il Giornale, 14 gennaio 2019
Materie prime a prezzi di saldo
Per puntare a un guadagno del 5% con le materie prime da qui a fine anno si può investire tramite Etf per il 20% in oro, il 10% in argento, il 20% in petrolio, e il 10%, rispettivamente, nell’alluminio, nel nickel, nel cacao, nel caffè e nello zucchero. Un giardinetto così assortito potrebbe portare a un guadagno anche superiore ai 5 punti percentuali entro dicembre, ma occorre essere consapevoli che si avrà a che fare con un portafoglio molto instabile. Per chi avesse un profilo di rischio ancora più alto, ovvero fosse disposto ad accettare maggiori rischi di perdite per puntare a rendimenti superiori, ci sono alcune opportunità specifiche. In ognuno di questi casi, tuttavia, la raccomandazione è quella di procedere con rigorosi obiettivi sia al rialzo (per esempio +5% o +10%) che al ribasso (-5%, -10% eccetera) raggiunti i quali meglio disinvestire per evitare rischi eccessivi.
Vediamo ora le attese per le principali materie prime, partendo dal petrolio. Dopo un 2018 all’insegna dell’alta volatilità, il greggio ha iniziato l’anno con il primo rialzo significativo negli ultimi tre mesi. Gli esperti di Goldman Sachs ritengono comunque che le quotazioni restino sottovalutate rispetto ai fondamentali: anche ipotizzando una crescita della domanda più debole nel 2019 e un aumento dell’outout in Nord America, la domanda complessiva dovrebbe infatti superare la capacità di produzione di Opec e Russia anche a causa del taglio concordato lo scorso 7 dicembre (-1,2 milioni di barili al giorno). Le previsioni sui prezzi del Brent a tre mesi di Goldman Sachs sono ora fissate a 62,5 dollari al barile e quelle e sei mesi a 67,5 dollari. Sono inoltre sempre possibili impennate di prezzo se i produttori «precari» – come Libia, Iraq, Nigeria e Venezuela – dovessero subire improvvise interruzioni nella loro estrazione.
Passando ai metalli, l’oro sta registrando una fase rialzista favorita anche dalla guerra commerciale tra Washington e Pechino e dalla incertezza intorno a Brexit. Per la fine dell’anno potremmo quindi vedere, secondo WisdomTree e InvestingHaven, l’oro salire in area 1.370-1.375 dollari l’oncia. Se le quotazioni superassero questa resistenza tecnica, il prezzo potrebbe proiettarsi fino a 1.550 dollari. Esiste però anche il rischio, ritenuto minoritario dagli analisti, le quotazioni possano cadere sotto i 1.200 dollari. L’argento – ora a 15,7 dollari l’oncia – se riuscisse a rompere con decisione la resistenza tecnica di 16 dollari, potrebbe invece spingersi a 17 dollari per poi salire fino a 21,5 dollari.
Quanto ai metalli industriali, gli analisti di Morgan Stanley guardano al rame. Le sue quotazioni (ora intorno a 2,66 dollari alla libbra) potrebbero toccare 3,09 dollari nel corso dell’anno, ma esiste un rischio di ribasso se gli Stati Uniti imponessero ulteriori dazi alle merci cinesi o la crescita globale rallentasse più del previsto. Interessante poi, per Schroders, l’alluminio, il cui prezzo è estremamente basso rispetto ai costi mentre l’ampio deficit dell’offerta rispetto alla domanda probabilmente spingerà i prezzi al rialzo; e il nickel.
Infine le commodity agricole: cacao, caffè e zucchero sembrano essere vicine alla fine della loro tendenza ribassista di lungo termine. Sebbene manchi ancora un elemento catalizzatore, i rischi di brusca caduta dei prezzi sono limitati e possono quindi rappresentano un’interessante opportunità di investimento di lungo termine.