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 2019  gennaio 16 Mercoledì calendario

Erdogan e Maduro stringono il patto sull’oro. Così il Venezuela aggira le sanzioni Usa

Nella sua «battaglia dell’oro» il Venezuela ha trovato un alleato prezioso, la Turchia. Lo scontro con gli Stati Uniti, che lo scorso novembre hanno posto sotto sanzioni anche il settore aurifero, si inserisce in un duello più vasto, che vede l’economia venezuelana in ginocchio, con un’inflazione da Repubblica di Weimar, all’830 mila per cento. L’introduzione di una nuova moneta nel 2017, il «bolivar sovrano», non è servita a nulla. 
Il metallo giallo continua invece a essere una garanzia. Anche perché può essere usato per aggirare le sanzioni sulle transazioni finanziarie. E in questo gli interessi di Caracas e Ankara si sono incontrati.
Il viaggio a Caracas
Il viaggio del presidente Recep Tayyip Erdogan a Caracas, il 3 e 4 dicembre 2018, è servito a cementare un’intesa inedita, fra il campione dell’anti-americanismo in Sudamerica, alleato di Russia e Cina, e uno dei Paesi strategici della Nato, che ora guarda anche a Mosca. Erdogan e il presidente Nicolas Maduro hanno firmato decine di contratti. Il leader turco ha condannato le sanzioni americane, in quanto «i problemi politici non possono essere risolti punendo una intera nazione». Maduro ha sottolineato in particolare il «diritto a esportare oro». Ora l’intesa è stata allargata con accordo per «raffinare e certificare» in Turchia il metallo prezioso estratto in Venezuela.
Il contratto è stato firmato ieri ad Ankara dal ministro dell’Industria venezuelano Tareck El-Aissami (di origini siriano-libanesi), lui stesso nel mirino delle sanzioni Usa per «corruzione e traffico di droga». L’oro sarà trattato nel grande complesso industriale di Corum, con una capacità di 365 tonnellate all’anno. Il proprietario, Ahmet Ahlatci, ha partecipato al viaggio a Caracas e ha conosciuto di persona Maduro. Sono cifre importanti. Al corso attuale un grammo d’oro vale circa 36 euro, una tonnellata 36 milioni. Anche la produzione venezuelana è scesa dalle 23 tonnellate annue del 1998 alle 12 del 2015, le statistiche non includono le miniere informali, un flusso che in qualche modo viene intercettato dal regime.
Il record di 62,8 tonnellate
Il Venezuela, secondo l’analista del Center for Global Policy Mehmet Ozkan, ha cominciato a esportare grosse quantità di oro in Turchia, «all’inizio del 2018». Nel corso dei primi otto mesi Ankara ne ha acquistato quasi 24 tonnellate. L’obiettivo principale è ottenere in cambio merci e servizi, che non possono essere pagati in dollari attraverso normali transazioni. Per la Turchia questo tipo di scambi non è una novità. Per anni, a partire dall’espulsione dell’Iran dal sistema finanziario internazionale (Swift) nel 2012, Ankara ha importato centinaia di migliaia di barili al giorno di petrolio iraniano, pagato soprattutto in oro. La scorsa estate, quando sono scattate le sanzioni Usa contro la Turchia per la detenzione del pastore Andrew Brunson, le importazioni turche di oro si sono impennate, con un record di 62,8 tonnellate in luglio. Un movimento stigmatizzato dal Tesoro americano, con il sottosegretario Marshall Billingslea che lo ha definito «un tentativo di aggirare le sanzioni».
La convergenza di interessi fra Venezuela e Turchia è stata rafforzata dalla decisione di Washington di bloccare l’export aurifero venezuelano il 1° novembre scorso. Caracas ha cercato di riportare in patria 14 tonnellate depositate nella Banca di Inghilterra. Londra si è rifiutata. Di qui l’esigenza del Venezuela di aumentare la sua produzione, ma anche di raffinare il metallo grezzo, cosa che la sua industria al collasso non è più in grado di fare. Il trasferimento in Turchia risolverà il problema. Le esportazioni di oro hanno anche un vantaggio rispetto a quelle di petrolio. Gli introiti petroliferi «vengono infatti in parte decurtati a livello internazionale, per ripagare il debito estero venezuelano».
Queste caratteristiche fanno dell’oro la scelta preferita da tutti i Paesi che devono fronteggiare pressioni Usa. Nel 2018 la Russia ha portato le sue riserve al livello record di 2000 tonnellate. La Cina sfrutta al massimo le sue miniere e si è confermata primo produttore mondiale con 426 tonnellate. La Turchia ha ottime relazioni con tutte e due, mentre le tensioni con gli Usa sono tornare a salire sulla questione curda. In questo contesto non stupisce l’appoggio al Venezuela. Il vicepresidente Fuat Oktay era lo scorsa settimana all’investitura di Maduro, boicottata da tutto il mondo libero.