la Repubblica, 12 gennaio 2019
In quell’insetto c’è il Dna dell’assassino
Ecco l’assassino. Devo dire grazie alla mia larvetta!». Jack Hodgins, uno dei protagonisti più bizzarri e interessanti di Bones, serie tv regina del crime negli Usa, ha fatto conoscere a tutto il mondo l’entomologia forense. Quando la scena del crimine non offre la soluzione dell’omicidio o quando il cadavere carbonizzato nasconde l’identità della vittima, il dottor Hodgins si chiude in laboratorio con i suoi “animaletti” finché, analizzando insetti e larve, non ridà vigore all’indagine. E dalla fiction alla realtà il passo è breve: l’affinamento del metodo scientifico ha portato ad un tale sviluppo dell’entomologia, e all’applicazione di queste conoscenze alle indagini e ai processi penali e civili, che ora il Dna del killer si può trovare in un insetto.
Stefano Vanin è uno dei più qualificati entomologi forensi d’Europa. È docente di Biologia Forense all’Università di Huddersfield in Inghilterra, è direttore del Secure Societies Institute e del Flea, Foresic lab for Entomology and Archaeology, un’isola forense tricolore in terra inglese, il personale del Laboratorio è infatti tutto italiano (Giorgia Giordani, Fabiola Tuccia e Jennifer Pradelli). E proprio da uno studio del Flea con l’Istituto di Medicina Legale dell’Università Cattolica di Roma che ha preso vita la ricerca del Dna in assenza di cadavere in casi molto vecchi usando non le larve ma il bozzolo (pupario) che lasciano sul terreno per diventare mosche. «Era il 2005, a Londra gli investigatori stavano cercando i resti di alcuni bambini nel sottotetto della casa di un pedofilo, che lì aveva nascosto i corpi e poi li aveva distrutti. La scientifica non trovò resti umani», racconta Vanin, «sul pavimento però c’erano numerosi frammenti di pupari. Fu la prima volta che l’analisi del Dna contenuto all’interno dei pupari fu associato alle vittime. Anche se allora non fu possibile arrivare ai profili completi».
Oggi invece è possibile. «Al momento siamo riusciti a fare un profilo completo delle vittime anche dal contenuto gastrico di larve conservate in alcol da oltre 18 anni», spiega Vanin, «e abbiamo messo a punto una metodica per i casi recenti per estrarre il Dna anche da larve di piccolissime dimensioni, circa 2 mm. È poi possibile caratterizzare il Dna della persona che è stata punta da un insetto, collocandola così sulla scena di un crimine. Lo si fa analizzando il contenuto intestinale di zanzare, pidocchi e cimici dei letti. Non si tratta di un film, l’ approccio è già stato utilizzato con esiti positivi».
Questo potrà risolvere i cold e gli old cases quando in mancanza di tessuti biologici di una vittima non identificata siano stati prelevati e conservati gli insetti: da loro non solo si può estrarre il Dna ma si possono fare tante altre analisi, comprese quelle tossicologiche per sapere se la persona era solita far uso di droghe. Le sostanze ingerite dagli insetti possono essere accumulate all’interno del loro corpo o stoccate sulla cuticola (rivestimento esterno del corpo) al momento della muta.
In Italia c’è stata la riscoperta e l’approfondimento di questa disciplina negli anni ’80 e ’90 quando è nato il Gief, Gruppo Italiano per l’Entomologiaforense, e da allora non ha mai smesso di crescere, fino a diventare garanzia internazionale di competenza. Attualmente il presidente del Gief è il professor Vanin che ha collaborato alla soluzione dei più efferati casi di cronaca degli ultimi anni: ha “calcolato” la stima del tempo del decesso della piccola Yara Gambirasio; di Melania Rea (caso Parolisi) e di Lucia Manca (caso da cui è stato tratto un documentario). La squadra Gief ha ricostruito il delitto di Elisa Claps: in quella soffitta della chiesa di Potenza è stata studiata la stagione del decesso e sono state individuate le tracce dell’assassino (poi arrestato in Inghilterra dopo altri omicidi).L’ultimo caso italiano di cui Vanin si è occupato è stato l’omicidio dell’ ucraina Sofiya Melnyk.
«La stima del tempo della morte è la risposta a uno dei quesiti chiave in campo investigativo, con conseguenze importantissime nell’ambito delle indagini forensi», dice Vanin, «perciò i “testimoni silenziosi”, gli insetti, sono uno strumento di indubbio valore scientifico».