Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  gennaio 15 Martedì calendario

Susanna Tamaro: «Hanno avvelenato la mia Pimpi»

Pimpi è stata avvelenata e non c’è più da appena due giorni, eppure, nella casa immersa nella campagna orvietana, la cagnolina di Susanna Tamaro vive ancora. E vive nella forma più struggente: nei pezzi di osso lasciati qua e là in cucina, nei cuscini allegramente divelti in salotto, nei brandelli di stoffa che la sua vivacità cucciolesca aveva disseminato in giro negli ultimi sei mesi. Vive insomma nei ricordi sparsi di un futuro che la scrittrice aveva immaginato insieme alla cagnolina sin dal primo giorno in cui l’aveva vista, al canile di Orvieto.
Su Facebook lei ha confessato di essere andata a trovarla con regolarità per un mese, prima di portarla a casa.
«Sì, come la volpe con il Piccolo Principe. Ogni due o tre giorni. Con metodo e pazienza. L’avevo vista tempo fa, in mezzo agli altri cuccioli – come sempre al canile, l’unico luogo dove prendo i cani. Aveva i tratti di un pinscher ma lo spirito di un lupetto. Così ci siamo guardate, annusate, studiate per giorni prima di andare a vivere insieme».
A quelli che amano i suoi libri non sfuggirà un dettaglio: quella che lei ci ha appena descritto è una scena che ricorda da vicino uno dei passi più belli di «Va’ dove ti porta il cuore». La scelta del cane, le visite al canile, l’ansia che precede la decisione.
«Sì, a riprova che la letteratura nasce sempre dalla vita vera. Nel caso di Pimpi volevo essere certa che la gioia che provavo io ogni volta nel vederla la provasse anche lei. Anche con gli animali deve innescarsi una certa sintonia, è sbagliato selezionarli in base a una forma di simpatia a pelle. Per me la scelta di un cane non è banale e merita giudizio. Prendere un animale vuol dire sapere che con lui o lei trascorrerai anni interi».
E perché lei scelse Pimpi?
«Perché nel mio disegno sarebbe dovuto diventare il cane della mia vecchiaia. Io ne ho altri due, però sono di taglia grande e abbastanza anziani. Pimpi era minuscola, allegra, una lupacchiotta affettuosa. Nelle mie previsioni dovevamo trascorrere i prossimi decenni vicine, fin quasi a invecchiare assieme. Avevo immaginato lunghe passeggiate nei campi fino a quando il fisico lo avrebbe concesso a entrambe; poi una compagnia fatta di gesti buffi e segnali d’intesa, fino all’età in cui ci si muove con più fatica. Pimpi doveva essere il mio raggio di sole al tramonto. E invece me l’hanno uccisa».
Che cosa è successo?
«È morta per arresto cardiaco dopo aver ingerito uno di quei bocconi che certi cacciatori lasciano in giro per neutralizzare le volpi o altri animali. Il pezzo di carne conteneva una quantità di veleno sufficiente a stroncare un animale medio grande. Il cuore di Pimpi ha ceduto subito».
Come ve ne siete accorti?
«Abbiamo trovato il corpo qualche ora dopo, è stata inutile la corsa dal veterinario, che pure abbiamo tentato. Ma sa una cosa? Se ne sono accorti anche gli altri cani e gli animali di casa (Susanna Tamaro possiede pure gatti, uccelli, api, ndr): la cercano da ore, sono inquieti, come se mancasse un pezzo del paesaggio domestico. Lei giocava con tutti e avevamo inventato una sfida inconsueta: io lanciavo qualcosa e lei e uno dei gatti correvano a raccoglierla».
Nei suoi libri c’è quasi sempre un cane o un altro animale. In alcuni romanzi appare ad un certo punto, come un’epifania primitiva.
«Sì, è un’apparizione che simboleggia l’arrivo dell’amore. Ma per me non si tratta solo di un espediente letterario. Non tutti sanno che io scrivo sempre con un cane accanto. Ricordo quello che avevo quando c’erano ancora i floppy disk: lui aveva imparato che al “clic” del dischetto che estraevo corrispondeva una mia pausa; riconosceva il rumore e, quando lo sentiva, senza che io facessi nulla, lui si stiracchiava e si alzava per sgranchirsi le gambe».
Poi quella polpetta avvelenata si è portata via Pimpi.
«Sì, succede spesso. Per dire, anche il cane di Luca Goldoni è morto così. Io non criminalizzo la caccia, anzi. Sono amica di molti cacciatori e so che la maggior parte di essi ama la natura. Però la vita degli animali domestici – e anche quella delle persone – che vivono in campagna sta diventando difficile. Io stessa nelle mie passeggiate ho paura: indosso giubbini catarifrangenti, parlo a voce alta. E poi: si parla tanto di sicurezza ma oggi chiunque può andare a comprare un chilo di topicida senza controlli».
E adesso?
«Adesso la saluto perché vado al canile di Perugia. Voglio conoscere un altro cane».