la Repubblica, 13 gennaio 2019
La rivoluzione di Federica Pellegrini
Fede la rivoluzionaria. La ribelle. Fede com’è sempre stata: una donna per il nuoto. All’ultimo sprint della carriera, Pellegrini aumenta le bracciate. Più in fondo, più a largo. Diventa ambasciatrice della nascente International swimming league (Isl), un progetto a metà tra lega parallela alla federazione internazionale, la Fina, e competizione tra le migliori squadre in vasca stile Champions League presentata a Milano. «Io lo chiamerei movimento, il primo davvero rivoluzionario. Porterà il nuoto in un’altra dimensione, più ampia e moderna, nel posto di pregio e d’élite che merita». Campionato da regular season e playoff, semifinali e finali da agosto prossimo fino a dicembre ( il 22 la finalissima già fissata al Mandalay Bay di Las Vegas), tappe nelle principali città del mondo: 12 team, 6 europei e 6 americani ma con possibilità di altri innesti, 24 per team ( 12 donne e 12 uomini). Il tecnico di Federica, Matteo Giunta, tra i selezionatori della squadra azzurra. Una serie stile yankee, molto televisiva, anche se finora nessun contratto firmato con un broadcaster. Le prove generali nel 2017 a Roma furono un successo. Dietro c’è il magnate ucraino Konstantin Grigorishin e nello staff internazionale anche il coach italiano Andrea Di Nino come managing director. Nel primo anno un budget tra i 15 e i 20 milioni di dollari, di cui 5,3 milioni per i premi agli atleti già ingaggiati con un contratto da 10 mila dollari. La Fina si oppone. Minaccia ritorsioni. Persino di squalificare gli atleti che aderiscono alla Lega. «Ma noi non siamo contro di loro, non siamo concorrenti, abbiamo studiato i calendari proprio per non cozzare e abbiamo chiesto la loro cooperazione venendo respinti» spiega Grigorishin. «Il nostro intento è di rendere il nuoto uno show e anche un lavoro permanente per gli atleti, non due minuti di gara ogni quattro anni, e portare i nuotatori olimpici dentro il business dello sport, sul modello di altre leghe e discipline, dal tennis alla Formula Uno».
A 30 anni, dei quali la maggior parte passati a mollo a pescare ori e record, Fede sa molto bene la fatica che si fa. «A me piacciono le novità, sono sempre stata fin da bambina una rivoluzionaria. Per le mie scelte in vasca e nel privato. Aver vinto tanto mi ha aiutato a coltivare la mia passione, ma molti altri faticano. Partecipo con orgoglio a questa iniziativa anche come atleta, almeno per l’anno e mezzo che mi resta prima di ritirarmi dopo le Olimpiadi di Tokyo 2020. Siamo arrivati a un bivio nel nuoto, o rimaniamo ancorati al passato o cogliamo l’occasione per andare verso il futuro. Credo che la Isl sia il primo passo verso un cambiamento che gioverà soprattutto alle nuove generazioni. Per loro il nuoto potrà diventare un lavoro da professionisti. La Fina ci squalifica? Non penso che si arriverà a questo, Mondiali e Olimpiadi sono insostituibili, la Isl non si sovrappone, e poi non credo che a loro convenga perdere tanti campioni». Ha appena esordito come giudice in tv a Italia’s got talent (ascolti boom), ha ripreso da poco i suoi 200 stile («ma vedrò se nuotarli ai Mondiali e ai Giochi» ), ha ancora tanto da dare al nuoto, dentro e fuori le vasche. E ora è anche un po’ sindacalista. A metà dicembre ha incontrato a Londra altri 10 campioni olimpici e 18 del mondo per una due giorni di riunioni. «Sì, una sorta di sindacato, che di fatto è nato per email e gruppi WhatsApp». Una trentina i nuotatori coinvolti, tra cui i mezzofondisti Gregorio Paltrinieri, Gabriele Detti e Simona Quadarella, il velocista Luca Dotto, la dorsista Margherita Panziera e i grandi nomi internazionali, il sudafricano Chad le Clos, l’ungherese Laszlo Cseh, la svedese Sarah Sjoestrom. Fede in testa ancora una volta, e non sarà la sua ultima rivoluzione.