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 2019  gennaio 15 Martedì calendario

Cameron, l’inglese che più guadagna da Brexit

Brexit o non Brexit, oppure Brexit senza accordo. Una di queste tre possibilità a partire da oggi diventerà più concreta, quasi certa. Dipende in parte dalla Camera dei Comuni che in giornata dovrà esprimersi sull’accordo siglato da Theresa May con l’Unione Europea. Ma siccome il voto pare ormai scontato, nel senso che sarà contro il patto, per gran parte dipenderà dalle decisioni che il primo ministro prenderà di conseguenza nelle prossime ore. In un discorso pronunciato ieri in uno stabilimento industriale di Stoke-on-Trent anche la May sembra essersi ormai rassegnata al fatto che ormai le strade rimaste siano due, e cioè una Brexit dura o una non Brexit che potrebbe tradursi in un nuovo referendum, e in entrambi i casi, ha ammonito la premier, le conseguenze sarebbero gravi. Peggio una non Brexit, sembra dire la May, che ne fa addirittura una questione di democrazia: «Abbiamo il dovere di implementare il risultato del referendum», ha detto, «dopo aver osservato gli eventi negli ultimi 7 giorni, il risultato più probabile sembra una paralisi in Parlamento, che rischia di produrre l’assenza di Brexit». E poi ancora: «Nelle ultime settimane, a Westminster alcuni sperano di ritardare o persino fermare le Brexit. Chiedo a loro di considerare le conseguenze delle loro azioni», anche «sulla fiducia del popolo nella nostra democrazia». In gioco dunque non c’è più solo l’economia del Paese ma la tenuta delle istituzioni, i principi dello Stato liberale. E se c’è qualcuno che dovrebbe augurarsi che tutto ciò effettivamente non si verifichi questi è Cameron, il predecessore che ebbe l’idea di indire il referendum per mettere alla prova il suo partito. Eppure l’ex giovane ex premier a quanto pare non sa nemmeno più che cosa tifare, da quale parte stare anche se la logica, la sua logica, direbbe ovviamente la non Brexit, rimanere in Europa.

IL CONTRATTO
Ma c’è un fatto, un fatto molto concreto, che invece lo farebbe propendere per una risoluzione veloce, la più veloce possibile che non può essere ovviamente che un’uscita concorde dall’Unione Europea. Cameron infatti già due anni fa ha siglato un contratto da 800mila sterline con con una casa editrice, la William Collins, per la pubblicazione delle proprie memorie. Il che è una prassi valida per tutti, o quasi, i politici che per un certo periodo hanno risieduto a Downing Street, con la differenza però che la data di uscita del libro e quindi l’entrata in vigore dello stesso contratto è stata decisa non avvenisse prima della Brexit per far si che non si creassero equivoci, che non vi fosse il dubbio che in qualche modo Cameron volesse mettere il bastone tra le ruote alla uscita dalla Ue decisa dai cittadini. Fatta la Brexit quindi il libro uscirà, non prima, e secondo le previsioni dovrebbe pure essere un buon successo commerciale visto che le anticipazioni dicono che Cameron sparerà a zero e a 360 gradi. Prima tra tutti ne dirà delle belle su quelli del suo partito, e non tanto Boris Johnson come qualcuno potrebbe aspettarsi, ma Michael Gove, lord cancelliere e Segretario di Stato nell’ultimo periodo del suo governo, considerato da Cameron alla stregua di un traditore.

MERKEL E LIBIA
Ma ben più interessanti per noi potrebbero essere le rivelazioni, per ora del tutto segrete, relative alla disastrosa guerra in Libia, alla quale la Gran Bretagna ha partecipato nemmeno troppo di malavoglia. O sul mancato, per fortuna, intervento in Siria contro l’ex amico di Stato Assad. Un capitolo del libro sarebbe invece dedicato alla Merkel e alle sue presunte e indirette responsabilità sul voto britannico al referendum del 2016. Un mezzo attacco a un ex amica, compagna di vedute di un’Europa al tramonto, che vedeva affettuosamente Cameron come un nipote un po’ discolo. L’ex premier non vede l’ora che esca ‘sto benedetto libro che oltre a essere pronto dall’ottobre del 2017 e aggiornato di volta in volta a seconda degli eventi, dovrebbe essere il prodromo per un suo ritorno in politica. Cameron 2 la vendetta. Va aggiunto che se a noi la cifra del contratto per le sue memorie ci sembra molto elevata, si tratta in realtà di una frazione di quello che dallo stesso editore percepì l’avido Blair, il quale non si scomodò per meno di 4,6 milioni di sterline. E ora al Parlamento inglese e alla May l’ultima parola, con l’Ue che tende una piccola e timida mano e quest’ultima altrettanto timidamente ringrazia. In sostanza in una lettera inviata al premier britannico il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, e da quello del Consiglio europeo, Donald Tusk fanno sapere che l’accordo sulla Brexit concluso lo scorso novembre non può essere rinegoziato, ma il “backstop” per evitare il ritorno della frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord è temporaneo e rimarrà in vigore solo fino a quando «non sarà sospeso da un accordo successivo». «Non siamo nella posizione di poter concordare qualcosa che modifichi o che non corrisponda all’Accordo di ritiro», hanno scritto Juncker e Tusk, che comunque preferirebbero che il backstop non entrasse in vigore.