non è come smettere di andare in ufficio. Quando lasci la danza lasci una parte di te, uno stile di vita, un modo di esprimerti». Non poteva durare. «Senza ballare stavo malissimo. Mi faceva male tutto il corpo, non riuscivo quasi a muovermi. Così ho ripreso prima con il pilates, lo yoga, poi le lezioni di ballo. È stato come ricominciare a respirare». Vederla in scena oggi significa dimenticare che ogni età ha i suoi limiti, significa reinterpretare le capacità del corpo e della mente: «Balla come se avesse trent’anni», ha scritto il Financial Times. «So ascoltare il corpo, ma so anche quando è il momento di ignorarlo. Se provo dolore so che a volte bisogna continuare a lavorare lo stesso. Poi torni a casa, ti riposi e il giorno dopo ricominci».
«Sono – ha spiegato – a favore dell’invecchiamento. Lottare contro l’età vuol dire dimostrare le proprie debolezze». Meglio, invece, apprezzare gli aspetti positivi degli anni. «C’è una libertà diversa. Quando inizi, balli perché adori farlo e ami le persone con cui lavori. Poi subentra l’ambizione, cominci non godere come prima, fai cose perché la gente ti incoraggia a farle. Dicono che ci vuole una vita intera per riscoprire la purezza delle emozioni e delle intenzioni che avevi all’inizio. Per me è stato così». Una filosofia di mestiere e di vita.