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 2019  gennaio 14 Lunedì calendario

Biografia di Jeff Bezos

Jeff Bezos (Jeffrey Preston Bezos, nato Jorgensen), nato ad Albuquerque (Nuovo Messico, Stati Uniti) il 12 gennaio 1964 (55 anni). Imprenditore. Fondatore, presidente e amministratore delegato di Amazon. Fondatore e proprietario di Blue Origin. Proprietario del The Washington Post. Secondo l’ultima classifica ufficiale della rivista Forbes (aggiornata al 6 marzo 2018), uomo più ricco del mondo, con un patrimonio netto stimato in 112 miliardi di dollari. «Non ho mai creduto alle scorciatoie. La via facile è un’illusione: devi lavorare duro, costruire le fondamenta, e poi su quelle edificare. […] Bisogna essere testardi nella visione, flessibili nei dettagli. […] Non aver paura di ammettere che un esperimento è fallito. Avrai imparato qualcosa di nuovo che può nutrire la tua visione» • «Bezos è nato ad Albuquerque, nel New Mexico, figlio di una giovanissima erede di una famiglia di scienziati e ingegneri che possedeva un centinaio di ettari di terreno in Texas e di un maestro del monociclo di nome Ted Jorgensen, affermato saltimbanco che i giornali locali degli anni Sessanta immortalavano assieme alla sua crew, gli Unicycle Wranglers. Il matrimonio fra il monociclista e l’ereditiera va in frantumi nel giro di pochissimo e Jacklyn, la madre, s’innamora di un immigrato cubano di nome Miguel Bezos che era arrivato negli Stati Uniti a quindici anni, da solo, in cerca di fortuna. E l’aveva trovata, la fortuna, diventando ingegnere per la Exxon a Houston, sposando una ragazza di buona famiglia e adottando legalmente il figlio di lei quando aveva quattro anni» (Mattia Ferraresi). «Jeff passò la maggior parte delle estati della sua infanzia – dai quattro ai sedici anni – nel ranch texano della famiglia, chiamato Lazy G, lavorando fianco a fianco col nonno materno, Lawrence Preston Gise. […] Il piccolo cowboy trascorreva le sue giornate in posti sperduti, in mezzo alla natura, e all’epoca sognava di diventare un archeologo o un astronauta. “Una delle cose che impari in una zona rurale come quella è che devi contare su te stesso. La gente fa tutto da sola. Quel tipo di indipendenza si può imparare, e mio nonno è stato per me un modello eccezionale: se qualcosa è rotto, riparalo. Per fare qualcosa di nuovo devi essere tenace e focalizzato, anche se gli altri pensano che sia del tutto irragionevole”, disse una volta evocando quel periodo della sua vita. Sin da piccolo, Jeff dimostrò una manualità eccezionale e un interesse per la meccanica, la scienza e il funzionamento delle cose fuori dal comune. Presto trasformò il garage di famiglia in un laboratorio, dove conduceva ogni tipo di esperimenti scientifici. […] Ma l’abilità manuale era stata evidente ancor prima. La madre infatti ha raccontato un aneddoto esemplare. Quando Jeff aveva tre anni, stanco di dormire in un lettino per bambini e di fronte al rifiuto della madre di procurargliene uno nuovo, riuscì con un cacciavite a smontare, pezzo dopo pezzo, la propria culla, mentre, un pochino più grande, riuscì a creare un sistema di allarme che gli permetteva di tenere i fratelli più piccoli lontani dalla sua stanza. […] Quando Jeff era ancora un teenager, la famiglia si trasferì a Pensacola, in Florida, e diciotto mesi dopo a Miami. Qui Jeff iniziò a sviluppare la sua vera passione: i computer, con le loro infinite potenzialità. […] Come tanti altri ragazzi, arrotondava la paghetta con qualche lavoro fuori dalle ore dedicate allo studio, e per un periodo lavorò da McDonald’s. […] Il giovane Bezos frequentò la Miami Palmetto Senior High School. Lì ricevette diversi riconoscimenti per le sue eccellenti capacità, […] al punto che fu proprio lui a tenere il prestigioso discorso di commiato che in America viene affidato il giorno della maturità all’allievo più meritevole. L’ultimo anno delle superiori poté finalmente disporre del suo primo computer, un Apple II Plus. […] Dopo la maturità, conseguita con il massimo dei risultati, Bezos si iscrisse alla […] Princeton University, con l’intenzione di studiare fisica. […] Dopo poco, però, tornò sui suoi passi, per seguire quella che era stata la sua vocazione fin dall’adolescenza: l’informatica e l’elettronica. Fin dai tempi degli esperimenti in garage, […] Jeff aveva nutrito una doppia passione: la fisica e le scienze da una parte, l’elettronica e l’informatica dall’altra. In realtà, […] rinunciare a diventare qualcuno in grado di rivoluzionare il mondo della fisica fu per Jeff una delle cose più dure da accettare nella sua carriera. […] In un’intervista […] ammise di essere stato sconfitto dalla meccanica quantistica: “Una delle cose che Princeton mi ha insegnato è che non sono abbastanza intelligente da essere un fisico”, disse con una punta di rammarico. […] Jeff Bezos ottenne la laurea summa cum laude in Ingegneria elettrotecnica e scienze dei computer, titolo seguito da un dottorato di ricerca in Informatica e ingegneria elettrica. Per la sua tesi di laurea, Bezos creò un sistema informatico in grado di calcolare le sequenze del Dna» (Andrea Lattanzi Barcelò). «Nel 1994 era già un trentenne brillante. Laurea in Ingegneria a Princeton, un passaggio a Wall Street, una prima esperienza nel commercio internazionale con la Fitel, l’approdo all’hedge fund di New York D.E. Shaw & Co. Qui, nel 1992, aveva conosciuto MacKenzie Tuttle, che sposò l’anno dopo. […] In quel 1994, dunque, Jeff aveva soldi, posizione sociale, un impiego d’élite: quanto bastava per soddisfare anche le ambizioni più esigenti. Niente rispetto a quello che sarebbe accaduto in quell’anno: Jeff inventa un nuovo formato commerciale, una libreria online che chiama “Cadabra” e poi “Amazon”, come il Rio delle Amazzoni» (Giuseppe Sarcina). «L’idea mi è venuta mentre lavoravo per un fondo comune d’investimento. Ma, tra un impiego pagato bene e una start-up rischiosa, ho deciso per quest’ultima: certo, era il percorso meno sicuro, ma che seguiva la mia passione». «Bezos […] ha iniziato nella rimessa di una casa di Seattle. È qui, infatti, che […] nel 1994 Jeff fonda Amazon. In un garage appena riscaldato da una stufa, fa la storia inginocchiato sul pavimento mentre impacchetta i libri – i primi prodotti venduti da Amazon – che il giorno dopo avrebbe consegnato ai corrieri. È il 16 luglio 1995 quando il sito va in rete. La prima settimana ricavarono 846 dollari, la settimana successiva 7 mila» (Francesco Gironi). «Ricordo bene quando guidavo per portare io stesso i pacchi da spedire all’ufficio postale, sperando che un giorno mi sarei potuto permettere un carrello elevatore per caricarli». «L’idea iniziale era quella di vendere libri in tutto il mondo. Una libreria online. Senza scaffali, senza confini. Il piano aziendale prevedeva 5 anni di perdite. E Bezos mise in ballo i suoi risparmi e quelli dei suoi genitori per la fase di startup: 300 mila dollari. Poi alcuni investitori decisero di puntarci lo stesso. I primi utili arriveranno solo nel 2001, ma intanto la bolla di internet era scoppiata, e Amazon iniziava a crescere forte. L’approdo in Borsa è datato 1997. Due anni dopo, Amazon contava già oltre duemila impiegati (oggi dà lavoro a 566 mila persone) e aveva valicato i confini europei. Intanto la libreria più grande del mondo iniziava a commerciare cd, film, software, dispositivi elettronici di consumo, videogame, giocattoli e utensili per la casa. Nel 1999 Amazon è l’esempio più concreto di e-commerce al mondo, e la rivista Time dedica a Jeff Bezos la copertina come uomo dell’anno. Il lancio del primo Kindle, lettore per libri in formato elettronico, è storia più recente: il device, dotato di uno schermo monocromatico di 6 pollici, arriva nell’ottobre del 2009. Ne seguiranno, negli anni, 14 nuovi modelli. Poi arriveranno i servizi come Prime, che ridisegnerà per sempre il mondo della logistica dell’e-commerce. O come Web Service, che racchiude tutta una serie di servizi di cloud computing e che oggi garantisce ad Amazon ricavi miliardari. Senza dimenticare Create Space (un sistema per pubblicare il proprio libro online) e Alexa, l’assistente intelligente che gira sui dispositivi Echo. […] Tutte mosse che aiuteranno Amazon a diventare il gigante da oltre mille miliardi di capitalizzazione [traguardo raggiunto il 4 settembre 2018 – ndr]. Nella storia di questo colosso, però, c’è spazio anche per uno dei flop più clamorosi della storia della tecnologia moderna. E porta il nome di Fire Phone. Annunciato da Jeff Bezos in prima persona il 18 giugno 2014, doveva essere l’antagonista dell’iPhone. Sembrava tutto pronto affinché Amazon spaccasse il settore degli smartphone. Invece Fire Phone fu clamorosamente bocciato dal mercato. E Amazon, almeno per adesso, sembra aver abbandonato la difficile strada degli smartphone» (Biagio Simonetta). Nel luglio 2018, Bezos, «dopo essere stato eletto uomo più ricco del mondo e uomo più ricco dell’epoca contemporanea, è stato consacrato ufficialmente come l’uomo più ricco della storia moderna. Più di Bill Gates, il mostro sacro finora imbattuto. A dirlo è il Bloomberg Billionaires Index, secondo cui la fortuna di Bezos ha superato i 150 miliardi di dollari. Il massimo mai raggiunto dal 1982, quando Forbes pubblicò la sua prima classifica dei paperoni» (Manuela Gatti) • «Dai libri alle pillole, dai film hollywoodiani alla frutta e verdura, dalla musica in streaming agli speaker “intelligenti”: il “negozio di tutto” inventato da Jeff Bezos […] si sta allargando in tutti i campi, come una piovra dai mille tentacoli. […] L’ultimo colpo messo a segno da Bezos è stato l’acquisto per 1 miliardo di dollari, annunciato il 28 giugno, della farmacia americana online PillPack, specializzata nel preparare in modo personalizzato le medicine che richiedono la ricetta e spedirle a domicilio. Quello delle medicine da ricetta è un business da 400 miliardi di dollari negli Stati Uniti e il timore che Amazon rivoluzioni anche questo settore ha scatenato il panico fra gli investitori. […] I progetti di Bezos nel campo della salute in effetti vanno ben oltre PillPack: con la holding Berkshire Hathaway di Warren Buffet e la banca JPMorgan Chase sta infatti mettendo a punto un nuovo servizio di assistenza sanitaria che inizialmente sarà riservato ai dipendenti (1,2 milioni) delle tre società, ma poi chissà… Non c’è limite alle ambizioni di Bezos. […] La piovra ha avviluppato i suoi tentacoli anche su Hollywood: Amazon Studios è nata nel 2010 e ora investe oltre 4,5 miliardi di dollari l’anno per produrre film e telefilm originali, arruolando registi del calibro di Woody Allen. Uno sforzo che può vantare già alcuni brillanti risultati: un Golden Globe nel 2015 per la serie tv Transparent […] e due Oscar nel 2017 con il film Manchester by the Sea. […] Bezos sa che la guerra per la conquista di fedeli clienti si gioca anche con la qualità dei contenuti video, in concorrenza diretta con le grandi case cinematografiche e televisive e con i giganti internet come Netflix» (Maria Teresa Cometto). «L’espansione di Amazon è fulminea, inarrestabile e mondiale. Se si vuole provare a definire la “dottrina Bezos”, si deve partire da questa voracità insaziabile, questa spinta a debordare. Jeff è un onnivoro che ama raccontarsi come un uomo di grandi curiosità e passioni. A cinque anni, dice, rimase “folgorato” dallo sbarco sulla Luna. Come altri miliardi di persone, verrebbe da dire. Bezos, però, nel 2009 fondò Blue Origin e ora pianifica i primi voli di turismo spaziale per il 2019. Ma anche sulla Terra l’orizzonte è ampio. Nel 2013 il businessman rivolge lo sguardo all’editoria, uno dei settori più maturi del mercato. Compra, per 250 milioni di dollari, il Washington Post, uno dei quotidiani più importanti, a quel tempo piuttosto sofferente. […] Il giornale, con 800 reporter, è in utile per il secondo anno consecutivo e progetta un’ulteriore espansione. […] Il dato più sorprendente è che l’azienda ha aumentato i ricavi anche con la pubblicità digitale, nonostante la concorrenza micidiale di Facebook e di Google. […] Il core business, però, ruota sempre intorno ad Amazon, cui ha affiancato, nell’agosto del 2017, Whole Foods, la grande catena di supermercati di qualità negli Stati Uniti. Un’acquisizione record da 13,7 miliardi di dollari. Il progetto prevede: riduzione dei prezzi, distribuzione a domicilio ancora più capillare. Ma non mancano le contraddizioni. L’editore del “liberal” Post litiga spesso con i sindacati, con i “maratoneti”, i dipendenti dei magazzini Amazon che percorrono chilometri e chilometri al giorno tra le linee di distribuzione. La Commissione europea lo accusa di non pagare il dovuto al fisco» (Sarcina) • «Jeff Bezos è […] il più originale e interessante della banda dei “frightful five” (gli inquietanti cinque: Amazon, Google, Microsoft, Apple, Facebook). […] Ecco i pilastri fondamentali: business basato solo ed esclusivamente sul cliente, attenzione ai risultati più che alla definizione dei processi, tecnologia d’avanguardia, spirito di squadra contro gli individualismi (“disagree and commit”, valido soprattutto per il capo e i capi), decisioni veloci sacrificando il perfezionismo dei dati (l’ottimo è nemico del bene) e decisioni forti in caso di conflitto interno, sacrificando la democrazia degli infiniti meeting di lavoro» (Giovanni Maddalena). «Ogni impresa, quando diventa così rilevante, produce anche una propria cultura. E di sicuro Amazon non sfugge a questa regola. Una delle sue caratteristiche è la filosofia del “day one”, il “giorno uno”, del guardare al lungo periodo più che ai guadagni immediati, sempre con un’ottica da innovatori. Perché le aziende del “giorno due”, nel pensiero del fondatore, sono quelle che cessano di evolvere per avviarsi al declino. Un’adesione al cambiamento anche quando non lo si controlla a pieno, un invito a rimettere sempre tutto in discussione e una sollecitazione ai manager a dissentire, per creare il conflitto, lo scontro di idee che porta alla crescita. Fra le molte leggende, c’è anche quella che Bezos legga personalmente tutte le e-mail che arrivano all’indirizzo jeff@amazon.com. Quando un utente pone un problema che gli pare rilevante, il responsabile di quell’area si vede inoltrare il reclamo del cliente in questione, con l’aggiunta di un punto di domanda in testa. Per il malcapitato è meglio trovare in fretta una spiegazione plausibile. Una delle fissazioni più curiose dell’imprenditore è la sua avversione al PowerPoint, il programma usato per presentare i nuovi progetti. Al suo posto, preferisce documenti di massimo sei pagine, scritti come se fossero il comunicato stampa che annuncia il lancio del prodotto di cui si discute. Quando gli chiesi perché, spiegò: “Devi scrivere frasi complete, con verbi e nomi, argomenti, paragrafi. Il problema delle presentazioni è che sono facili per l’autore, perché basta mettere in fila una lista di punti, ma difficili per chi ascolta. Quando devi scrivere un documento di sei pagine, sei costretto a capire il tuo pensiero”» (Massimo Russo). «Shel Kaphan, il primo impiegato di Amazon nel 1994, sostiene che “certamente Bezos sa come portare avanti un’azienda, ma l’ho visto rovinare la gente in tante occasioni”. Un bullo, irascibile e spietato: lo descrivono così i suoi detrattori. Non ne parlano bene neppure i dipendenti dei suoi centri di distribuzione sparsi in tutto il mondo: percorrono anche 20 chilometri al giorno e guai a sgarrare, pena il licenziamento. Non che in famiglia sia diverso. Nello spiegare che i quattro figli dall’età di 8 anni avevano libero accesso ai coltelli di casa, ha detto: “Assumersi dei rischi ed essere autosufficienti insegna a diventare intraprendenti, una caratteristica fondamentale sia nella vita sia negli affari: mia moglie preferirebbe avere un bambino con nove dita piuttosto che uno privo di risorse”» (Gironi) • Il 9 gennaio 2019 Bezos ha annunciato di aver deciso insieme alla moglie MacKenzie Tuttle, sposata nel 1993 e madre dei suoi quattro figli, di divorziare, «e di proseguire le nostre vite come amici. […] Anche se l’etichetta è diversa, restiamo una famiglia». Secondo alcune fonti, Bezos intratterrebbe da qualche mese una relazione con Lauren Sánchez, giornalista televisiva, pilota di elicotteri e imprenditrice • «Bezos non ha mai cercato di ritrovare il suo padre biologico: dice che la sua figura gli viene in mente soltanto quando deve compilare la parte sulle patologie famigliari nei moduli medici, ma a localizzarlo è stato uno dei suoi biografi, che l’ha trovato dietro il banco del suo negozio di biciclette in un sobborgo di Phoenix» (Mattia Ferraresi) • «Steve Jobs aveva il maglioncino nero a collo alto, Mark Zuckerberg ha la t-shirt grigia, Tim Cook la camicia fuori dai pantaloni. Bezos ha la risata. È un verso metallico che gli scoppia all’improvviso in faccia, sfigurandolo, come se lui stesso ne fosse colto di sorpresa. Non è, come si dice di solito, una risata contagiosa. Al contrario, dopo un primo moto d’ilarità subentra qualcosa di posticcio e repulsivo, forse addirittura di luciferino, in quell’innaturale verso “a metà fra un leone marino in amore e un trapano”, come ha scritto Stone [Brad Stone, autore di una biografia di Bezos – ndr]. […] Un motto che Bezos si è fatto incidere sugli stivali da cowboy che spesso indossa per rivendicare la sua identità southern: “Gradatim ferociter”, gradualmente e con ferocia. È la più bezosiana delle massime, ché il capo di Amazon è un talento più incrementale che generativo, un incredibile sistematizzatore più che un creativo puro. Non fa rivoluzioni nel giro di un eureka, ma prende tempo, persegue un’idea, la affina, si dà ancora tempo e non s’affretta quando non è necessario: fa tutto gradualmente, ma con ferocia. Se non fosse un gradualista che accetta di avere margini risibili sui prodotti che smercia pur di ottenere la gestione di quantità favolose di merce, probabilmente Amazon non esisterebbe nemmeno. […] Altro motto: “Di Dio ci fidiamo, tutti gli altri devono presentare dati”» (Ferraresi) • «Donald Trump non gli piace. E ha detto che potrebbe riservargli un posto sul razzo che […] vuole mandare in orbita» (Gatti) • «La passione per la saga di Star Trek – anche l’aspetto fisico ricorda quello di uno dei protagonisti, il comandante della nave spaziale Enterprise Jean-Luc Picard – lo ha portato […] a recitare un carneo in Beyond, uno dei film della saga, in cui impersona un alieno. “Avevo mendicato la parte”, ha commentato divertito» (Russo) • «Una volta, al liceo, lei scrisse del suo sogno di colonizzare lo spazio e di trasformare la Terra in una riserva naturale. “Sì, non ho cambiato idea: a questo sto ancora lavorando. […] Il mio sogno è che la prossima generazione possa vivere lo stesso spirito di espansione imprenditoriale nello spazio che abbiamo visto all’opera negli ultimi vent’anni su internet. Perché ciò accada, società come Blue Origin devono rendere possibile il trasporto di un’infrastruttura a basso costo. Pensiamo si possa viaggiare nello spazio in modo sicuro ed economico. Se ci riusciremo, avremo preparato il mondo per la prossima generazione. Vogliamo vedere milioni di persone lavorare e vivere nello spazio”» (Russo). «Sono la persona più fortunata del mondo. Sono nato in un Paese che permette di intraprendere, ho avuto modelli straordinari, una famiglia che mi ha aiutato. Le persone che ammiro di più sono quelle che crescono tra le difficoltà e nonostante tutto ce la fanno. Non è il mio caso. Ho quattro figli, la mia vita mi piace. Grazie ad Amazon ho la possibilità di lavorare nel futuro, e questo per me è un sogno, mi dà un senso. Una volta provveduto alle necessità di base, al sostentamento, alla salute, credo questo sia quel che tutti cercano: l’idea che quel che fanno serva a rendere il mondo un posto migliore». «Il mondo è un posto assai migliore oggi di quanto non fosse uno, due o tre secoli fa. E sarà migliore fra 50 anni, per i nostri figli. I problemi non sono piccoli. Ma la nostra capacità di escogitare soluzioni è di gran lunga maggiore» • «Che sogni possono restare ora all’uomo più ricco del mondo? Uno, forse, è già chiaro: lasciare ai posteri un ricordo che vada oltre le costrizioni anagrafiche della vita. Gli egiziani l’hanno fatto con le piramidi. Bezos – grazie a un investimento di 42 milioni di dollari – ha gratificato il suo “ego” con una nuova mega-opera faraonica: in una montagna del Texas sta costruendo un maxi-orologio alto più del Duomo di Milano che scandirà le ore per 10 millenni in totale autonomia. Tra cento secoli, così, qualcuno parlerà ancora di lui» (Ettore Livini).