Il Messaggero, 12 gennaio 2019
Intervista a Flavio Bucci
Con la voce arrochita dalle 60 sigarette al giorno, la risata che gli abita dentro come fosse un inquilino fisso, l’odio per i piccolo borghesi e l’amore furioso per la conoscenza, Flavio Bucci è il ritratto dell’artista maudit. D’altro canto è l’unico, che dopo Carmelo Bene, ha il coraggio di dire, come se fosse la cosa più normale del mondo: «Sono apparso alla Madonna».
I personaggi che l’hanno reso famoso, dal Ligabue televisivo al Diario di un pazzo di Gogol, sono visionari, outsider, folli. Il pubblico, non solo italiano, l’ha sempre amato moltissimo, ma ci sono stati anni in cui ha rischiato di essere dimenticato: «Mi volevano morto». Della sua vita di successi, cadute, dipendenze, amori, paure e allegrie, ha deciso a 72 anni di parlare senza filtri sul palcoscenico. Scritto con Marco Mattolini che firma anche la regia, E pensare che ero partito così bene debutterà in prima nazionale il 15 gennaio al Teatro Belli di Roma (in scena con Bucci anche Almerica Schiavo e Alessandra Puglielli).
Chi la voleva morto?
«Non parlo di persone precise, ma di casi, di eventi. Però i momenti di difficoltà sono normali per un attore. Voglio dire, se sei un personaggio pubblico, devi portare avanti il tuo discorso, e questo tuo discorso è spesso conflittuale».
Elio Petri, Ugo Tognazzi, Mario Monicelli, Marco Ferreri, Vittorio Gassman, Alain Delon, Gérard Depardieu: sono alcune delle figure evocate nel suo spettacolo. Ha nostalgia di un’epoca?
«Non direi. È chiaro che con Elio Petri non posso più andarci a cena, perché è morto, ma ognuno di noi vive avendo i suoi punti di riferimento. Non posso contare tutti i film che ho fatto, ma posso ricordare qualsiasi cosa del mio primo film impegnato da protagonista, La proprietà non è un furto. Da Petri ho imparato che se il cinema ha un senso, è quello di poter intervenire sulla realtà, di prenderla e metterla in relazione con il passato. Se non hai storia, non hai futuro».
Uno, nessuno e centomila e Il fu Mattia Pascal di Pirandello, Diario di un pazzo di Gogol, ma soprattutto Riccardo III di Shakespeare. È a quest’ultimo personaggio che lei dedica uno spazio importante. Perché?
«Per me, Riccardo III è l’opera che sintetizza il mondo di Shakespeare. Ci sono i grandi temi del pianeta: il bene e il male, la sessualità, il rapporto uomo-donna, l’ideologia. E comunque sono convinto che quando il primo extraterrestre sbarcherà sulla terra, la prima cosa che farà sarà andarsi a leggere un’opera di Shakespeare».
Quale è stato il momento di maggior sofferenza della sua vita?
«Perché dovrei aver sofferto?».
Tutti soffrono.
«Mi volete proprio morto!».
Eppure ero partito così bene. È lei che lo dice. Significa che le cose non sono andate sempre bene.
«Io sono un essere fortunato e grato alla vita. E poi faccio ancora ridere le donne. Lei ce l’ha un uomo che la fa ridere?».
Ma adesso è di lei che stiamo parlando.
«E allora facciamoli, questi silenzi».
Nessun rimpianto?
«Forse di non avere più vent’anni. Con tutte le stronzate che ho fatto».
Per esempio?
«Queste cose le posso dire ai miei amici a tavola, ma non a una donna».
Cosa si può dire a una donna?
«Che ho molto amato la vita. D’altro canto io sono quello che è apparso alla Madonna».
La stessa cosa pare sia accaduta a Carmelo Bene. Ci ha pure intitolato un libro.
«Sì, lo so. L’attore è un essere immaginifico».
E come sarebbe apparso alla Madonna?
«Le ho telefonato. Le ho chiesto: che si fa oggi? Per questo non ho le fotografie. Ho sentito solo la voce».
Ha sempre scelto solo personaggi estremi.
«Non si può raccontare la vita di qualcuno se non hai dentro quel tipo di malessere».
Ha un’abitudine quotidiana?
«Leggo tre giornali ogni giorno. Guardo anche i tg. Mi piace informarmi. Conoscere è la cosa più importante».
Quale libro sta leggendo?
«Quando preparo uno spettacolo, non leggo libri. Non bisogna essere per forza concentrati su qualcosa di intellettuale. Anche la distrazione fa bene all’essere umano».
Le fa bene anche l’esperienza del vuoto?
«Quella no. Non mi piace il vuoto. Sono sempre pieno di amici. E viaggio molto, anche perché ho una moglie e un figlio che vivono in Olanda».
E lei dove vive?
«In un paesino vicino Roma, Passoscuro. Ma vivo più negli hotel che a casa. Alla fine un letto è un letto. E poi negli alberghi puoi sempre alzare la cornetta e chiedere il caffè in camera».
Rinuncerà mai alla sigaretta?
«Non ci penso proprio. E non rinuncerò neanche al bere. Però certi altri vizi me li sono tolti».
Quali?
«E no, lei vuole proprio sapere tutto!».