Il Sole 24 Ore, 16 gennaio 2019
I pirati tv all’assalto del calcio: nel 2018 crescita record del 50%
Record su record. I pirati della tv vanno sempre di più all’assalto del calcio. E pazienza che il campionato concluso sia stato quello dei record di violazioni individuate: oltre 64mila eventi live, il quadruplo rispetto al 2011-12. I numeri sulla prima metà del campionato 2018/2019, alla 19ma giornata, secondo le elaborazioni della Lega Serie A mostrano un incremento drammatico: 43.167 violazioni, +50% rispetto allo stesso periodo del campionato passato.
La Serie A alle prese con la finale di Supercoppa italiana fra Milan e Juventus che si disputerà oggi a Gedda, in Arabia Saudita, alla ripresa dovrà fare ancora di più i conti con un crescendo che sembra inarrestabile. Qualcosa fa però pensare che stia per iniziare una stagione in cui si proverà a dare una zampata al fenomeno. Del resto un tris di condizioni rende sulla carta il quadro favorevole ad accelerare su una campagna di contrasto al fenomeno: in legge di Bilancio per il 2019 sono state inserite misure ad hoc; I vertici della Lega Serie A hanno messo la pirateria fra i punti in cima all’agenda; i numeri segnalano algebricamente come il limite sia stato superato.
I numeri del fenomeno
Basti pensare – e questi sono dati diffusi a novembre – che In base a una ricerca Ipsos/Fapav 4,6 milioni di italiani fruiscono illegalmente di eventi sportivi live, con una stima di circa 21 milioni di atti di pirateria compiuti nell’anno passato. Il più colpito è naturalmente il mondo del calcio: 3 pirati su 4 guardano le partite di calcio. Seguono poi Formula 1, Moto GP e Tennis. Insomma, un’ondata di contenuti piratati, attraverso siti web che diffondono illegalmente le immagini live, ma anche attraverso Iptv illegali (contenuti televisivi attraverso tv online illegali) e decoder contraffatti (i “pezzotti”). Per questi esiste una vera e propria attività di riscossione in cui il confine fra gli esattori e criminalità organizzata è spesso inesistente. Le cifre sono da capogiro. Un abbonamento che può includere sport, ma anche cinema, serie tv, canali per i più piccoli, documentari, può essere pagato somme variabili fra i 10 e i 20 euro. A questo si unisce il business dei siti pirata che per sostenersi fanno leva sulla raccolta pubblicitaria.
Cosa si rischia
I reati per chi organizza siti con contenuti piratati o iptv possono essere hackeraggio, riciclaggio di denaro, reati valutari, associazione a delinquere. C’è l’articolo 473 del codice penale che indica multe dai 2.500 euro ai 25mila euro, oltre alla reclusione da sei mesi a tre anni per chi vede contenuti attraverso Iptv illegali. Tutti rischi evidentemente non percepiti come tali, a giudicare da quel 50% in più di partite piratate a metà campionato che fa pensare a un altro anno record. Non una bella notizia per Sky e Dazn che sono titolari dei diritti per la Serie A (Sky 7 partite su 10 ogni giornata e Dazn per le ulteriori 3). «Tanto è stato fatto, ma molto è ancora da fare, partendo da un processo di educazione sociale, in particolare rivolto ai giovani, con l’ausilio delle autorità competenti e degli altri player interessati», dice Veronica Diquattro, Executive vicepresident Italy di Dazn. L’aumento della pirateria non è però neanche una buona notizia per gli stessi club: nei contratti per il triennio in corso con Sky e Dazn sono stati inseriti compensi variabili in funzione del numero di abbonati. Non a caso già a ottobre il presidente della Lega Miccichè ha voluto segnalare come sia «necessario che le istituzioni, le autorità e le forze dell’ordine proseguano in questa lotta, anche perché l’evoluzione tecnologica fornisce sempre nuove armi alla pirateria e rende necessario un monitoraggio costante e una risposta dinamica con nuove soluzioni, anche da un punto di vista normativo».
La politica batte un colpo.
Solo qualche giorno fa il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Vito Crimi, ha tuonato su Facebook contro il calcio pirata dopo aver ricevuto una proposta sponsorizzata su Telegram. «Altro che Robin Hood», ha scritto formulando un invito perentorio: «Denunciate la pirateria televisiva che danneggia le pay tv e l’economia del nostro Paese, io l’ho fatto». Per il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, intervistato da Sky Sport, «la pirateria non è un atto di furbizia, ma qualcosa che deve essere sanzionato. Certo, è un percorso su cui non bastano le leggi, ma deve crescere complessivamente il senso civico». Il riferimento sulle norme è a quanto previsto nella legge di Bilancio per il 2019 dove è stata introdotta una misura che rafforza la lotta alla pirateria, affiancando alla Lega Serie A (titolare dei diritti) anche i broadcaster e detentori di diritti che, in accordo con la Lega, possono far valere i loro diritti, denunciando i pirati e chiedendo l’intervento del giudice per chiudere il sito pirata. La nuova norma dispone anche misure per impedire la reiterazione della violazione, con un “Daspo online” per siti e server pirati.
Le altre Leghe europee.
Il problema non è solo italiano ovviamente. Lo sanno soprattutto i campionati più “esportati” come Liga spagnola e Premier League inglese. Quest’ultima ha creato un ufficio a Singapore per combattere in maniera mirata il tema della pirateria. E c’è un punto sul quale dall’Italia si guarda con un po’ di invidia Oltremanica. Per i contenuti sportivi protetti dal copyright la Premier League e gli Internet service provider hanno trovato un accordo che poi è stato reso esecutivo dall’Alta Corte di Giustizia di Londra: l’inibizione non solo dell’accesso ai domini (Dns) dei siti pirata (in Italia il Regolamento Agcom, comunque apprezzato sul tema dal mondo del calcio e recentemente rafforzato, prevede questo), ma anche dell’accesso ai server che consentono a tali siti pirata di operare. Solo nella stagione 2017-2018 le violazioni bloccate sono state 200mila.