Tuttolibri, 12 gennaio 2019
Ravasi, una citazione al giorno
Non siamo ancora a metà gennaio e credo che, per molti di noi, alcuni dei «buoni propositi» che siamo soliti farci al passaggio dell’anno si siano già evaporati: sono soprattutto quelli che avevamo formulato facendoli precedere da un tassativo «ogni giorno». Sì, la perseveranza quotidiana in una pratica è qualcosa di molto esigente ma, soprattutto, è un criterio elementare ma assai efficace per discernere cosa per noi davvero conti: bere, mangiare, dormire… certo, ma anche ricevere e donare una parola o un gesto a una persona amata, svolgere un lavoro o un servizio che restituisca dignità alla nostra qualità di esseri umani, pensare quello che diciamo e dire quello che pensiamo… Metodicità e regolarità dei nostri comportamenti è indice delle priorità che diamo a valori ideali e persone concrete.
Leggere o ascoltare una lettura rientra tra questi gesti quotidiani essenziali? Per coloro che rispondono affermativamente, non solo le pagine di quotidiani e periodici continuano a offrire materiale – nonostante sia in parte trasmigrato dall’inchiostro ai pixel – ma anche il mondo editoriale, e significativamente al volgere dell’anno, offre una grande varietà di calendari, almanacchi, breviari, antologie di citazioni. I curatori di queste opere sono dei seguaci più o meno acuti di Michel de Montaigne che non esitava a confessare: «Faccio dire agli altri quello che non so dire bene io, sia per la debolezza del mio linguaggio, sia per la debolezza della mia intelligenza». Del resto anche Goethe riconosceva che «tutti i pensieri intelligenti sono stati pensati: occorre solo tentare di ripensarli».
Ripensare è proprio quello che fa, aggiungendovi la propria sapienza e l’affabilità del linguaggio, il cardinale Gianfranco Ravasi nel suo Breviario dei nostri giorni dalla cui introduzione abbiamo tratto anche le precedenti citazioni. Lo schema adottato è abbastanza classico: una pagina per ogni giorno dell’anno – 366 in tutto, perché c’è anche il 29 febbraio, data in cui troviamo Kant che pone tre interrogativi capitali – un titolo, un paio di righe di citazione e poi la riflessione dell’autore. Ma proprio qui la maestria del cardinal Ravasi conferisce un taglio unico a questo breviario. Infatti, a commento e approfondimento della citazione principale sono convocati altri autori, sovente considerati molto distanti gli uni dagli altri. Così se possiamo trovare quasi naturale che Cesare Pavese e Pier Paolo Pasolini convergano nell’elogio della cultura del «paese» e dell’«età del pane», siamo piacevolmente stupiti nel sentire il filosofo settecentesco David Hume interloquire con Cicerone, oppure Nelson Mandela trovare sostegno in Ovidio e santa Teresa d’Avila, o ancora assistere a una danza attorno all’«imparare a tacere» i cui ballerini sono Benjamin Franklin ed Ezra Pound che chiosa san Giovanni evangelista mentre Baruch Spinoza cede il passo a san Giacomo…
Intendiamoci: nulla di ricercato o pretestuoso in questi accostamenti, solo la grande capacità del cardinal Ravasi di lasciare emergere a beneficio del lettore quelle concordanze interne che lo abitano e farle sfociare in una riflessione che si snoda giorno dopo giorno, affrontando le problematiche che attraversano il faticoso mestiere di vivere, la grandiosa dignità di ogni essere umano e anche le meschine cadute che ciascuno di noi ben conosce, anche quando finge di non vedere le proprie.
Anche se questo volume non andrebbe letto tutto di fila come se fosse un sorta di racconto sull’umanità, bensì con la pazienza di chi assapora un boccone ogni giorno, nulla vieta al lettore di spizzicare qua e là, andando a scegliere una festività religiosa o una ricorrenza civile, o la data del proprio compleanno o di quello di una persona che gli è cara. In questa «curiosità» scoprirebbe di essere in sintonia niente di meno che con Albert Einstein che in una lettera al suo biografo confessò: «Non ho particolari talenti. Sono solo appassionatamente curioso». Oppure scoprirebbe a suggello della pagina dedicata all’ «indifferenza» – in cui duettano Jean-Paul Sartre e la sua compagna Simone de Beauvoir – una convinzione presa a prestito dal cardinal Martini: «La vera distinzione non è tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti». Allora, indipendentemente dalla posologia con cui le si assume, queste pagine si rivelano davvero un prezioso aiuto quotidiano «non tanto a essere benpensanti, ma a pensare bene».